• John Fitzgerald Kennedy – Un assassinio di stato (3 parte e ultima parte)

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    Dopo cinquant’anni dall’omicidio del Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, sembra sceso un definitivo silenzio sulla ricerca della verità di questo crimine. Kennedy è uno dei tanti “insepolti” della storia. Certamente il suo assassinio non fu un gesto isolato di un folle come sostennero prima la polizia e poi la commissione Warren.

     

    Leggendo questo lungo articolo, estratto dalla Commissione Warren, che pubblicheremo in tre parti, potrete farvi un’idea della dinamica e degli accadimenti dei giorni e mesi che seguirono questo delitto. Potrete anche conoscere gli attori di questo caso “irrisolto” di cui forse non si saprà mai la verità vera. A meno che gli archivi dell’FBI, che verranno aperti tra quattro anni, non svelino le dinamiche del complotto e i mandanti del crimine.

     

    L’assassinio del presidente Kennedy

     

    Estratto del rapporto della Commissione Warren

     

    Terza parte

    Leggi qui precedente

     

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    L’assassinio

     

    Alle 12.30 (ora locale), quando l’auto scoperta del presidente avanzava in Elm Street a una velocità di circa 17 chilometri l’ora, dirigendosi verso il Triple Underpass, i colpi sparati con  una carabina colpirono mortalmente il presidente Kennedy e ferirono gravemente il governatore Connally.

     

    Una pallottola attraversò il collo del presidente; il colpo successivo a quello fatale gli frantumò la parte destra del cranio.

     

    Il governatore Connally fu ferito alla schiena, al lato destro del petto, al polso destro e alla coscia sinistra.

     

    L’ora. L’ora esatta dell’assassinio può essere stabilita in base alle testimonianze di quattro testi. L’agente speciale Rufus W. Yormgblood osservò che il grande orologio elettrico in cima all’edificio del Depository segnava le 12.30, quando l’auto del vicepresidente avanzava in direzione nord, in Houston Street, un attimo prima che venissero esplosi i colpi. Nello stesso istante, David F. Powers, che si trovava nell’auto di scorta del servizio segreto, segnalò a Kenneth O’Donnell che erano le 12.3O, ora in cui il corteo sarebbe dovuto arrivare al Trade Mart. Qualche secondo dopo che furono esplosi i colpi Roy Kellerman, seduto sul sedile anteriore dell’auto presidenziale, guardò l’orologio e disse all’autista, l’agente speciale Greer: «Le dodici e trenta».

     

    Si rileva dal registro delle comunicazioni radio della polizia di Dallas che il capo della polizia Curry aveva annunciato alle 12.30 che qualcuno aveva sparato contro il presidente. Sempre alle 12.30, Curry impartì i primi ordini.

     

    11-22-63 Clint Hill On Car

     

    La velocità dell’auto presidenziale. William Greer, che guidava l’auto presidenziale, ha dichiarato che al momento del primo sparo l’auto viaggiava tra i 19 e i 24 chilometri I’ora. Altri testimoni che facevano parte del corteo presidenziale hanno dichiarato che l’auto viaggiava tra gli 11 e i 35 chilometri l’ora. È stato possibile eseguire una stima più precisa sulla base del film girato sul luogo dell’assassinio dal cineamatore Abraham Zapruder.

     

    Sulla scorta di questo film, si è stabilita la velocità media dell’auto presidenziale in circa 18,02 chilometri orari. L’auto mantenne questa velocità media per una distanza di circa 42 metri, prima che fosse sparato il colpo che colpì il presidente alla testa. Mentre l’auto copriva questa distanza, la cinepresa di Zapruder ha filmato 152 fotogrammi.

     

    Dal momento che la cinepresa aveva una velocità di 18,3 inquadrature al secondo, è stato possibile calcolare che l’automobile impiegò 8,3 secondi per percorrere 42 metri, vale a dire che la velocità doveva essere di 18,02 chilometri l’ora.

     

    Nell’auto presidenziale. La signora Kennedy, a sinistra sul sedile posteriore dell’auto

     

    presidenziale, era voltata verso sinistra e salutava con la mano la folla radunata ai bordi della strada. Poco dopo che il corteo aveva svoltato in Elm Street, la first lady sentì un rumore simile a quello di un motore di motocicletta; nello stesso momento, il governatore Connally lanciò un grido, allora la signora Kennedy si girò verso destra. Non appena si fu voltata, scorse suo marito che, con espressione stupita, si portava la mano sinistra alla gola. Fu allora che la signora Kennedy sentì il secondo sparo e vide il cranio del presidente lacerato da un proiettile.

