• Psicofarmaci: le pillole per la felicità … delle industrie farmaceutiche – Video

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    di Giulia De Baudi

    Il Dsm-V, ovvero la quinta versione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, la bibbia americana per la diagnosi e la statistica delle malattie psichiatriche, che qui vengono chiamate, utilizzando un eufemismo, ‘disordini mentali’, uscirà solo fra due anni, ma già coloro che hanno potuto leggerne alcuni capitoli cominciano, finalmente, a dubitare della sua scientificità ed anche della sua onestà. Era ora.

    Til Wykes, psichiatra del King’s College London, leggendo le bozze del nuovo manuale di psichiatra, ancora in allestimento, che detterà a psicologi e psichiatri di tutto il mondo i criteri per le diagnosi e il trattamento dei loro pazienti, si chiede se dopo l’uscita di questo lavoro vi sarà ancora qualche individuo non toccato dalla peste del disordine mentale.

    Anche Paolo Cioni, ex responsabile del servizio di salute mentale nella Asl di Firenze, attuale docente della scuola di specializzazione in Psichiatria dell´Università del capoluogo toscano, è molto preoccupato: «Osservando i lavori preparatori, già si capisce che i criteri per diagnosticare le malattie mentali saranno ulteriormente allargati, dando modo ai medici di prescrivere ancora più farmaci».

    Le preoccupazioni degli addetti ai lavori, si concentrano sulla prescrizione di farmaci antidepressivi, perché negli ultimi dieci anni in America i casi trattati con gli psicofarmaci sono triplicati. Evaporata come neve al sole la psicoanalisi freudiana, che si basava su una pseudo scienza che non ha mai curato nessuno, i pochi psicoterapeuti da lettino sono frettolosamente andati ad ingrossare le file degli psichiatri organicisti.

    I  pavidi epigoni freudiani, junghiani, ecc.,  hanno preferito cambiare tattica: visto che i metodi di ‘cura’ chimica comportano molto meno rischi della talking cure, e soprattutto perché con il metodo “sintomo=psicofarmaco” in un’ora si possono visitare almeno quattro pazienti mentre con il metodo psicoterapeutico al massimo uno, hanno preferito diventare organicisti, destino che “quel cretino di Freud” – così lo chiama nelle sue lezioni all’università di Chieti, lo psichiatra dell’analisi collettiva Massimo Fagioli – aveva vaticinato negli ultimi anni della sua vita. E quindi chi glielo fa fare a questi cosiddetti medici della psiche di accollarsi rischi e tempi lunghi? Si da al paziente una bella pilloletta della felicità e via!

    Tra l’altro il business delle ‘pillole della felicità’ – così vengono ormai chiamati gli psicofarmaci – è enorme ed in forte aumento: negli Usa undici persone su cento seguono una terapia con farmaci antidepressivi, e gli italiani, filoamericani per vocazione, inseguono da vicino i loro miti d’oltreoceano. Come ha pubblicato Osserva-salute 2010, dell’Università Cattolica, il loro uso è triplicato tra il 1988 e il 2000  e la maggior parte delle prescrizioni arriva dai medici di famiglia.

    Anche secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, questi farmaci restituiscono la pace perduta solo a metà. Ad esempio, sempre secondo l’OMS, l’efficacia degli antidepressivi si ferma al 60 per cento dei pazienti che li assumono regolarmente. Secondo Paolo Cioni, «Il consumo di questi farmaci diventerà sempre più facile. Il nuovo Dsm, che viene redatto dall’American Psychiatrical Association, ma è adottato anche negli altri paesi, crea molta confusione sui sintomi. La normale tristezza, destinata a passare da sé, non viene più distinta dalla depressione maggiore che invece va trattata dal medico. Nelle versioni precedenti del Dsm, l’aver subito un lutto era considerato un criterio di esclusione per la diagnosi di depressione. Non c’è nulla di strano infatti nell´essere tristi dopo aver perso una persona cara. Ora, nella nuova versione, invece il lutto stesso è diventato una causa di depressione».

    Sulle bozze della nuova versione del Dsm c’è un disturbo psichico per tutti: basta un sana incazzatura per cadere nel tenebroso “disordine da disregolazione del temperamento”. La figlia ventenne non è ancora tornata a casa alle dieci di sera ed ecco che ci si trova sopraffatti da “moderata depressione ansiosa”. E state attenti a non sognare troppo perché si rischia un trattamento farmacologico per “sindrome da rischio psicosi”. Per non parlare poi del metilfenidato un analogo delle anfetamine meglio conosciuto come Ritalin creato apposta per ‘il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività’, ovvero per uccidere la vitalità dei bambini e/o costringerli ad ascoltare come zombi un docente noiosissimo.

