• Galeotto fu l’amor cortese

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    Uno studioso tedesco, Erich Köbler, si è proposto di individuare il modo in cui le aspirazioni della piccola nobiltà hanno dato forma alla poesia trobadorica. La piccola nobiltà, i cavalieri, ne costituiscono infatti la personalità di base sociale. Il rapporto fra questa realtà sociale e l’ideale letterario si attua attraverso la formazione di una psicologia collettiva: momento intermedio che partecipa dei due piani, che è dunque presente nella realtà e nell’invenzione.

    Un’ipotesi di lettura sociologica della poesia trobadorica

    L’amore cortese, «fons de bondat» per Marcabru (1 , «fons et origo omnium bonorum» (2 per Andrea Capellano, è un’esperienza di educazione interiore che eleva tutte le capacità dell’individuo, un processo di autonobilitazione che deve restare per principio incompiuto e che richiede un continuo sforzo di perfeziona mento. Lo scopo di questo sforzo è il favore della dama, il compimento dell’amore. Se il raggiungimento di questo scopo fosse escluso a priori, l’amante non avrebbe nessun motivo di orientare verso di esso i suoi sforzi, d’altra parte la soddisfazione del desiderio, paralizzerebbe ogni sforzo e farebbe ricadere l’amante al punto di partenza.

    Questo paradosso è una caratteristica importante della fin’amor (3 . Ma la sua struttura specifica trova un’esatta analogia nella struttura della società feudale dell’epoca cortese, quale può apparire agli occhi della piccola nobiltà, un gruppo sociale che si trova nella necessità storica storici di rafforzare e di stabilizzare la posizione raggiunta. Le sue aspirazioni teoricamente non conoscono limiti, in seguito all’abolizione dei confini all’interno della nobiltà, nella realtà incontrano invece degli ostacoli molto gravi.
    Il tema dell’amar desamatz (4 dell’amore non corrisposto, che ha trovato la sua sublime forma poetica nell’amor de lonh (5 di Jaufré Rudel, è l’esatta proiezione di un’aspirazione perfettamente legittima che diventa però, nel momento in cui pretende di valere in assoluto, irrrealizzabile.

    4 Questa analogia strutturale tiene anche nei particolari. Nell’amore cortese la dama non ha solo dei diritti ma anche dei doveri – è noto che l’amante, se leso nei suoi diritti, può lasciare ufficialmente il suo servizio, così come il vassallo può lasciare il servizio del signore.
    Da una parte c’è il singolo corteggiatore e il suo amore è esclusivo, dall’altra c’è la dama, che come domna (6 di una corte ha dei doveri nei confronti di molti.
    Il possesso individuale è impossibile perché è impossibile che si realizzino contemporaneamente le pretese di possesso di tutti i cavalieri che servono alla corte. Daude de Pradas può dire così del servizio d’amore:

    Non sap de dompnei pauc ni pro
    to qui del tot vol si donz aver.

    («Non sa proprio nulla del corteggiare chi vuol possedere la sua donna interamente »).

    La domna appartiene a tutti, è per così dire possesso comune della corte.
    Perciò nell’ambito dell’amore cortese non c’è posto per la gelosia, ancor meno per quella del marito.
    Se da una parte si pretende dalla dama il compimento dei suoi doveri feudali, dall’altra le viene lasciato però il diritto della libera scelta. La pretesa del singolo si può fondare solo su basi collettive, cioè solo nel caso che egli riconosca legittime le pretese di quelli che si trovano nelle sue stesse condizioni. Si tratta dell’ascesa di un intero gruppo sociale e della sua integrazione nella nobiltà.

    L’amor cortese abbraccia perciò un complesso di concezioni vincolanti per tutta la società cortese. Esso forma l’armatura della coscienza del nuovo “stato” cavalleresco. E poiché questa coscienza si richiama essenzialmente non a un sistema di diritti costituiti ma a un sistema da fondare ex novo nei quadri della società feudale esistente, essa è obbligata a moralizzare i concetti feudali fino a liberarli completamente dal loro significato concreto. È qui che bisogna cercare la causa ultima della spiritualizzazione dell’amore.

    L’amante cortese spera di arrivare, attraverso l’amore e l’osservanza delle sue leggi, a un riconoscimento sociale, a pretz e onor (7 . Come prima si pretendeva dal signore che egli ricompensasse i suoi servitori con un feudo – onor -, così ora la domna deve ricompensare con “l’onore” -; ancora onor – il servizio d’amore.

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    In un joc partit (8 con Lanfranc Cigala, un certo Guillem sostiene che per molti è più importante il prestigio sociale ottenuto attraverso il servizio d’amore che il soddisfacimento dell’amore stesso. Come dal signore che non può più ricompensare i servizi con un feudo ci si aspetta liberalità, così è un dovere per la domna accordare un onore che non si misura più in possessi territoriali ma consiste solo in considerazione sociale. I trovatori ripetono senza stancarsi che la dama sta molto più in alto di loro ma che può innalzarli con la sua grazia al di sopra del loro rango sociale. Si capisce così come sia nata l’idea che l’amore compie dei miracoli.