     

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    Chinandosi sul marito, mortalmente ferito, per prenderlo tra le braccia, la signora Kennedy esclamò: «Oh, mio Dio, hanno ucciso mio marito. Ti amo, Jack! »

     

    Nella sua deposizione, il governatore Connally ha dichiarato di aver identificato il primo sparo come un colpo di fucile e di aver pensato subito all’ipotesi di un attentato.

     

    Seduto sul sedile pieghevole di destra, proprio davanti al presidente, il governatore si girò istintivamente verso destra, poiché aveva avuto l’impressione che il colpo fosse stato sparato al di sopra della sua spalla destra. Nel girarsi verso destra, il governatore non poteva vedere il presidente allora si girò indietro, voltando la testa  verso sinistra ma non riuscì completare  il giro, perché qualcosa lo colpì nella schiena.           

     

    Nella sua deposizione davanti alla commissione, il governatore Connally ha dichiarato di essere stato ferito sicuramente dal secondo proiettile, il cui sparo, però, non aveva udito.

     

    Anche la signora Connally aveva sentito sulla sua destra un rumore che la spaventò. Guardandosi al di sopra della spalla destra, scorse il presidente che si teneva il collo con le due mani, ma non notò sangue né udì qualcosa. Poi vide il presidente accasciarsi in avanti, senza più espressione nel volto. Roy Kellerman, seduto sulla destra del sedile anteriore dell’auto, udì una detonazione simile allo scoppio di un petardo. Nel momento in cui voltava la testa verso destra, in direzione di questo rumore, Kellerman udì il presidente esclamare: «Mio Dio, mi hanno colpito!» E vide le due mani del presidente levarsi verso il collo. Kellerman disse subito all’autista: «Accelera, ci stanno sparando addosso». Afferrò il microfono del radiotelefono e inviò un messaggio alla vettura di testa: «Ci hanno sparato addosso. Portateci immediatamente all’ospedale».

     

    L’autista, William Greer, sentì un rumore che scambiò per lo scoppiettio di uno dei motori delle motociclette che affiancavano l’auto presidenziale, Quando udì nuovamente lo stesso rumore, Greer diede un’occhiata al di sopra della sua spalla e vide accasciarsi il governatore Connally. Alla seconda detonazione, capì che stava accadendo qualcosa di anormale e premette l’acceleratore, nel momento in cui Kellerman gli diceva: « Filiamo alla svelta! »Sempre dando ordini a Greer e alla vettura di testa, Kellerman sentì una «gragnuola di colpi » nei cinque secondi che seguirono alla prima detonazione, Secondo Kellerman, la signora Kennedy gridò: «Che cosa ti hanno fatto? » . Voltando la testa per guardare indietro, Kellerman scorse il governatore Connally sdraiato con la testa appoggiata sulle ginocchia della moglie, e l’agente speciale Clinton J. Hill, che si stava arrampicando sul cofano del portabagagli dell’auto nel tentativo di raggiungere il presidente.

     

    La signora Connally udì un secondo sparo e attirò il marito verso di sé, facendolo abbassare. Alla vista del proprio petto insanguinato, il governatore Connally credette di essere stato ferito mortalmente e gridò: «Oh, no, no, no! Mio Dio, ci ammazzeranno tutti! »

     

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    In un primo momento, la signora Connally credette che suo marito fosse stato ucciso, ma poi si avvide che si muoveva quasi impercettibilmente e capì che era ancora vivo. Lei allora gli disse: «È tutto finito, non preoccuparti ». Il governatore era sdraiato con la testa sulle ginocchia della moglie, quando udì lo sparo che colpì il presidente. In quel momento, sia il governatore, sia la signora Connally notarono lembi di tessuto cerebrale schizzare all’interno dell’automobile. Secondo quanto affermarono il governatore e la signora Connally fu dopo questo sparo che Roy

     

    Kellerman ordinò all’autista di accelerare per portarsi rapidamente fuori tiro.