    Insomma per ogni ‘sindrome’, naturalmente, c’è già in produzione il ‘medicinale’ adatto allo scopo’. Anzi pare che produzione degli psicofarmaci e realizzazione del nuovo manuale si stiano muovendo parallelamente e con continue verifiche interdisciplinari, del tipo: «Hai qualche milione di pillole placebo fuori produzione invendute? Ora cerchiamo di trovare una ‘sindrome’ che si sposi bene con in nome di quel farmaco invenduto e magari anche con l’imballaggio». Pensate che sia uno scherzo? Mica tanto! E non scherziamo neppure quando diciamo che i farmaci chiamati psicofarmaci non hanno mai curato la psiche di nessuno. Questi farmaci o sono degli eccitanti o sono dei calmanti che agiscono sul sistema nervoso centrale , niente di più. È chiaro che, se si vuole fare psicoterapia ad un depresso catatonico, lo si deve svegliare; così come se si vuole fare psicoterapia ad uno schizofrenico in fase maniacale lo si deve prima sedare. Ma sempre di fisiologia del corpo si parla, non certamente di psiche.

    Persino il nostro ‘ribelle’ Paolo Cioni, non sembra aver abbandonato il dogma che impone che la malattia psichiatrica sia organica: «Esistono indicatori fisiologici che possono essere usati, come la misurazione dell´attività elettrodermica, che è ridotta nella depressione, le alterazioni del ritmo cardiaco e del tono simpatico, l’alterazione dell´elettroencefalogramma nel sonno o il fenomeno per cui, osservando scene spiacevoli, gli individui depressi non hanno reazioni normali come il trasalimento, che si misura tra l´altro con l’aumento del battito delle palpebre. Questi criteri vanno sicuramente approfonditi prima di essere considerati validi in assoluto. Ma hanno il vantaggio di togliere al medico la piena discrezionalità della diagnosi».

    Un altro caso di ‘sindrome di Ponzio Pilato’: “questi metodi vanno approfonditi”, “tolgono al medico la discrezionalità della diagnosi”. Ringraziamo il brillante Cioni, e lo lasciamo alle sue verifiche necroscopiche … perché? Ma perché non ce ne può fregar di meno se il depresso ha un battito cardiaco alterato o un encefalogramma quasi piatto perché non è quello che fa la depressione. Non ci vorremmo incazzare, ma ‘sti ‘medici’ del … psichiatrici perché non vanno a cercare l’eziopatogenesi della depressione e la cura della depressione. Che un depresso ha due di pressione e che non è psichicamente reattivo lo vediamo pure noi.

    E poi perché non si dice chiaramente come ha scritto lo psicoterapeuta Gary Greenberg, – il quale però esce dalla padella e cade nella brace negando l’esistenza stessa della depressione –  che il Dsm-V come i precedenti è un manuale costruito appositamente per far arricchire le case farmaceutiche americane che hanno anche inventato la ‘sindrome mestruale’ quando, naturalmente, era già entrato in produzione lo ‘psicofarmaco specifico’.

    Fuggiamo inorriditi anche dalle frasi senza senso dei cognitivisti per i quali «La depressione al singolare non esiste, è un errore linguistico e concettuale», e finalmente respiriamo una boccata d’aria pulita leggendo un articolo della psichiatra Ester Scocco pubblicato sulla Rivista web Altritaliani nell’agosto del 2010, nel quale veniva demolito il mito basagliano.

    Abbiamo definito questo articolo una boccata d’aria pulita perché salva l’identità psichiatria facendo uno slalom tra insidiosi paletti: quelli della psichiatria organicista di lombrosiana memoria; quelli del basaglismo e di Basaglia, il quale, ispirandosi a Foucault ed a Binswanger, aveva affermato che la malattia mentale non esiste essendo causata dalla costrizioni istituzionali che impediscono la giusta libertà … la libertà  di essere malati di mente; ed infine i paletti ancora più insidiosi del pseudo pensiero freudiano nato da una ‘mente eccelsa’ che aveva scritto, nel 1900, L’interpretazione dei sogni per poi , qualche anno dopo, scrivere che i sogni non esistono perché non sono altro che allucinazioni.
    Scrive Ester Stocco: «Ribellarsi a questa negazione della malattia richiede indubbiamente coraggio, quello necessario per andare controcorrente a cercare nel “non cosciente” la possibilità di conoscenza».

    2 maggio 2012

    • ….io sono stato… qui ed ora! Seguo già da molti anni ormai questa ricerca, quella di Massimo Fagioli e dell’Analisi Collettiva che dà qualche parte approderà!? Alla scoperta di un inconscio mare calmo…. il proprio e quello di coloro che non l’hanno ancora perduto!

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