• 25 Dicembre: Festa di Sole Invicto …

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    Emo Bertrandino

     

    Sono iniziate le vacanze natalizie, così chiamate per taciti accordi culturali, e molti di noi se ne vanno in vacanza … in Italia sempre meno perché la non soddisfazione dei bisogni naturalmente paralizza la realizzazione delle esigenze.

    A parte questa nota negativa, di cui mi scuso con i lettori, questo periodo di sospensione delle attività lavorative e di studio, non in tutti i casi, favorisce la ripresa dei rapporti umani: si sta più insieme con amici e parenti, si va al cinema insieme, ecc. ecc..

     

    Quindi tutto bene , ben vengano le “vacanze natalizie” … l’importante però è non cadere nelle ritualità del Natale o, se proprio ci si deve aderire per la pace familiare, non credere veramente che la favoletta del Gesù bambino e della madonna vergine partoriente sia un fatto storico veramente accaduto 2012 anni fa.

    Non basta dire, come ha fatto quel furbacchione di Ratzinger, che il bue e l’asinello “non defono stare nella stallen con Gesù bambinen ”, questo perché non solo non c’erano i due simpatici animali ma non c’era neppure San Giuseppe, non c’era la Maria Immacolata, non c’era il bambinello e non c’era la greppia dove è stato deposto dopo il parto, non c’erano i Pastori e Pastorelle, il laghetto con le paperelle, la stella cometa, gli angioletti svolazzanti … insomma un intero presepe da rottamare.

     

     

    A me dispiace un po’ perché io con il presepe ci giocavo (anche con i soldatini ci giocavo) stavo li ogni giorno a spostare di qualche millimetro verso la stalla di cartapesta pastori e pastorelle sorridenti e mi ricordo che il presepe rimaneva lì nella cucina ben oltre l’epifania: un po’ per pigrizia un po’ perché ci ricordava le vacanze dalla scuola. Poi, verso metà gennaio, bambin Gesù, Madonna, San Giuseppe , Asino , Bue, Pastorelle e Pastori, Re Magi, lucette, specchietto (per il laghetto) Paperelle, e qualche casetta di sughero, finivano tutti dentro una scatola da scarpe nella quale vivevano democraticamente tutti insieme altri 11 mesi in attesa del prossimo “sacro evento”. A quel punto ritiravo fuori il mio bidoncino del Dixan dove tenevo i soldatini. A proposito, una domanda per i maschi della specie:  la sapete la differenza tra i soldatini e la … si insomma, l’organo riproduttivo femminile? Noooo? Non la sapete? Beh allora continuate a giocare con i soldatini che è meglio!

    Stessa cosa per il presepe, questa volta vale per entrambi i sessi: se, una volata raggiunta l’età della ragione, non sapete che differenza c’è tra giocare con il presepe e il credere dogmaticamente che quella rappresentazione tradizionale sia la ricreazione di una realtà storica … beh, che vi devo dire … continuate pure a giocare con bambinelli, madonne, buoi e asinelli. Io preferivo  giocare con indiani e cowboys … quelli almeno sono esistiti realmente.

     

    In realtà la favola rappresentata nel presepe è unicamente una tradizione che non ha alcun fondamento storico,  risalente al tredicesimo secolo , quando a ridosso delle ricorrenze religiose,  si svolgevano gli autos sacramentales.

     

     

     

    Molti non sanno che il Natale cattolico, ha di fatto soppiantato antiche religioni che si rifacevano al culto del sole. Per i romani  il solstizio d’inverno, cioè la notte più lunga ed il giorno più breve dell’anno, era un evento importantissimo. Come sappiamo, dal giorno che segue il  solstizio d’inverno, minuto dopo minuto, la luce del sole aumenta, fino al solstizio d’estate, il 22 giugno; in quella data si avrà il giorno più lungo e la notte più corta dell’anno.

    Sin dai primordi della storia gli individui umani furono cacciatori/raccoglitori e, in seguito alla stanzialità, si dedicarono alla pastorizia e alla agricoltura: tutte queste attività costringevano a lunghissimi periodi all’aria aperta. Per ripararsi dal freddo e dalla pioggia della cattiva stagione ci si rintanava in grotte od in capanne; con il freddo anche il cibo scarseggiava. L’inverno era insomma sempre un durissimo periodo di freddo e fame, e quindi di morte.

     

    Nei giorni in cui il sole ricominciava a rimanere un po’di più nel cielo gli esseri umani riprendevano quella speranza che era venuta a mancare con l’attenuarsi della luce solare. La notte che segnava quella mutazione di durata  veniva quindi vissuta come la notte più magica dell’anno.

    Con il trascorrere dei secoli il 25 dicembre, data in cui la maggior durata della luce solare diveniva evidente,  in ogni parte del mondo si celebravano le feste al Sole Rinascente nelle sue più varie rappresentazioni legate alla culture dei luoghi.