    Fin’amor è anche amor leial (9 . Lealtat – legalitas -, che indicava originariamente il rispetto degli obblighi reciproci del legame di vassallaggio, sta ora ad indicare gli obblighi ideali e morali nei confronti della domna. All’interno del concetto di onor la componente morale, una volta determinata dalla grandezza e dall’importanza del feudo, si libera da ogni riferimento a un possesso concreto.
    “L’onore” non dipende più dall’entità della ricompensa ma è la pretesa che il singolo avanza, in rapporto ai servizi prestati, di partecipare all’onore dello “stato” cavalleresco nella sua totalità. In altre parole, il cavaliere povero, non potendo più pretendere a un feudo, fa dell’onore un valore morale che è valido per tutto lo “stato” della nobiltà ma che vincola soprattutto l’élite dei detentori del potere. Merce – originariamente la ricompensa per i servizi prestati e sinonimo di guizardon (10 – viene a prendere, data la quasi impossibilità di ottenerla, il significato di «grazia»: non è più l’attesa sicura della felicità ma una promessa incerta e sempre revocabile che negli attimi di euforia culmina nel joi (11 .

    Il significato feudale di questi concetti, vogliamo ribadirlo a scanso di equivoci, è certo ancora vivo e ben presente nella mente dei trovatori, ma essi sono diventati ormai irrealizzabili e vengono moralizzati, idealizzati, spiritualizzati.

    (Erich Köbler, Sociologia della fin’amor)
    Da Il materiale e l’immaginario, laboratorio di analisi dei testi e di lavoro critico, di Remo Ceserani e Lidia De Federicis – Loescher Editore – volume 1/2, pagg. 169-170-171

     

    Note

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    1 ) Marcabruno, in provenzale Marcabru(n) è stato un trovatore occitano originario della Guascogna (forse di Auvillar), di cui ci rimangono 43 componimenti a carattere principalmente satirico, scritti tra il 1130 e il 1150.

    2 ) «fons de bondat» … «fons et origo omnium bonorum » fonte di bontà…fonte e origine di tutte le buone qualità.

    3 ) Fin’amor, amore nobile , cortese

    4 ) Amare disamati, senza essere corrisposti

    5 ) Amor de lonh, amore di lontano (si intende l’amore per una donna di cui si è sentito parlare, ma che non si è mai conosciuta personalmente ).

    6 ) Domna, signora, dal latino domina

    7 ) Pretz e onor, pregio e onore (anche nel senso tecnico di “ricompensa con un feudo”)

    8 )  Joc partit, “tenzone”; è una discussione in poesia su un argomento stabilito, generalmente amoroso

    9 ) Amor leial, amore leale, cioè amore che rispetta le regole cortesi

    10 ) Guizardon, guiderdone

    11 ) Joi, gioia

     

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    La letteratura occitanica — talvolta ancora chiamata letteratura provenzale — si sviluppò nel sud della Francia con una produzione di liriche prevalentemente amorose in lingua d’oc e si svolse parallelamente alla produzione letteraria in lingua d’oil che diede l’avvio alla letteratura francese.
    Essa nacque nelle ricche e raffinate corti feudali, in un ambiente di costumi detti per questo cortesi e canta soprattutto l’amore secondo quel modello che verrà teorizzato nel trattato De amore, scritto in prosa latina da Andrea Cappellano nella corte di Champagne verso il 1184.

    Nella lirica provenzale la donna amata viene rappresentata dai trovatori come castellana o signora (domina), l’amante come vassallo fedele, l’amore come servizio (omaggio e devozione assoluta).
    L’amore cortese si basa sull’idea che amore e desiderio siano una cosa sola, e si realizza quindi nel mantenimento di una costante mezura, misura, distanza, tra desiderio di essere appagati e paura di suggellare in tal modo la scomparsa dello stesso: così si spiega quel sentimento complesso proprio dell’amore, fatto di sofferenza e piacere, di angoscia ed esaltazione.
    Per questa ragione, anche, esso non può realizzarsi dentro il matrimonio, e l’amore cortese è quindi adultero per definizione. Esso è desiderio fisico, ma soprattutto motivo di elevazione spirituale nell’uomo: serve a nobilitarne l’animo e non può esistere in un animo volgare, ma solo in un animo cortese, dando modo così all’amante vassallo (pertanto senza feudo) di raggiungere i propri signori, se non ad una parità nobiliare almeno spirituale.

     

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    La lirica occitanica pertanto non rappresenta l’amore come una reale passione ma attraverso formule di alta astrazione.
    I poeti provenzali utilizzarono per la loro lirica una lingua poetica molto raffinata e influirono moltissimo su tutta la lirica d’arte delle altre nazioni e, in Italia, su tutta la lirica d’amore, dalla Scuola siciliana, allo stil novo e allo stesso Dante.
    (…)
    Il declino e la fine della poesia trobadorica è dovuta principalmente a cause politiche. Quando verso l’inizio del XIII secolo la guerra albigese portata dal re di Francia aveva decimato la nobiltà locale e devastato parte del territorio occitano, la professione del trovatore cessa di essere remunerativa. Fu allora che molti di questi poeti vennero a trascorrere l’ultima parte della loro vita nel nord della Spagna e dell’Italia, dove la poesia occitana fu per più di una generazione altamente apprezzata.

    Da Wikipedia, l’enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Letteratura_occitanica#Italia

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