     John F. Kennedy, Jacqueline Kennedy, Clint Hill

     

    La reazione degli agenti

     

    Al suo posto sul predellino anteriore sinistro dell’auto che scortava la vettura presidenziale, l’agente speciale Hill stava osservando i pochi spettatori assiepati sul lato destro di Elm Street, dopo che il corteo aveva lasciato Houston Street. Hill ha giudicato, che, svoltando all’incrocio di Houston Street con Elm Street, il corteo aveva rallentato e avanzava a una velocità di circa 14-16 chilometri orari, per aumentare poi fino a 19-24 orari. L’auto di scorta seguiva la vettura presidenziale a una distanza di circa 1,50 metri. Hill udì un rumore e credette che fosse lo scoppio di un petardo che veniva da destra, alle sue spalle. Si girò immediatamente verso destra: «Nel fare così, ebbi per un istante nella mia visuale l’auto del presidente e scorsi Kennedy che alzava le braccia e si piegava in avanti, un po’ verso sinistra ».

     

    Hill immediatamente balzò dall’auto di scorta e si precipitò verso la vettura presidenziale.

     

    Nel momento in cui la raggiunse, l’agente speciale udì un secondo sparo – cinque secondi circa dopo il primo – che asportò una porzione del cranio del presidente.

     

    Nell’istante in cui Hill saltava sul predellino posteriore sinistro dell’auto presidenziale, tentando di afferrare la maniglia, l’auto accelerò improvvisamente e Hill perdette l’equilibrio. Corse per un paio di metri, raggiunse la vettura e riuscì questa volta a salirci sopra. Tra il momento in cui aveva tentato di aggrapparsi alla maniglia e il momento in cui era risalito sull’auto, Hill si ricordava che: «La signora Kennedy era balzata in piedi. Mi sembrò che cercasse di afferrare qualcosa che si trovava sul paraurti posteriore destro, quando si accorse che io stavo cercando di salire sull’auto. La signora Kennedy si volse verso di me, io l’afferrai, la costrinsi a rimettersi seduta sul sedile posteriore poi mi issai sullo schienale del sedile posteriore e mi ci stesi sopra».

     

    Dall’auto di scorta, David Powers aveva seguito tutta la scena. Costui ha dichiarato che la signora Kennedy sarebbe senza dubbio caduta dall’auto se Hill non l’avesse respinta all’interno. La signora Kennedy non si ricorda di essersi arrampicata sullo schienale del sedile posteriore.

     

    L’agente speciale Ready, che si trovava a destra, sul predellino anteriore dell’auto di scorta presidenziale, udì dei colpi che sembravano scoppi di petardi e si precipitò verso la vettura del presidente. Ma fu subito richiamato dall’agente speciale Emory P. Roberts, che era al comando dell’auto di scorta, il quale riteneva che Ready non sarebbe riuscito a raggiungere l’auto presidenziale, a causa della velocità che quest’ultima ormai aveva raggiunto.

     

    15e. Assassination Chaos On Elm Street

     

    L’agente speciale George W. Hickey, seduto sul sedile posteriore dell’auto di scorta presidenziale imbracciò e tolse la sicura a un fucile mitragliatore, quando udì l’ultimo sparo. In quel momento, le auto attraversavano a velocità sostenuta l’Underpass e si erano ormai lasciate indietro il luogo della sparatoria; tuttavia, Hickey continuò a imbracciare l’arma, mentre l’auto si dirigeva in direzione dell’ospedale. Quasi tutti gli agenti del servizio segreto che scortavano il corteo avevano sfoderato le loro armi. Roberts notò che, al momento dello sparo, l’auto del vicepresidente si trovava a circa mezzo isolato dietro l’auto di scorta presidenziale e fece segno all’autista di ridurre le distanze.

     

    L’agente speciale Youngblood, capo del servizio di sicurezza addetto al vicepresidente, occupava il sedile anteriore destro dell’auto del vicepresidente. Ecco, nella sua dichiarazione, come si sono svolti i fatti: «Nell’istante esatto in cui imboccammo la discesa, io udii uno sparo. Contemporaneamente, notai un’agitazione insolita tra la folla; la gente si buttava a terra, oppure scappava, e vidi anche che nell’auto di scorta alla vettura presidenziale c’era una certa agitazione. Allora mi voltai, diedi un colpo sulla spalla del vicepresidente e urlai: “Abbassatevi!” dopo di che, guardai nuovamente davanti a me e vidi che c’era sempre confusione, allora saltai sul sedile posteriore e feci scudo col mio corpo al vicepresidente ».

