• Realtà parallele – In principio era il logos

      0 commenti

    di Gian Carlo Zanon

    «La loro fantasia è una divinità alata, la cui natura la porta a sfiorare le cose coll’ala leggera, non a cadere pesantemente a terra ed a rimanervi a giacere con plumbea gravezza. Essi furono inoltre molto poco sensibili nei loro secoli migliori alla malattia infettiva della “coscienza del peccato”. Che importava loro le rappresentazioni di purificazioni e di pene infernali inflitte ai peccatori, come nel pauroso inferno di Dante, in ogni forma e grado immaginabili? Vero è che anche tali orribili fantasticherie infernali dei cristiani derivano in parte da fonti greche. Ma furono le ubbie di singole sette solitarie che generarono concezioni di tal fatta, riuscendo a richiamare su di sé l’attenzione di una speculazione filosofica che nelle sue ore più cupe rinnegò crucciata tutti gli stimoli fondamentali della cultura greca. Il popolo greco, la sua religione ed anche i misteri che lo stato celebrava e considerava sacri, non possono essere tenuti responsabili di tali aberrazioni» . Erwin Rodhe – Psiche, Il culto delle anime presso i greci.

     

    … vorrei riprendere il nostro discorso sulle realtà parallele con questo paragrafo di Erwin Rodhe perché l’ultima volta avevo finito il capitolo “Mitos e logos … il guado” citandolo solo parzialmente.

    Con queste sue appassionate parole il grande filologo di Heidelberg vissuto nella seconda metà dell’ottocento, difende il pensiero che i greci avevano della realtà umana irrazionale rappresentata nel mito, che scorreva, non senza qualche problema, come un fiume carsico parallelamente all’altro pensiero che sarà purtroppo vincente; la filosofia socratica e platonica.

    Erwin Rodhe, anche ammettendo che il sistema filosofico cristiano aveva mutuato, alterandole,  dalla cultura greca alcune “fantasticherie infernali” afferma però che la religione politeista greca e i “misteri”  “non possono essere tenuti responsabili di tali aberrazioni”.

    Manara – Danae e Zeus pioggia d’oro

    Da questo punto di vista sono abbastanza d’accordo con Rodhe; in effetti anche se certi personaggi mitologici cristiani sono dei perfetti calchi di divinità greche – vedi Dióniso/Cristo, Zeus/dio, daimon/demonio, Mercurio/angelo annunciatore ecc. – le loro caratteristiche e le loro qualità sono addirittura opposte. Certamente la divinità cristiana si accoppia molto più spiritualmente con Maria di quanto faccia Zeus con Danae che viene investita dalla sua eiaculazione/pioggia d’oro, ma è pur sempre una copula tra un dio e una mortale.

    E quindi i miti greci e la religione animistica greca non possono essere ritenuti responsabili di purgatori, inferni , peccati, cazzate come il peccato originale ecc..

     

    Ma il problema invece esiste tra il logos dei filosofi greci e il logos cristiano perché per entrambi è artefice della realtà. E questo pensiero difettoso nasce nel momento in cui per decifrare il reale, l’onta, lo disanimarono e per far questo crearono il logos, figlio di Athena Pronoia, che non evoca la realtà, ma la indica e la imita. Il logos/pensiero verbale razionale, creava, e crea, con le parole un significato superficiale della realtà psichica;  non la investigava, come aveva suggerito Eraclito: “Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini della Psiche: così profondo è il suo logos”. fr. 45 Diels-Kranz.

    In questo modo il pensiero onnipotente divenuto onnipotente si allontanò dalla natura delle cose e fissò i dogmi e le credenze religiose.

    Gv 1: «In principio era il logos e il logos era presso Dio e Dio era il logos (…)E il logos si fece carne e dimorò fra noi e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità».

     

    Velazquez – Giovanni Evangelista scrive sotto dettatura della voce divina … allucinazione uditiva?

    Non preoccupatevi non vi voglio trascinare nel delirio della credenza cristiana, voglio soltanto dimostrare che il concetto di logos in Giovanni, detto Evangelista, come si può vedere da questi due paragrafi del primo capitolo del vangelo giovanneo, è pressoché identico al pensiero platonico, che il cosiddetto apostolo, essendo greco, conosceva benissimo.

    E il cerchio si chiude: se è il logos/dio che crea la realtà chi potrà dire cos’è la realtà naturale e umana? Chi potrà dire da dove provengono queste realtà e dove finiscono e se finiscono? Semplice: ce lo potranno dire coloro che hanno per grazia ricevuta o, se preferite, coloro che sono stati prescelti e unti da dio: i sacerdoti che sono vuoti amplificatori del verbo divino.

    Stabilito questo le strade si dividono per altri duemila anni: da una parte la credenza metafisica che grava sul pensiero inconscio traducendolo in anima immortale, e dall’altra il corpo visto dai guardiani delle anime come il male assoluto che deve soffrire tutta la vita per meritarsi il regno dei cieli nel quale finalmente si potrà riunire con la propria anima.

