• … si fa sera … poesie … Ghiannis Ritsos

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    greta-scacchi

    Il giorno è folle. Folle la casa. Folli le lenzuola.

    Folle anche tu; balli abbracciata alla tenda bianca;

    batti la pentola come un tamburello sopra le mie carte;

    corrono per le stanze le poesie; odora il latte bruciato;

    dalla finestra guarda un cavallo di cristallo. Aspetta, – ti dico.

     

    (…)

     

    Le tue unghie sono petali rosa. Non giustificarti. Nell’armadio hai messo

    sacchettini di tulle con lavanda. Gli ombrelli da sole impazziti

    s’impigliano alle ali degli Angeli. Sventoli il fazzoletto;

    chi saluti? chi saluti? – è qui il mondo.

    Una tartaruga marrone se ne sta quieta sulle tue ginocchia;

    sul suo guscio scolpito si muovono muschi fradici di mare. E tu balli.

    Un cerchio di botte dei tempi andati rotola giù dal colle,

    cade nel ruscello, schizzano gocce, t’infradiciano i piedi,

    ti s’è bagnato anche il mento. Aspetta che t’asciugo.

    Tu non mi ascolti nel tuo ballo. È un vortice, dunque,

    la durata; la vita è circolare; non ha fine. Ieri notte passarono i cavalieri. Ragazze nude in groppa ai loro cavalli;

    forse perciò gridavano le anitre selvatiche sul campanile. Non le udimmo

    mentre gli zoccoli dei cavalli affondavano nel nostro sonno. Oggi hai trovato

    un ferro di cavallo d’argento davanti alla porta. L’hai appeso sull’architrave.  La mia fortuna – gridi; la mia fortuna – gridi ballando.

     

    (…)

     

    Se n’è andato il mio pappagallo, – parli ballando – e più nessuno imita la mia voce; ahi, ahi, –

    questa voce dentro di me, viene dalla foresta di Dodona. Laghi purissimi si levano in aria con tutte le loro ninfee bianche,

    con tutti i loro germogli sommersi. Tagliamo canne, costruiamo una capanna d’oro. Ti arrampichi sul tetto.

    Ti afferro con le mani alla caviglia. Ma non scendi.

    Spicchi il volo. Voli nel blu. E poti via anche me

    che ti tengo per la caviglia. Dalla tua spalla cade

    il grande asciugamano blu nell’acqua; galleggia per un po’

    e poi sprofonda con ampie increspature, lasciando in superficie

    un pentacolo tremulo. Non salire oltre – ti grido. Non salire. E d’improvviso

    atterriamo entrambi sul leggendario letto con un tonfo sordo. E ascolta –

    giù nella nostra via passano gli scioperanti con striscioni e bandiere.

    Li senti? Abbiamo fatto tardi. Prendi con te anche il fazzoletto del tuo ballo. Andiamo. Ti ringrazio, amore.

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