     

    Youngblood non ha affermato categoricamente che si fosse trovato sul sedile posteriore, prima del secondo sparo; ha tuttavia dichiarato che ciò era probabile, stando alla dichiarazione fornita a questo proposito dal vicepresidente Johnson, immediatamente dopo l’attentato. Johnson ha sottolineato la reazione immediata di Youngblood dopo il primo sparo: «Io ero rimasto sorpreso dallo sparo o dall’esplosione, ma non ebbi il tempo di fare una qualsiasi congettura su cosa lo avesse causato, poiché l’agente Youngblood si era girato verso di me un istante dopo la prima detonazione, mi diede un colpo sulla spalla, e gridò a me e agli altri, seduti sul sedile posteriore, di abbassarci. Io fui spinto sul pavimento dell’automobile dall’agente Youngblood. Quasi nello stesso istante in cui mi colpì o mi spinse, l’agente si alzò sul sedile posteriore e si sedette sopra di me. Io mi piegai in due sotto il suo peso, voltato verso la signora Johnson e il senatore Yarborough ».

     

    Clifton C. Carter, che si trovava sull’auto di scorta alla vettura vicepresidenziale, a poca distanza dalla vettura del vicepresidente, ha dichiarato che Youngblood si trovava sul sedile posteriore e faceva scudo col suo corpo al vicepresidente prima ancora che venissero esplosi il secondo e il terzo colpo.

     

    Gli altri agenti del servizio segreto che scortavano il corteo presidenziale rimasero al loro posto per tutto il tragitto verso l’ospedale. Nessuno di loro rimase sul luogo della sparatoria, nessuno entrò nell’edificio del Depository al momento della sparatoria o subito dopo. In effetti il regolamento del servizio segreto prescrive a tutti gli agenti di rimanere insieme con la persona che deve essere protetta e di non allontanarsi a meno che le circostanze non lo esigano.

     

    L’agente speciale Forrest V. Sorrels, capo dell’ufficio di Dallas, fu il primo agente del servizio segreto a ritornare sul luogo dell’attentato, 20-25 minuti circa dopo gli spari.

     

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    A tutta velocità verso il Parkland Memorial Hospital

     

    Il corteo presidenziale si diresse a tutta velocità verso il Parkland Hospital, che sorgeva a circa sei chilometri e mezzo dall’edificio del Depository. Non appena ricevuto il messaggio radio inviato da Kellerman alla vettura di testa, per avvertire che il presidente era stato ferito, il capo della polizia Curry e le motociclette che precedevano il corteo si diressero verso l’ospedale.

     

    Lungo la strada, Curry ordinò alla centrale radio della polizia di avvertire l’ospedale. Dalla registrazione radio effettuata dalla polizia di Dallas risulta che il 22 novembre, alle 12.30, il capo della polizia Curry inviò il seguente messaggio: «Ci stiamo dirigendo verso l’ospedale, l’ospedale Parkland. Comunicate ai medici di tenersi pronti ».

     

    Un istante dopo, Curry aggiungeva: «Sembra che il presidente sia ferito. Date ordine ai medici dell’ospedale di tenersi pronti ».

     

    Dalla centrale risposero: «Sono stati avvertiti ». Viaggiando sull’autostrada Stemmons e sulla Harry Hines Avenue, a una velocità variante, secondo una stima approssimativa, tra i 110 e i 130 chilometri orari, l’auto presidenziale giunse all’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale Parkland verso le 12.35, seguita quasi subito dall’auto della polizia che la scortava, dalla vettura del vicepresidente e dall’auto della polizia che scortava questa ultima. L’ammiraglio Burkley, medico personale del presidente, raggiunse l’ospedale «tre o cinque minuti dopo l’arrivo del presidente »poiché le persone che si trovavano a bordo della sua automobile «non avevano capito esattamente che cosa era successo », l’auto si era prima recata al Trade Mart.

     

    Quando all’ospedale ricevettero il messaggio della polizia, il personale di turno al pronto soccorso venne subito avvisato e furono predisposte le sale operatorie numero I e numero 2, riservate ai casi urgenti.

     

    Mentre l’auto del presidente filava a tutta velocità in direzione dell’ospedale, dodici medici si recavano al reparto di pronto soccorso: i dottori Malcolm O. Perry, Charles R. Baxter, Robert N. McClelland, Ronald C. Jones medici chirurghi; il dottor William Kemp Clark, primario neurologo; quattro anestesisti, i dottori Marion T. Jenkins, Adolph H. Giesecke junior, Jackie H. Hunt e Gene C. Akin; un chirurgo urologo, il dottor Paul C. Peters, un chirurgo stomatologo, il dottor Don T. Curtis; e un cardiologo, il dottor Fouad A. Bashour.