    La ragione di fattura platonica si unisce in un orribile incesto con la religione giudaica e il nascituro non può che essere che un essere mostruoso e sanguinario: il cristianesimo che celebra da quasi duemila anni il rito della scissione tra mente e corpo vale a dire il cannibalismo eucaristico. Soltanto una mente scissa dal corpo può credere di ingurgitare il corpo di un dio che si è fatto carne duemila anni fa… bah francamente.

    Sta di fatto che duemila anni fa avviene questa unione tra simili. La ragione e il sistema filosofico giudaico-cristiano sono simili nella negazione della realtà materiale: con questo difetto di pensiero si può credere che la parola non sia evocazione della realtà  ma la verità assoluta capace di creare parvenze di realtà materiale. Il Vecchio e il Nuovo Testamento non sono, come nel mito, una rappresentazione della realtà funzionale alla società che narra, poeticamente, accadimenti storici persi ormai nella notte dei tempi.

    Il credente che legge la Bibbia è obbligato a ‘interpretare’ i testi sacri secondo la lettera: mangiare il corpo di Cristo per il credente non è una simbologia ma verità assoluta. Così dice la dottrina cristiana.

    Non più di un anno fa il vicepresidente del CNR De Mattei fece questa affermazione: «Credo alla Bibbia e non a Darwin (…) Credo che Adamo ed Eva siano personaggi storici e siano i progenitori dell’umanità.» Sic

     

     

    Il credente che crede nel verbo dei sacerdoti, quando legge la leggenda di Caino ed Abele, crede fermamente che sia un fatto di cronaca accaduto, e che di conseguenza Caino sia l’unico adamita sopravvissuto. Il credente crede che noi siamo i discendenti di Caino e che quindi portiamo con noi la maledizione divina, che come sappiamo non si estingue con la morte del colpevole ma si tramanda alle generazioni future. Miiiii, che culo che teniamo picciotti.

     

    Il racconto della tragedia dei due fratelli non è altro che la rappresentazione del passaggio dalla pastorizia all’agricoltura, dal nomadismo alla stanzialità, e sicuramente narra anche di un passaggio da divinità animistiche, proprie dei popoli nomadi dediti alla pastorizia, al monoteismo proprio delle civiltà stanziali. Civiltà stanziali che devono avere, e quindi creare, dei e leggi nuove per legittimare un nuovo modo di vivere, non più legato alle sensazioni di ogni istante della vita ma a leggi e a sistemi filosofici che indichino con leggi autorevoli , e quindi divine, il modo di vivere i rapporti nella nuova realtà sociale. Leggi e religioni mosaiche incise dalla mano del “dio invisibile degli eserciti” dove viene scritto che anche il pensiero deve essere controllato: “Non desiderare la donna d’altri”. Si …io ci provo … però!

    Seguendo la nostra ricerca sulle cause culturali che legittimano la scissione, si potrebbe interpretare il mito di Caino ed Abele parlando di un doppio, un archetipo del William Wilson di E.A. Poe, un alter ego che uccide la parte di sé più naturalmente buona, perché crede che solo in questo modo sarà assicurata la sopravvivenza dell’essere umano; e nasce l’omo economicus con il suo motto nascosto: homo homini lupus.

     

    Anche secondo Freud – il paladino del fascismo che scriveva lettere piene di ammirazione a Mussolini  –  l’uomo, nascendo narcisista e perverso, per poter viver in società deve tenere sotto controllo il Das unbewusstele  il doppio inconoscibileche però lui, con la sua solita schizofasia, dice di conoscere, visto che poi lo raffigura verbalmente come un animale preistorico nascosto nella parte più primitiva del nostro cervello,“eredità filogenetica di milioni di anni”.

    Anche se Freud si proclamava ateo in realtà ha sempre creduto alla religione giudaica ingurgitata nei primi anni di vita, e quindi credeva alla favoletta per bambini scemi del peccato originale dovuto alla sua progenitrice: Eva.

     

    Secondo questo assunti dogmatici  l’umanità è condannata perché Adamo, per colpa di quella stronza di Eva, non ha rispettato il patto con Dio: «Non permetto alla donna di insegnare, né di comandare all’uomo, ma se ne stia silenziosa. Infatti Adamo fu plasmato per primo, poi Eva; e non fu sedotto Adamo prima, ma la donna essendo stata sedotta cadde nella trasgressione. Pure si salverà come madre e procreatrice, purché rimanga nella fede e nella carità e nella santità, con modestia» (Paolo di tarso, Lettere a Timoteo).

     

    Il caro San Paolo, pilastro sbilenco della chiesa cattolica, non era altro che un misogino che, colpito sulla via di Damasco,  aveva separato il pensiero dal corpo, e poi postulato questa scissione come natura umana … un po’ come Freud proiettava la propria omosessualità, ci sono le lettere scritte al proprio amante che lo attestano, su tutto il genere umano. Non che ci sia nulla di male a preferire i rapporti omosessuali agli eterosessuali, per carità, ma certo io non vado in giro a dire che siccome preferisco l’eterosessualità tutti sono eterosessuali; ad ognuno la propria strada … parallela;  meglio così, c’è meno concorrenza…

     

    2 giugno 2012

    Realtà parallele: tutti gli articoli

     

     

    Scrivi un commento