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Le corde di Eraclito
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La campagna correva spruzzando di verde
vetri e pupille di donne straniere.
Un suono perfetto sgusciò
sfumando a Natura i colori:
un uomo, gitano nel cuore,
urtava, sapendo di corde,
un’arpa ungherese con legni di quercia.
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La mente destata dall’eco diceva:
che fare per mettere insieme parole e
dire di mani fatate e di corde vibranti?
Intanto, il suono, come vento giungeva
scoprendo abitudini vili, e
certe del niente, e fissate nel tempo
di inutili, galattiche sfere.
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«È un cembalo» disse e voleva dei soldi
per vivere il vino e scordarsi del volto
che dava alla musica un senso.
E la corda ch’era d’arco di Apollo,
che uccise la Pitzia, o fu lira
d’Orfeo, e incantava le fiere,
si tese ancora una volta … e fu canto.
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primavera 2011
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