• Gemiti e sussurri velati – primavera araba al femminile

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    a cura di Adriano Meis

    Sabato 30 giugno la copertina di left era dedicata alle donne che vivono nei paesi mussulmani. Il titolo suonava “Sorelle mussulmane” e il sottotitolo raccontava dell’inasprirsi dello status sociale delle donne in quei paesi traditi dalla “primavera araba” che stanno scivolando nel fondamentalismo: “Egitto, Tunisia, Libia, Turchia. I fondamentalismi ricacciano le ragazze dentro casa, La religione si fa sul corpo delle donne”

     

    All’interno della rivista tre importanti articoli tracciano la storia recente di questi paesi dal futuro civile incerto: “Primavera tradita” di Rita El Khayata; “Promesse d’Egitto” di Gilberto Mastromatteo;  “Non sul mio corpo” di Cristoforo Spinella.

     

    Abbiamo pensato di pubblicare il primo dei tre, quello del  medico scrittrice Rita El Khayata e di dare i link degli altri due.

     

    http://www.left.it/2012/06/29/promesse-d%E2%80%99egitto-2/4755/

     

    http://www.left.it/2012/06/29/non-sul-mio-corpo/4749/

     

     

     

    Rita El Khayat,  psichiatra e scrittrice di origine marocchina, è da sempre un’attivista per i diritti delle donne. Candidata al premio Nobel per la pace ha deciso di aderire e sostenere il movimento “Science for Peace”.

    Nata a Rabat,  da madre marocchina e padre per metà andaluso, qui frequenta le scuole più qualificate di lingua francese, sino ad ottenere la laurea in Medicina.
    Ma oltre che in campo medico, Rita El Khayat si distingue anche come prima speaker donna in Marocco e giornalista per radio, televisione e cinema.
    In seguito viene ammessa a un Internato in Psichiatria a Casablanca, ma trovando l’incarico e l’ambiente di lavoro poco stimolante, parte per Parigi dove si specializza in tre campi della Medicina: psichiatria, medicina del lavoro ed ergonomia della medicina spaziale.

    Durante il suo soggiorno a Parigi, studia anche l’arabo classico presso la prestigiosa Scuola di Lingue Orientali e proprio in quel periodo inizia la sua attività letteraria che conta, a oggi, ben trenta libri tra cui “La Donna nel mondo Arabo”, “Il Legame” “Cittadine del Mediterraneo” “Il Complesso di Medea, le madri mediterranee” “N-èmica, Lettera aperta all’Occidente”.
    Rita El Khayat, allieva dell’inventore dell’etnopsichiatria George Devereux, si definisce Artista con una visione universalista della vita: una persona che vive, assorbe e poi riflette la vita attraverso i filtri imperfetti delle proprie esperienze.
    Ha ricevuto nel 2007 la cittadinanza onoraria italiana conferitale dal Presidente Giorgio Napolitano ed è stata docente presso la Cattedra di Antropologia della Conoscenza e del Sapere, assegnatale dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “G. D’annunzio” di Chieti.

    L’8 marzo scorso ha tenuto al Parlamento europeo di Bruxelles un discorso sui diritti negati delle donne in quelle società mussulmane, dove il fondamentalismo sta divenendo una vera piaga per tutte le donne. Nel suo appassionato discorso ha parlato della rivoluzione egiziana tradita, preconizzava ciò che sta ora accadendo in quel paese.

    L’articolo pubblicato da left  è uno stralcio di quel discorso pubblicato per gentile concessione della rivista Lettera internazionale su cui apparirà l’integrale.

    Su Lettera Internazionale che sarà nelle edicole a luglio saranno ci saranno vari interventi al femminile tra cui quello della poetessa e scrittrice Vénus Khoury-Ghata, della scrittrice Leila Marouane, autrice di “Doppio ripudio” (Epoché).