     

    Limo On Stemmons Freeway 

     

    Non appena l’auto giunse davanti al Parkland Hospital, Lawsòn saltò giù e si precipitò all’entrata del pronto soccorso, dove si imbatté in alcuni infermieri che portavano delle barelle verso l’auto del presidente.

     

    L’agente speciale’ Hill si tolse la giacca e ricoprì la testa e il petto del presidente, per impedire che venisse fotografato.

     

    Il governatore Connally, che durante il tragitto verso l’ospedale era svenuto, riprese conoscenza nell’istante in cui la vettura presidenziale frenò bruscamente davanti all’ingresso del pronto soccorso. Nonostante la gravità delle sue ferite, il governatore Connally tentò di mettersi in disparte, per non intralciare l’opera del personale medico che era andato a prendere il presidente. Benché fosse appoggiato alla moglie, cercò di alzarsi per scendere dall’automobile, ma cadde subito. Fu allora che per la prima volta avvertì un dolore fortissimo. Il governatore venne disteso su una barella e trasportato nella sala operatoria numero 2.

     

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    Per qualche istante, la signora Kennedy rifiutò di separarsi dal marito, il cui capo era adagiato sulle sue ginocchia, ma gli agenti speciali Kellerman, Greer e Lawson sollevarono il presidente e lo adagiarono su una barella, che fu immediatamente portata nella sala operatoria numero 1.

     

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    Le cure impartite

     

    Il dottor Charles J. Carrico, interno di chirurgia generale, fu il primo medico a visitare il presidente. Il dottor Carrico si trovava nelle sale del pronto soccorso, dove esaminava un ammalato, quando venne informato che il presidente Kennedy stava per giungere all’ospedale. Circa due minuti dopo, il dottor Carrico scorse il presidente, disteso di schiena, mentre veniva trasportato al pronto soccorso. Notò che il presidente era cinereo in volto, che la sua respirazione era lenta, spasmodica, irregolare e agonica, che non faceva alcun movimento volontariamente, che gli occhi erano aperti e le pupille dilatate, e non reagivano alla luce, che il polso era debolissimo.

     

    Gli auscultò il cuore, e udì dei suoni che ritenne fossero battiti cardiaci; su queste basi, il dottor Carrico concluse che il presidente Kennedy era ancora vivo. Il dottor Carrico notò due ferite: un piccolo foro di pallottola al collo, in basso, davanti, e una larga ferita al capo, che comportava lo spappolamento di una notevole porzione del cranio. Osservò brandelli di tessuto cerebrale e una «considerevole lenta emorragia » da quest’ultima ferita, seguita da una «emorragia più abbondante », quando si riuscì, almeno in parte, a riattivare la circolazione. Il dottor Carrico esaminò al tatto la schiena del presidente e non vi riscontrò nessuna ferita.

     

    In considerazione della gravità della ferita cranica e dell’insufficienza respiratoria, il dottor Carrico si sforzò per prima cosa di ristabilire quest’ultima funzione. Il medico constatò la presenza di contusioni e di un ematoma a destra della laringe, leggermente deviata verso sinistra, e che vi era lacerazione dei tessuti, indizio di trauma tracheale.

     

    Il dottor Carrico introdusse una sonda tracheale a valvola fino oltre la ferita, gonfiò la valvola e inserì il tubo in un apparecchio Bennett.

     

    In quel momento il dottor Malcolm O. Perry, che era entrato nella sala operatoria numero 1 qualche istante dopo il presidente, assunse la direzione delle cure.

     

    Mentre cercava di individuare la pulsazione dell’arteria femorale, senza riuscirvi, il dottor Perry notò il busto ortopedico che il presidente portava. Constatando che bisognava ristabilire la funzione respiratoria, il dottor Perry praticò una tracheotomia che richiese da tre a cinque minuti.

     

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    Nel frattempo, il dottor Carrico e il dottor Ronald Jones praticarono alcune incisioni sulla gamba destra e sul braccio sinistro del presidente, per poter effettuare una trasfusione di sangue e una ipodermoclisi.

     

    Il dottor Carrico cercò di ovviare all’insufficienza surrenale del presidente – disturbo ben noto anche prima – somministrandogli del cortisone. Il dottor Robert Mc Clelland giunse proprio in quel momento e assistette il dottor Perry che stava praticando la tracheotomia.

     

    Il dottor Fouad Bashour, primario cardiologo, il dottor Jenkins, anestesista, e il dottor A. H. Giesecke junior, unirono tutti i loro sforzi per tentare di rianimare il presidente.