    In Persia, già 3.600 anni fa, e quindi 1600 anni prima di Cristo, veniva festeggiata in Persia la nascita di Mitra, figlio del  Sole. In Egitto si ricordava la nascita di Osiride e di suo figlio Oro. In Babilonia si festeggiava il dio Tammuz, unico figlio della dea Istar rappresentata con il bimbo in braccio e con una aureola di dodici stelle attorno alla testa.  In realtà l’immagine della madre con il figlio al seno risale alla notte dei tempi ed ha sempre simboleggiato la Madre Terra (da Demetra a Pacha Mama) che produce i frutti (il bambino) per i suoi figli. In Messico si festeggiava la nascita del dio Quetzalcoatl e nello Yucatan quella del dio Bacab. Anche il dio azteco Huitzilopoctli vede la luce il 25 dicembre, mentre gli scandinavi in quei giorni festeggiavano la nascita del dio Freyr. In Grecia nasce Zagreo/Dioniso ed in Siria Adone.

     

    Innumerevoli sono le divinità che rappresentano, essendone in qualche modo figli,  la “rinascita” del Sole Invicto, invincibile e risorgente.

    La posticipazione della data di quattro giorni – 21/25 dicembre – è chiarita dalla parola che definisce questa rivoluzione astrale; in quei quattro giorni sembra che il Sole, nel suo moto apparente, si fermi: Solstitium significa “Sole fermo”). Il 25 dicembre il Sole riprende lentamente ma visibilmente il suo cammino, allungando la sua durata nel sidereo, verso l’alto fino al 21 giugno.

     

    Nell’antica Roma per salutare il Solstizio di Inverno venivano celebrati i Saturnalia, in onore di Saturno/Cronos ovvero il tempo astrale perennemente in movimento.

    I saturnalia avevano inizio con grandi banchetti, in un crescendo che poteva anche assumere talvolta caratteri orgiastici; i partecipanti usavano scambiarsi l’augurio io Saturnalia, accompagnato da piccoli doni simbolici, detti strenne.

     

     

     

    Durante questi festeggiamenti era sovvertito l’ordine sociale: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente degli uomini liberi, e come questi potevano comportarsi; veniva eletto, tramite estrazione a sorte, un princeps – il “re per una notte” , una sorta di caricatura della classe nobile – a cui veniva assegnato ogni potere. In realtà la connotazione religiosa della festa prevaleva su quella sociale e di “classe”. Il “princeps” era in genere vestito con una buffa maschera e colori sgargianti tra i quali spiccava il rosso (colore degli dei). Era la personificazione di una divinità infera, da identificare di volta in volta con Saturno o Plutone, preposta alla custodia delle anime dei defunti, ma anche protettrice delle campagne e dei raccolti.

    Come dicevo a Roma e nelle sue provincie  il giorno 25 veniva dedicato al Sole Invicto: il Sole che sembrava sul punto di essere inghiottito dalle tenebre ma invece risorgeva e tornava a scaldare riportando la vita sulla terra.

    Con l’espandersi dell’Impero romano verso Oriente, soldati e mercanti vennero a conoscenza del culto del dio Mitra, che pian piano venne introdotto a Roma. Il culto mitreo, facendo parte delle religioni salvifiche che davano valore ad una vita rinascente post mortem,  fece molta presa popolazione. Nel 274 d.C. l’Imperatore Aureliano lo ufficializzò. E poiché anche Mitra, come già accennato, simboleggiava il Sole, la sua festa fu sovrapposta a quella del Sole Invicto; il 25 dicembre, come già avveniva in Persia. Ecco creato un culto in cui un dio padre, il Sole, genera un figlio Mitra, che può essere rappresentato in forma antropomorfa.

    Mitra ha sorprendenti analogie con la figura del Cristo. Anch’egli nasce in una grotta e gli viene affidato dal Padre Sole il compito di contrastare Ahriman, spirito maligno che vuole distruggere il mondo. Mitra, quando la sua missione salvifica viene portata a termine, partecipa con i suoi adepti ad un banchetto; dopo aver consumato il pasto come atto sacrificale, la divinità sale al cielo su un Carro di Luce, per riunirsi al Padre Sole … ma questo mito non vi ricorda qualcosa?

     

    E veniamo al nostro Natale. Al di là del Vangelo di Luca che narra la nascita della divinità cristiana, non esistono testimonianze né tantomeno fonti storiche che attestino l’esistenza di un certo Gesù sulla terra. In realtà il mito di questo fantomatico Gesù Cristo ha le sue radici in quell’impasto mitologico in cui dei e semidei nati da potenti divinità, donne mortali ingravidate da un dio piuttosto che da un altro, rinascite e seconde nascite, sprofonda nella notte dei tempi.

     

     

     

    Poi tutto il resto è noia … volevo dire agiografia: probabili verità come il censimento voluto da Erode in Palestina, si intrecciano ad una serie di storielle misticheggianti che non ora troverebbero posto neppure nel peggior best seller di Murakami Araki.

     

    Insomma il problema è che ‘sti cristianucci da quasi 1700 anni al potere, “se la cantano e se la sonano” come gli pare, specie adesso che tra Monti, una specie di Erode post moderno, e Ratzinger “inkarnazionen di Tio in terra ya” c’è la stessa affinità elettiva che c’era tra il Fuhrer e il Duce …

    23 dicembre 2012

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