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di Gian Carlo Zanon
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Questa mattina apro il diario polifonico chiedendomi il motivo per cui un po’ tutti, me compreso, siamo concentrati solo sulle vittime degli eccidi che si stanno consumando in America ed in Europa. Forse perché le vittime “ci assomigliano” di più? Forse perché è molto più difficile decifrare i moventi degli eccidi consumati in altri territori che hanno un’altra storia, un’altra cultura, un’altra visione dell’umano? Forse perché pensiamo e penso, che l’abitudine all’orrore renda il dolore per la perdita di un proprio caro più accettabile? Forse perché pensiamo e penso … non so, non ho risposte.
Parzialmente, solo molto parzialmente, mi assolvo dicendomi che i media ci rimandano solo le immagini degli orrori accaduti nell’occidente cristiano, e non parlano di ciò che, per esempio, accade in Africa o nel Vicino Oriente, dove l’orrore è quotidiano e smisuratamente più grande sia per quantità che per qualità.
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Guardo i telegiornali e mi dico che questo annullamento oligofrenico, che accentra l’attenzione solo su un “piccolo” particolare etnocentrico, è dovuto alla moltiplicazione dei dati dell’informazione mediatica che anche questa mattina parla delle “numerose armi” del killer solitario di Nizza e dei suoi ormai “innumerevoli complici”, ma anche dei “terroristi” di Monaco quando è ormai chiaro che il giovane tedesco di origine iraniana ha fatto tutto da solo. Difficile intercettare la falsità innestata nei comunicati, ancor più difficile decifrarne le cause.
In parte assolvo persino queste distorsioni mediatiche perché non si riesce ad accettare che un uomo solo, e per di più pazzo, possa fermare il respiro dell’occidente intero. E così si dà il via alla moltiplicazione perché forse fa più paura la pazzia di un singolo che “inaspettatamente” impazzisce piuttosto che un attentato messo a punto da un’organizzazione paramilitare. Sicuramente è meno prevedibile e quindi misure di prevenzione sono quasi impossibili. Quasi.
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Negli ultimi due casi accaduti in Germania il movente visibile sembra essere la vendetta. Quello invisibile è invece la pazzia, anche se non diagnosticata.
Muhammad Riyad il 17enne afghano residente in Baviera che salito sul treno regionale da Treuchtlingen a Wurzburg ha ferito cinque passeggeri con un’arma da taglio, voleva vendicare un amico morto in Afghanistan uccidendo “infedeli”. Lo aveva annunciato in un video – testamento.
E dalle prime notizie sembra che rabbia e vendetta siano il movente anche per Alì Sonboly, il 18enne tedesco-iraniano che a Monaco ha ucciso nove persone e ferito decine di persone: «A causa tua sono stato vittima di bullismo per sette anni… e ora ho comprato una pistola per spararvi». È quanto avrebbe urlato il mass shooter di Monaco prima di suicidarsi. In un video lo si ode mentre discute con un uomo al balcone che l’ha visto armato sul tetto di un edificio e ha iniziato a filmarlo. Nello stesso video, il giovane ha anche urlato, come era emerso già ieri, «sono tedesco» e ha insultato gli stranieri, in particolare i turchi.
Nel pomeriggio poi si è saputo che il giovane Sonboly soffriva di disturbi psichici e che era un ammiratore di alcuni autori delle stragi del passato come Anders Breivik. Tutto questo stava inscritto in rete e questo potrebbe essere un modo per fare controlli incrociati su queste persone a rischio: è abbastanza semplice, si inseriscono un centinaio di parole base, come Isis, Breivik, istruzioni per una pistola, Allāhu Akbar, terrorismo ecc., si crea un legame tra loro e quando tre o quattro parole si uniscono in un solo utente si controlla chi è la persona, si va a vedere se ha problemi con la legge o psichiatrici, se ha contatti web con qualche organizzazione, se in rete è minaccioso – come il Killer di Nizza che in rete glorificava gli attentatori islamici – e in ultima analisi lo si segue monitorando i suoi spostamenti, lo si ferma, interroga, si perquisisce la sua casa ecc..