     

    Poiché i medici constatarono la presenza di sangue e di aria nella cavità toracica del presidente, il dottor Perry ordinò che venisse effettuato un drenaggio per liberare il torace. Il dottor Paul C. Peters e Charles R. Baxter praticarono questi interventi. Grazie alle trasfusioni, al massaggio cardiaco e al ristabilimento della funzione respiratoria, i medici furono in grado di mantenere attiva la circolazione periferica, come si poté controllare alla carotide e al polso. Il battito dell’arteria femorale fu individuato sulla coscia del presidente. Mentre si facevano tutti questi tentativi, il dottor Clark constatò una certa attività elettrica sul cardiotachiscopio che controllava le reazioni cardiache.

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    Il dottor Clark, che dei medici era quello che aveva eseguito il controllo più minuzioso della ferita alla testa, ha dichiarato che si trattava di una larga ferita aperta sulla parte posteriore destra del cranio, ferita che aveva seriamente danneggiato e messo a nudo la sostanza cerebrale e aveva provocato una forte emorragia. Il dottor Clark non constatò la presenza di nessun altro foro o ferita alla testa del presidente.

     

    Secondo il dottor Clark, il piccolo foro di pallottola riscontrato nella parte posteriore destra del cranio, scoperto durante l’autopsia, «poteva essere stato nascosto dal sangue e dai capelli».

     

     Mancando qualsiasi reazione nervosa, muscolare o cardiaca, i medici conclusero che gli sforzi per rianimare il presidente erano inutili. A questa stessa conclusione giunse anche l’ammiraglio Burkley, medico personale del presidente, giunto all’ospedale dopo che l’intervento urgente aveva già avuto inizio, e che disse: «Quello che avrei potuto fare io stesso per lui, avrebbe disturbato l’intervento iniziato dall’équipe medica ».

     

    Verso le 13, dopo che padre Oscar L. Huber ebbe somministrato al presidente gli ultimi sacramenti, il dottor Clark dichiarò che il presidente era deceduto.

     

    Fu lo stesso dottor Clark a stabilire ufficialmente il decesso, poiché la causa primaria – la grave ferita alla testa – era nell’ambito della sua competenza. Vista l’impossibilità di stabilire l’istante esatto in cui il presidente aveva cessato di vivere, l’ora approssimativa del decesso venne fissata alle 13.

     

    Il presidente Kennedy sarebbe potuto sopravvivere alla ferita al collo, ma la ferita alla testa si dimostrò fatale.

     

    Parlando dal punto di vista clinico, il presidente Kennedy era ancora vivo al suo arrivo al Parkland Hospital; in effetti, i medici avevano constatato attività cardiaca e respiratoria. Tuttavia, il presidente era in condizioni disperate, e gli sforzi dei medici per salvarlo dovevano rivelarsi vani.

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    Mentre il presidente Kennedy e il governatore Connally venivano adagiati sulle barelle, alcuni agenti del servizio segreto si disposero in cerchio attorno al vicepresidente e alla signora Johnson, per scortarli all’interno dell’ospedale Parkland entrando dalla porta del pronto soccorso. Gli agenti del servizio segreto fecero uscire da una stanza lì vicino un’infermiera e un malato, chiusero le tende e presero alcune misure di sicurezza, per assicurare l’incolumità del vicepresidente. Venne anche richiesta la presenza di due persone che si trovavano a bordo dell’auto di scorta alla vettura presidenziale, per collaborare alla protezione del vicepresidente.

     

    Un agente speciale venne appostato all’entrata, con l’ordine di non far passare nessuno che non facesse parte del seguito presidenziale.

     

    A un certo momento, la signora Johnson, accompagnata da due agenti del servizio segreto, uscì dalla stanza per unirsi alla signora Kennedy e alla signora Connally.

     

    Per timore che si attentasse alla vita del vicepresidente, gli agenti del servizio segreto insistettero perché egli lasciasse 1’ospedale e ritornasse immediatamente a Washington.

     

    Il vicepresidente preferì aspettare di essere informato sulle condizioni del presidente. Verso le 13.2O, il vicepresidente Johnson venne informato da O’Donnell che il presidente Kennedy era morto.

     

    L’agente speciale Youngblood domandò alla signora Johnson dove si trovavano le sue due figlie e si mise immediatamente in contatto con il quartier generale del servizio segreto a Washington, per assicurare alle ragazze la massima protezione. Il vicepresidente aveva consultato O’ Donnell, e costui gli aveva consigliato di recarsi immediatamente all’aeroporto e di far rientro a Washington. Venne deciso che il ritorno sarebbe avvenuto con l’aereo presidenziale e non con l’Air Force Two, dal momento che il primo era equipaggiato con impianti di comunicazione migliori.

