• Tango que pasion !!! Elsa Osorio – Lezione di Tango – Recensione

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    Questo articolo è stato scritto alcuni anni fa, ed ora che sto iniziando a prendere lezioni di tango l’ho rivisto e corretto e ripubblicato.

    di GianCarlo Zanon

     

    Ebbene sì, lo confesso … sto andando a prendere lezioni di Tango argentino. La scusa è che dovevo far qualcosa per muovermi un po’ … e il Tango è movimento, un camminare … el paseo ad esempio è la forma più elementare del tango. Paseggiare, camminare, muoversi, con un suono che guida il corpo e i passi … insieme all’altro, diverso da sé, che deve sentire col corpo i tuoi movimenti.

     

    “Il tango è un pensiero triste che si balla”, così scriveva Discepolo, un grande autore di tanghi, nei primi anni del ‘900. Per un malinconico come me è una frase perfetta. Mi ci si potrei crogiolare per anni. Poi magari arriva una donna e stravolge tutto dicendo: «ti stai sbagliando, ascolta bene quelle note del tango che si rincorrono senza mai perdere la tensione verso l’infinito. Ascolta quel suono che inquieta. Quel suono accenna a qualcosa di mai appagato nel rapporto uomo donna, qualcosa che non avrà mai fine… né confini. Il tango è suono che diviene sensazione, immagine, corpi stranieri che conquistano allo spazio zone inesplorate; corpi che disegnano immagini in movimento; quel suono è sangue urgente che scioglie i muscoli della mente costretti dalla paralizzante ragionevolezza». Non c’è niente da fare le donne appartengono ad un’altra stirpe.

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    E allora il Tango va  ripensato, va inseguito per cercare il suo senso più profondo. E per cercare meglio, è meglio pensare a Astor Piazzolla e lasciare da parte Carlos Gardel, grande cantante strappalacrime, il quale, essendo morto in un incidente aereo nel 1935, è assurto a divinità; Gardel è amato follemente dagli Argentini soprattutto dai portenõs, così vengono chiamati gli abitanti di Buenos Aires che ancor oggi riempiono di fiori e oggetti il suo sepolcro quasi fosse un daimon, un nume tutelare dispensatore di miracoli. Ma, si sa, gli eroi popolari sono quelli che muoiono giovani e belli.

     

    La stessa venerazione non viene assegnata ad Astor Piazzolla, il geniale musicista che ha trasformato con la sua musica l’atmosfera del Tango e che, ora, giace dimenticato nelle afueras di Buenos Aires, in un asettico cimitero sconosciuto alla maggior parte dei portenõs: il Jardin de Paz. Ecco… forse quella donna, che diceva di ascoltare meglio, si riferiva più alla musica che Piazzolla riusciva a creare con il suo bandoneon, che non ai tanghi melò della prima metà del novecento.

     

    Elsa Osorio, in questo romanzo epico che percorre cento anni della storia Argentina attraverso un’epopea familiare, racconta la storia del Tango, con la T maiuscola, dal suo primo affacciarsi alla storia sino ai giorni nostri. Straordinariamente, e questo è forse la cosa più affascinante di questo libro, la voce narrante è il Tango in prima persona. Lo spirito narrante del Tango racconta del suo farsi, del suo divenire, il suo mutare immagine e suono; narra di musicisti, danzatori, compadritos y milongueras, che vivono la passione del tango parallelamente alle prime lotte sindacali, al peronismo, agli anni tragici della dittatura militare, al recente crollo finanziario forse dovuto anche all’annullamento anaffettivo della tragedia dei desaparecidos.

     

    Sappiamo come spesso, troppo spesso, i drammi vengono nascosti sotto una finta realtà euforica che porta poi alla catastrofe. E lo squallido gestore di questo annullamento storico, di questa euforia ha un nome: Menem, colui che diede l’indulto a migliaia di assassini.

     

    E, così, la voce del Tango ci porta nel mondo del ballo tra ocho para tras, voleos, quebradas, «questo complesso ricamo di piedi che sussurra passioni al parquet » dando ritmo a vite umane che, senza di Lui non avrebbero avuto odore.

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    L’autrice accompagna il lettore nelle sale da ballo di Buenos Aires, dove, sin dai primi anni del novecento, in cocktail esplosivo in cui criollos e immigrati, ricchi latifondisti e giovani donne del popolo, nobildonne e operai, mischiavano le loro vite ballando il Tango. Come se il Tango fosse l’unico mezzo per fondere insieme esistenze ed essenze umane apparentemente così distanti tra loro.

     

    Questo romanzo di Osorio è anche un’opera filologica che ripercorre la storia del ballo. Una storia che ha una parola chiave: inquietud, inquietudine. Ricerca storica affascinante: pare che il tango sia figlio dalla Milonga di Montevideo  e nipote della habanera. Pare che i giovani argentini, negli anni post sessantotto, avessero scelto il rock come fosse la risposta ad ogni domanda. E, pare, che i vecchi dicessero loro: « Il Tango ti aspetta, non ha fretta. Puoi incontrarlo e non riconoscerlo, tanto, prima o poi, gli cadi tra le braccia ». E così è stato: oggi tutti i giovani argentini ballano il Tango.

     

    Il Tango per gli abitanti di Buenos Aires è come il Flamenco per gli Andalusi, fa parte integrante della cultura musicale e non solo. Si, perché il Tango è molto di più che musica, canto e ballo… è difficile spiegare; è difficile interpretare questa “essenza culturale” così radicalmente fusa con i portenõs da quasi due secoli. Il Tango che possiamo ascoltare, dalle gracchianti registrazioni di Carlos Gardel a quello elettronico dei Gotan Project, ci fa pensare che il divenire del tempo, e le mode musicali, non abbiano mai alterato la sua vera natura: «…forse (dice il Tango, la voce narrante) non sarei più stato la stessa danza che si ballava nei locali equivoci in cui sono nato ma … sarei rimasto comunque intatto nella mia essenza: quella di un uomo e di una donna, di fronte, che io avvolgevo nel desiderio».

     

     

    Scheda

    Autore : Elsa Osorio

    Titolo : Lezione di Tango

    Editore : Ugo Guanda

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