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Che queste persone siano malate di mente è ormai un dato assodato. Visto invece dal punto di vista sociologico lo stato esistenziale di questi “lupi solitari” è quello di persone al guado tra un occidente in cui i cittadini sono liberi di determinare la propria esistenza, e il proprio profondo legame culturale con paesi d’origine in cui l’esistenza è fortemente condizionata da tradizioni e religioni: ateismo proibito, omosessualità proibita, matrimoni combinati, norme alimentari, ecc. ecc.. In poche parole questo significa impossibilità di un libero pensiero.
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Solo persone particolarmente realizzate, dal punto di vista dell’identità umana, sono in grado di guadare il fiume posto a confine tra libertà e sottomissione. I più rimangono in mezzo al guado angosciati oscillando tra il peccaminoso, caotico, ma eccitante occidente e l’identità di appartenenza che significa tradizione, ordine, purezza religiosa, sicurezza, ma soprattutto sottomissione a autorità reali e irreali: Islam significa sottomissione.
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Una sottomissione per certi versi “rassicurante” per altri asfissiante. Ma così si rimane per mesi e anni in mezzo al guado ascoltando con un orecchio le Sirene della cultura occidentale e con l’altro le ammonizioni del “non si fa” introiettate nel proprio ambiente sociale che quasi sempre, anche negli spazi d’occidente, riproduce fedelmente la tradizione culturale del paese, se non del clan, d’origine.
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Difficile vivere senza scissioni in uno stato delle cose siffatto. Sin da bambini questi individui fuori casa vivono all’occidentale assaporando la stessa libertà dei loro coetanei; dentro le mura domestiche cambia musica. Ogni volta che attraversano la porta di casa fanno un balzo in una realtà completamente diversa. A volte il salto è violento come quando la famiglia dell’adolescente già iniziata ai primi flirt con i coetanei torna a casa e gli viene detto che per lei è stato scelto un marito quarantenne nel paese d’origine. Provate un po’ a immaginare anche minimamente che tipo di violenza debba subire una giovane donna obbligata a legarsi con un uomo lontano anni luce dal suo modo di pensare che ormai ha assorbito la cultura occidentale. Le cose si complicano ulteriormente quando in paesi come l’Inghilterra si lascia agli anziani dei clan la risoluzione di queste questioni “familiari”. La ragazza per potersi salvare è obbligata ad uscire dalla comunità di appartenenza. Ma per ovvi motivi ci riesce molto raramente. La cronaca ogni tanto si degna di ricordare come spesso finiscano queste ribellioni.
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Il fiume tra cultura occidentale e il suo contrario si sta allargando sempre più. Basta guardare i video delle distruzioni delle librerie laiche in Turchia per capire.
Ora più che mai il fiume si è trasformato in una voragine invalicabile grazie ai rigurgiti razzisti da una parte e dall’altra. I mussulmani non urlano “Allah è grande”, come dice la vulgata. Urlano Allāhu Akbar ovvero “Allah è il più grande”. E ciò significa che, nella loro mente, gli altri dei, compreso quello cristiano, è “meno grande” e di conseguenza gli “infedeli” sono una razza inferiore. Lo stesso identico pensiero di un leghista razzista o di qualsiasi altro stupido che crede nella supremazia del MCO (Maschio-Cristiano-Occidentale) su tutti gli altri popoli della terra.
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Un altro problema da non sottovalutare è anche quello di un rapporto non egualitario e servile nascostamente proposto dagli europei agli extracomunitari.
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I “non occidentali” quando vivono qui con noi, sono sottoposti, come urlava il 18enne tedesco-iraniano a Monaco, al bullismo degli occidentali. Un “bullismo” a volte solo sotterraneo a volte palesemente violento. Lo stesso “bullismo” e la stessa discriminazione sociale che hanno subito per centinaia di anni i cattolici irlandesi sempre ritenuti figli di un dio minore dai protestanti inglesi e irlandesi. Lo stesso “bullismo” che subiscono ancora i nativi in Sudamerica dove l’aggettivo “indio” è vissuto come un insulto e un minus identitario.
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… e anche questa è una tessera del “mosaico terrorismo”.
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23 luglio 2016
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