     

    Dopo che il vicepresidente si fu messo in comunicazione con Malcom Kilduff, l’assistente dell’addetto stampa della Casa Bianca, fu deciso che la notizia della morte di Kennedy non sarebbe stata resa nota finché il vicepresidente non avesse lasciato l’ospedale. Informato che la signora Kennedy rifiutava di partire senza le spoglie del marito, il vicepresidente dichiarò che non avrebbe lasciato Dallas senza la signora Kennedy. Dietro consiglio degli agenti del servizio segreto, il vicepresidente Johnson decise di salire a bordo dell’aereo presidenziale e di aspettare là la signora Kennedy e la salma del presidente.

     

    JFK's Body Leaving Parkland Hospital

     

    Misure di sicurezza

     

    Non appena la barella che trasportava il presidente Kennedy fu introdotta nella sala operatoria numero 1, alcuni agenti del servizio segreto si misero di guardia davanti alla porta della sala stessa. Un’infermiera ricevette l’ordine di identificare il personale ospedaliero e di invitare tutti coloro che non facevano parte dell’équipe di medici impegnati attorno al presidente di uscire dal pronto soccorso. Altri agenti del servizio segreto si appostarono in prossimità del pronto soccorso e in alcuni corridoi. L’agente speciale Lawson si assicurò che la polizia di Dallas tenesse lontana la folla e la stampa dalle immediate vicinanze dell’ospedale. Gli agenti Kellerman e Hill telefonarono a Gerald A. Behn, capo degli agenti responsabili del servizio di sicurezza della Casa Bianca, per informarlo dell’assassinio. La linea telefonica tra l’ospedale e Washington venne riservata per tutto il tempo in cui le autorità rimasero nell’ospedale. Il gruppo di agenti del servizio segreto che aspettava il presidente ad Austin ricevette l’ordine di ritornare a Washington.

     

    Nel frattempo, gli agenti del servizio segreto incaricati della sicurezza all’aeroporto di Love cominciarono i preparativi in vista della partenza. Non appena uno di questi agenti venne a sapere la notizia dell’attentato, domandò all’ufficiale che comandava il distaccamento di polizia dell’aeroporto che prendesse severe misure di si certezza attorno all’aereo presidenziale, nella zona aeroportuale e nelle immediate vicinanze.

     

    I poliziotti ricevettero ordine di impedire che venissero scattate fotografie.

     

    Gli agenti del servizio segreto, in collaborazione con alcuni poliziotti, ispezionarono e fecero evacuare alcune zone vicine all’aeroplano, inclusi i magazzini e altri edifici della stazione e i parcheggi per automobili.

     

    Fu deciso di non spostare l’aereo presidenziale all’altra estremità dell’aeroporto, perché il luogo di atterraggio iniziale era sicuro, mentre qualsiasi spostamento avrebbe richiesto l’adozione di nuove misure di sicurezza.

     

    Quando il dispositivo di sicurezza dell’aeroporto fu completamente in atto, il servizio segreto prese le misure necessarie per permettere al vicepresidente di lasciare l’ospedale. Alcune auto della polizia, prive di contrassegni, condussero il vicepresidente e la signora Johnson dal Parkland Hospital all’aeroporto di Love.

     

    Il capo della polizia Curry era al volante dell’auto sulla quale trovavano posto il vicepresidente Johnson, i deputati Thomas e Thornberry e l’agente speciale Youngblood.

     

    La signora Johnson, accompagnata da alcuni agenti del servizio segreto e dal deputato Brooks, era salita su un’altra automobile, che si diresse, anch’essa, alla volta dell’aeroporto. Gli agenti motociclisti che scortavano le due automobili furono invitati dal vicepresidente Johnson e dall’agente Youngblood a non usare le sirene. Durante il percorso, il vicepresidente Johnson, su richiesta dell’agente Youngblood, restò chinato al di sotto del livello del finestrino.

     

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    Il trasferimento della salma

     

    Mentre l’équipe di medici del Parkland Hospital tentava disperatamente di salvare il presidente Kennedy, la signora Kennedy faceva la spola tra la sala operatoria e il corridoio. Dopo che venne annunciata la morte del presidente, O’Donnell cercò invano di allontanare la signora Kennedy.

     

    Costei continuava a ripetere che voleva rimanere accanto a suo marito. Fu portata una bara, e la salma del presidente venne preparata per il trasporto.

