• Ha ancora senso parlare di laicità? O, meglio, la parola laicità, oggi, che senso ha?

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    di Giulia De Baudi

    Left di questa settimana, ancora una volta, mi ha ammagliato: un grande numero 36 in gran parte incentrato sulla laicità. Porta Pia, 144 anni dopo – La laicità tradita dice lo strillo di copertina.

    Ma mi va di partire da una frase del Segretario dell’ Uaar (Unione Atei, Agnostici e Razionalisti), Raffaele Carcano che, narrando della classe dirigente vissuta a ridosso della conquista di Roma da parte delle truppe italiane, scrive «Le élite erano anticlericali (ma raramente atee)». Lui non lo dice ma è chiaro che per la classe dirigente il contrasto con la Chiesa non aveva ragioni ideologiche che coinvolgessero la sfera religiosa. La loro avversione allo Stato pontificio non era areligiosa e se era “anticlericale” lo era per mero utilitarismo: la classe borghese era stata sempre esautorata dai privilegi ecclesiastici che la Chiesa cattolica elargiva a piena mani alla nobiltà papalina. Sanato il divario tra nobiltà e alta borghesia scompariva anche il contenzioso con il Vaticano. Infatti sarà il plebeo, Benito Mussolini, assurto al rango di borghese, che ridarà alla Chiesa il rango di Stato monarchico: «L’arciateo folgorato sulla via della conciliazione – scrive Carcano – firmò i Patti Lateranensi».

    Dopo il 1929 i privilegi cambiarono direzione e andarono dallo Stato italiano verso lo Stato vaticano. I dirigenti della Dc, PalmiroTogliatti, EnricoBerlinguer, Craxi, ma anche D’Alema e soci, saldarono sempre più i legami con la Chiesa cattolica e di conseguenza i privilegi alle scuole confessionali, detassazione ecc. ecc., aumentarono sino alle cifre menzionate dall’Uaar. I rottamatori del Pd, tutti provenienti dalle ceneri scudocrociate della DC, continuano la tradizione decennale. E tutto questo nonostante l’articolo 33 dalla nostra Costituzione reciti «Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Invece solo la scuola privata in mano clericale comporta oneri allo stato per quasi un miliardo di lire oltre ai sei miliardi che secondo quanto scrivono su left Donatella Coccoli e Simona Maggiorelli «escono dalla casse pubbliche a favore della Chiesa».

    Di pari passo i diritti civili, dopo la marea avanzante degli anni ‘60 che si estese sino primi anni ’70, si ritrassero sino a scomparire dall’orizzonte del Bel Paese, mettendo in discussione sia il divorzio -con l’annullamento della Sacra Rota che elimina qualsiasi obbligo di mantenimento da parte del marito – sia il diritto all’aborto che viene attaccato dai cosiddetti obiettori di coscienza negli ospedali che all’80% appartengono alla Chiesa cattolica.

     

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    Cecilia Calamai, direttore responsabile di Cronache Laiche, sempre su questo numero di left, inizia il suo articolo con questa domanda: «Ha senso parlare di laicità in un paese che include nella sua Carta fondante un accordo con uno stato teocratico?» La risposta è naturalmente no. Non ha senso. Come non ha senso – se si vuole realmente cambiare il pensiero dei cittadini, perché è di questo che ci dovremmo preoccupare – continuare a utilizzare nel giornalismo un approccio servile, mai urlato ma sempre sussurrato; come non ha senso informare la gente sui fatti esimendosi di interpretarli e lasciando così “liberi di scegliere” individui accecati in culla dall’alienazione religiosa. E così si preferisce parlare di testamento biologico, fecondazione assistita eterologa, ed unioni civili, molto importanti in verità ma meno importanti del “problema della sessualità”. Problema soprattutto culturale, visto che la stragrande maggioranza degli adolescenti pensa ancora al sesso come ad un peccato e non sa quasi nulla sui metodi contraccettivi.

    Finché, per ragioni di “stile giornalistico”, si forniscono solo fatti “senza riflessioni personali” perché non si ritengono “costruttive, né per il lettore, né per il giornale” per cui si scrive; finché si farà un’informazione priva di passione etica e civile, il pensiero delle persone che ci leggono non muterà di una virgola.
    Forse, forse,  sbattere “la verità in faccia al lettore”, per gli obiettori di coscienza del giornalismo, non apparterrà alla visione deontologica del “politicamente corretto”, ma è l’unico modo per svegliare la realtà umana di chi ha ancora sufficiente vitalità per ribellarsi a questo stato delle cose. Basta un leggero inchino come quello che Filomena Gallo fa a Bergoglio nel suo commento alla copertina a pagina 17 di left «Lo stesso papa Francesco aveva invitato la Chiesa a liberarsi di quella “ossessione” » per intiepidire di qualche grado una splendido numero monografico sul tradimento della laicità … laicità parola che forse non ha nemmeno senso, o, meglio, parola per cui va creato un senso.

    A chi in passato mi ha accusato di non sapere fare giornalismo e di allontanare il lettore spaventandolo con le “mie verità” e di scrivere “illazioni personali” dico che il “metodo del politicamente corretto” in cui si danno solo dati senza interpretarli non ha funzionato, altrimenti i cittadini sarebbero informati sul contenuto di quei fatti e non sulla loro “invariabile” forma. Il laicismo politicamente corretto ha fallito il suo bersaglio, mi pare evidente. Forse è il caso di cambiare le forme dell’informazione mediatica. Forse è il caso di inserire nelle nuove forme di linguaggio contenuti perlomeno coerenti e la passione politica, sociale ed umana.

    Anche le parole scelte per descrivere una realtà contano. La frase di Curzio Maltese che, rispondendo alla domanda di Sofia Basso, dice «(…) l’informazione di sinistra in Italia non riconosce nessun valore alla laicità» ha ben poco senso nel momento in cui chi non riconosce nessun valore alla laicità non può essere considerato di sinistra. Come dicevo, fino a che la visuale di chi fa informazione sarà oscurata dall’alienazione religiosa la parola laicità, per questi giornalisti non avrà senso. Una perdita di senso che il lettore “sentirà” ma , se non ha gli strumenti adeguati, non potrà rifiutare.

     

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    Mi chiedo quanto cattocomunismo e quanti cattocomunisti si nascondono dietro la parola laicità… questi ossimori viventi, mentre preti e pretonzoli travestiti da giornalisti sparano bordate metafisiche, mentre le donne che abortiscono vengono definite assassine e offese dalle divinità culturali, mentre si continua a definire di sinistra i credenti, mentre i diritti civili spariscono dalle agende cattoliche Ancora una voltadi chi ci governa, mentre succede tutto questo chi si mette l’armatura del laico pretende di lottare contro il clericalismo comportandosi in modo, secondo lui, politicamente corretto … è come andare all’assalto dei carri armati cantando inni patriottici … o far finta di lottare per  paralizzare ogni anelito di vera ribellione da esprimere con la propria passione civile.

    Scusate , ma oggi sono tranchant, è che oltre ai giornalisti di left che sanno mostrare i contenuti di questa realtà politica e sociale, in giro c’è il nulla travestito da esistente.

    24 settembre 2014

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