     

     

     

     

    Primavera tradita

     

    di Rita El Khayat

     

    Le rivolte arabe non mantengono le promesse. Il rischio ora è disordine, dittatura, teocrazia. Una laicizzazione dell’islam deve essere possibile

     

     

    La donna che vi sta parlando appartiene a una specie in via di estinzione, dato che vede incrinarsi tutto ciò a cui ha dedicato la propria carriera di scrittrice, di scienziata e di artista. La superstizione sta tornando al galoppo, il dialogo tra le culture si dissolve in una globalizzazione mercantilistica in cui l’espressione “interesse comune” ha sostituito quella di amicizia tra i popoli. Un’amarezza planetaria che toglie ogni speranza a una cultura mondiale della pace. Purtroppo le rivolte arabe non mantengono le loro promesse, precipitando i popoli nel disordine, nella dittatura, nella teocrazia. Tunisia, Egitto, Libia, Mali sono nelle mani degli islamici; il Marocco ha un governo islamico nel quale l’unica donna che ne fa parte trova normale – è scritto nella legge – che uno stupratore sposi la propria vittima (caso Amina Filali, suicidatasi il 13 marzo 2012). La Siria, se cadesse il regime, sarebbe wahhabizzata, cadrebbe cioè nelle mani di fanatici e di iper rigoristi, finirebbe in pasto all’Arabia Saudita che vuole dettare legge nel mondo arabo grazie ai suoi petrodollari. Anche se decapita gli omosessuali, che è solo uno fra i tanti esempi di medievalismo (le donne non possono guidare una macchina, assistere alle lezioni con gli studenti e così via). Fin dove può arrivare la teoria del disordine e del caos costruttivo?

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    nuotatrice

     

    Constatando che, contro il terrorismo islamico, nessuna vittoria decisiva è in vista, alcuni pensano che, per dominarlo meglio, converrebbe ubbidire all’islamismo. Sarebbe una cura ben peggiore del male. Per contrarlo, quel male, è sufficiente che arrivi un predicatore affetto da wahhabismo che si metta a indottrinare, per una santa causa, i giovani sbandati dei quartieri difficili, che sono vere e proprie bidonville mascherate a stento da abitato cittadino. La cosa più grave è che il wahhabismo regna sovrano sugli studenti delle università, come ho constatato a Agadir, alla facoltà di Lettere e Scienze umane, alla fine dello scorso aprile. Gli integralisti, i fondamentalisti, i salafiti, gli islamisti aggrediscono le ragazze vestite normalmente, chiudono quelle creature nel burqa nero, corvi che gracchiano all’assalto delle istituzioni giuridiche. Questo stato di fatto è senza speranza? Dipende da quello che faranno gli europei, gli arabi e i mediterranei. L’islam ha più di quattordici secoli di vita. Come tutte le religioni, la sua storia ha conosciuto scismi, scossoni, fiammate di fanatismo, lotte intestine, anche guerre, ma è solo da una quarantina d’anni che ha generato una sottogenerazione ottusa e aggressiva; le ragioni di questa escrescenza sono numerose e la religione rimane analizzata poco o male. (…)

     

     

     

    La grande ipocrisia

     

    I Paesi arabi sono invasi dai barbuti vestiti all’afghana. (Negli ambienti delle persone che ragionano vengono chiamati “i teppisti di Dio”, invece che i folli di Dio). In Tunisia, in Egitto, in Libia, nello Yemen, molestano le ragazze refrattarie al velo, disturbano le lezioni all’università. Tollerati dai regimi al potere, si fanno odiare da tutti coloro che aspirano a un altro islam, a un’altra società, a un’altra vita politica. Cosa più emblematica, gli islamici cominciano a dimenticare i ventitré anni di dispotismo e di corruzione di Ben Ali per prendersela violentemente con Habib Bourguiba, emancipatore delle donne tunisine e messaggero della modernità, attorno alla cui eredità infuria lo scontro contro l’oscurantismo: notizie diffuse sul web, dai liberali, da coloro che hanno certamente voluto la rivoluzione, ma che ora non comprendono la piega che sta prendendo. La situazione in Egitto è ancora più catastrofica che negli altri Paesi della Primavera araba, portatrice di una grande speranza che ha preso alla sprovvista il mondo intero. Nelle città egiziane, l’ipocrisia si diffonde in tutte le libere professioni: per grazia di Dio, avvocati barbuti fanno vincere processi già persi; i medici, con i versetti propiziatori sulle labbra, rivelano che è Dio a inviare la malattia, a guarire e a decidere della vita o della morte. I responsabili europei, che siano a Bruxelles o in missione, dichiarano che l’Europa è pronta a dare il suo aiuto in modo ragionevole ed efficace.

