• Il senso delle parole: “persona”

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     di Gian Carlo Zanon

    Persona

    Persona: Latinopersonam, dall’etrusco phersu, maschera ed estensivamente “attore”

    Persona: nell’accezione moderna significa:

    1) essere umano in quanto tale;

    2) essere umano in quanto membro della società.

    3) corpo e figura umana

    4) soggetto di diritto

    5) personaggio

     

    Nel latino il sostantivo persona viene tradotto unicamente come “maschera” “personaggio da tragedia”, parte, atteggiamento, rappresentare qualcosa/qualcuno. Cicerone: Civitatitis personam genere: essere il rappresentante della città.

    Sarebbe interessante scoprire quando la parola “persona” assume in sé, altrerandone il senso,  il concetto di essere umano. Ma tutto sommato, pensandoci bene, per la nostra cultura impregnata di religione, l’essere umano non è mai stato considerato esistente ed essente, in quanto tutta la realtà procede dal dio monoteista della bibbia: la “persona” è solamente un l’involucro vuoto, materia finita, che deve necessariamente essere riempito da un’anima introdotta al momento del concepimento – secondo gli ultimi deliri ecclesiastici –  dal dio cristiano. In ogni caso, per il sistema filosofico cristiano il termine persona porta con sé il concetto di scissione tra corpo e mente tra materia e spirito: Accadico: persu, parsu, perāsu, divisione, dividere, parte; Latino , pars, parte di un tutto.

    Per la nostra cultura, e non solo, l’accezione di “persona” sembra essere quella che prevede un essere umano scisso tra figura esterna e ente metafisico interno, chiamato “anima”. Eppure i sintomi che si vanno ad inscrivere nella fisionomica del volto dovrebbe riverberare, istante per istante, i contenuti emotivi, gli affetti, il desiderio, l’odio e l’amore, evidenziando la non scissione.

     

     

     

    I termini “persona”, “personalità” richiamano alla mente un’immagine di fissità: un ruolo fissato nella notte dai tempi da un demiurgo divino. Ancor oggi il significato primario implicito nel termine “personalità” è quello di scissione e immobilità. È come se gli esseri umani, non reagissero all’ambiente esterno. Come se la realtà umana fosse soltanto biologica ed il corpo un contenitore vuoto nel quale, dal concepimento viene inserita un’anima immortale dal dio cristiano, e in seguito vi si innesta la ragione. Solo dopo l’acquisizione della morale religiosa e della ragione questo involucro materiale diviene umano e, su modelli aristotelici, viene insignito di umanità. Per la cultura occidentale, senza l’anima e senza la ragione non c’è umanità: il neonato non è umano. Quindi, per la cultura dominante, il concetto di persona, letto nella sua accezione primaria, riferita agli esseri umani, nega il divenire della realtà umana e le illimitate possibilità di trasformazione del movimento del pensiero che dovrebbe sempre trovare eco nell’espressione del volto e nel movimento del corpo.


    Dal dizionario di filosofia Garzanti:

     

    Persona, termine che, dal significato originario latino di «maschera teatrale» e quindi «personaggio», nello stoicismo tardo passò a qualificare l’individuo umano in quanto ha un ruolo, nel mondo, assegnatoli dal destino. ( segue)

     

    Il termine persona stava, e sta, a significare un ruolo che gli esseri umani, non padroni del loro destino, svolgono nel teatro mundi, attenti a non ribellarsi al proprio stato. Chi esce dal proprio ruolo, chi si toglie la maschera, affidatagli sin dalla nascita dall’ambiente umano circostante, chi rifiuta l’identificazione con una figura genitoriale, chi non aderisce alla maschera sociale, chi, come il protagonista de Il processo di Kafka, non vuole entrare nel ‘processo’, vale a dire nell’ingranaggio del clan di appartenenza, è, quantomeno storicamente, destinato a perdersi in un’identità vulnerabile, perché negata e non riconosciuta dai membri della società con la quale egli interagisce.

    Storicamente le società hanno sempre cercato di rendere impermeabili gli strati sociali in un ferreo sistema di classi e di caste come se non fossero composte da realtà umane che reagiscono ai fenomeni dell’ambiente esterno.Se vogliamo la favola di Pinocchio è emblematica: nato maschera di legno, egli divine poi burattino ribelle e solo quando avrà interiorizzato la maschera di marionetta, accettando i fili tirati da un burattinaio invisibile che determina il suo essere nel mondo, egli sarà riconosciuto come persona dalla comunità. Pinocchio rappresenta un percorso che va dalla ricerca di identificarsi dalla comunità, al fallimento: l’identificarsi con la comunità che gli impone la maschera sociale.

     

    Un altro esempio, dove si può vedere chiaramente come la maschera, inchiodata al volto, determina una morte psichica, è la rinuncia al mondo: intendo parlare dell’uscire dal secolo rinunciando al proprio nome, che simboleggia la propria nascita, come fanno coloro che entrano negli ordini religiosi. Questi individui alienano la loro interiorità umana saccheggiata dall’ambiente disumano esterno, in una divinità invisibile ed irraggiungibile creata dalla loro mente con il conforto della cultura che rende legittima e congrua la loro scelta. Rinunciando a se stessi essi diventano strumento del dio creato da loro stessi: un capocomico interno che li fa muovere come maschere nel proprio teatro mundi.

     

     

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