Volevo portarti delle parole erranti,
ma non senti anche tu come sono ferme, immobili,
come in attesa del vento?
Vorrei che impazzasse una tempesta
perché io ne avverto l’eco
e il suo tuono roboante di fiati addestrati
sarebbe una conferma al mio sentire solitario.
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Ma ancora più forte, ahimè
è il contrasto stridente
e il rumore di seguito accecante
per il fatto di infrangermi contro questa estate di meli maturi
assolata e stupida, che non sa niente di me
ed è indifferente a noi, a te, ultimo, passato attraverso il mio muto sentire,
alla storia rimaneggiata
e persino ai sogni, spero quelli, indomiti e liberi.
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–luglio 2016
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