     

     

     

    Ma l’Europa è cosciente della posta in gioco? Si rende conto di quello che succede e dell’impossibilità di predire quello che succederà? Un’Europa forte e unita può rappresentare un modello per il progetto di emancipazione delle donne arabe e musulmane, aiutando i partner del Sud a creare posti di lavoro e a far applicare le leggi internazionali a favore delle donne. Gli arabi conoscono fin troppo bene l’orrore del loro presente. Da sempre, le autorità religiose hanno cercato di condividere il potere con le autorità civili. Le autorità politiche, con le loro prerogative, devono prendere le distanze dalle interferenze di ulema, mullah e fuqahà. Insomma, in terra d’islam una qualche sorta di laicità dovrebbe essere possibile. L’islam che viene definito rigorista o radicale vede la sua nascita sulla scia della lotta anticoloniale e come reazione all’abolizione del califfato ottomano a opera di Atatürk nel 1924, all’apparizione al Cairo delle prime suffragette, alla liberalizzazione della condizione femminile voluta da Habib Bourguiba e da Mohammed V in Tunisia e in Marocco. Venne quindi creata, con l’aiuto degli Usa, l’Associazione dei Fratelli musulmani, espressione politicizzata di una società patriarcale arcaica, ben ancorata ai propri tabù e privilegi, che si difende sbarrando tutte le porte che portano a una modernità liberatrice. (…)

     

     

     

     

    Il femminile di Dio non esiste

     

    L’umanesimo europeo può salvare le  donne delle rive meridionali del Mediterraneo, ma anche gli uomini hanno bisogno di essere salvati. Insieme ai popoli più a sud, in Africa nera, popoli che gli europei hanno colonizzato in tempi non molto lontani. Altrimenti, affonderemo, avvolti nei burqa, nella melassa nera del petrolio, entrambi sauditi. Sguazzeremo sempre più nel lerciume medievale in cui sprofondiamo ogni giorno di più: scuole per ragazze separate da quelle per ragazzi, più dell’80 per cento di ragazze col velo, spiagge per uomini e spiagge per donne, divieto di passare il tempo libero al di fuori della famiglia; cinema e arte cosiddetti “puliti”, ossia vuoti come gli sceneggiati egiziani di cui si sono rimpinzati e inebetiti generazioni di maghrebini; scienza senza esistenza, donne analfabete e tenute nell’oppressione patriarcale… invitate in Marocco a soddisfarsi con le carote, le bottiglie o il pestello del mortaio; per non parlare dello sceicco Zemzami secondo il quale è lecito l’accoppiamento con la consorte appena defunta. Intanto, i linguisti di lingua francese della facoltà di Lettere di Agadir, da dove ora sto arrivando, si fanno rispondere dai loro studenti che il femminile di Dio, nel vocabolario, non esiste.

     

     Traduzione a cura dell’Alliance française di Trieste,
    revisione di Anna Zoppellari.

     

    Per la traduzione italiana ©Lettera internazionale

    articolo postato il 5 luglio 2012

    • aspirano ad un’altro islam……………….

      mi piacerebbe sapere quale? avendo iniziato a leggere il corano per curiosità e forse a dire il vero ,per conoscere l’origine delle disgrazie di qualche miliardo di musulmani, ma poi la mia ragione e il mio bruciore di stomaco che aumentava ad ogni pagina nuova intrisa di orrore e disumanità, che sfogliavo, mi aveva consigliato ,come avevo fatto anni prima con la bibbia,di disfarmene velocemente.

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