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    Il corpo era ancora all’ospedale, quando due rappresentanti delle autorità di Dallas informarono i collaboratori del presidente che il corpo non doveva lasciare la città prima che fosse praticata l’autopsia. Nonostante le proteste dei due rappresentanti, la bara venne portata fuori dell’ospedale, messa sopra un’autoambulanza e trasportata all’aeroporto, poco dopo le 14. Verso le 14.15, veniva caricata sull’aereo presidenziale. Temendo che le autorità di Dallas tentassero di impedire all’aereo di decollare, O’Donnell ordinò al pilota di partire immediatamente.

     

    Gli venne risposto che il decollo avrebbe avuto luogo solo dopo che il vicepresidente Johnson avesse prestato giuramento.

     

    Il vicepresidente aveva telefonato dall’aereo presidenziale al ministro della Giustizia Robert F. Kennedy, il quale l’aveva consigliato di prestare giuramento prima di lasciare Dallas. La signora Sarah T. Hughes, giudice federale, accorse in tutta fretta all’aeroporto, per far prestare giuramento a Johnson. I membri del seguito presidenziale e vicepresidenziale, che fungevano da testimoni, si riunirono nel compartimento centrale dell’aereo.

     

    Lyndon_B._Johnson_taking_the_oath_of_office,_November_1963

     

    Alle 14.38 Lyndon Baines Johnson prestò giuramento in qualità di trentaseiesimo presidente degli Stati Uniti. La signora Kennedy e la signora Johnson si tennero a fianco del nuovo presidente durante la cerimonia. Nove minuti dopo, l’aereo presidenziale decollava per Washington.

     

    Durante il viaggio di ritorno, la signora Kennedy era seduta in compagnia di David Powers, Kenneth O’Donnell e Lawrence O’Brien. Alle 17.58, l’Air Force One atterrò alla base aerea di Andrews, da dove il presidente Kennedy era partito per il suo ultimo viaggio 31 ore prima. Per radio erano stati impartiti ordini severi affinché venissero prese le necessarie misure di sicurezza.

     

    Il pubblico era stato fatto evacuare dall’aeroporto. Solo i membri del governo e i rappresentanti della stampa erano stati autorizzati a rimanere ai bordi della pista di atterraggio. Al suo arrivo, il presidente Johnson pronunciò un breve discorso, che venne trasmesso per radio e per televisione.

     

    Il presidente e la signora Johnson salirono poi a bordo di un elicottero che li condusse alla Casa Bianca, da dove la signora Johnson si recò, in auto, sotto scorta, alla sua residenza. Il presidente raggiunse a piedi l’Executive Office Building, dove lavorò fino alle nove di sera.

     

    President John F. Kennedy's casket is loaded into Boeing VC-137C SAM 26000 (Air Force One) after his assassination in Dallas, Texas, in November 1963. (U.S. Air Force photo)

     

    L’autopsia

     

    La signora Kennedy, tra il centro medico nazionale della Marina, a Bethesda (Maryland) e l’ospedale militare Walter Reed, scelse il primo, affinché vi effettuassero l’autopsia del marito. Il presidente Kennedy aveva infatti prestato servizio nella Marina.

     

    La signora Kennedy e il ministro della Giustizia, scortati da tre agenti del servizio segreto, accompagnarono la salma del presidente Kennedy. Il percorso tra la base Andrews e l’ospedale durò 45 minuti. Al sedicesimo piano dell’ospedale, la signora Kennedy e il ministro della Giustizia trovarono altri membri della famiglia Kennedy e attesero i risultati dell’autopsia. La signora Kennedy, sotto la sorveglianza degli agenti del servizio segreto, si ritirò in alcuni locali messi a sua disposizione all’ospedale.

     

    Casket Comes Off AF1 Nov. 22, 1963

     

    Il servizio segreto organizzò un sistema di comunicazioni tra l’ospedale e la Casa Bianca, e controllò tutte le telefonatee i visitatori.

     

    Le spoglie del presidente giunsero all’ospedale, per l’autopsia, verso le 19.35. Dapprima furono fatte alcune radiografie e alcune fotografie del corpo. Poi, verso le 20, ebbe inizio l’autopsia vera e propria. Sul rapporto dell’autopsia si può leggere che il presidente Kennedy aveva 46 anni, era alto 1,84, pesava 77,3 chili, aveva gli occhi azzurri e i capelli bruno-rossastri. Il suo corpo era muscoloso e ben sviluppato, lo scheletro privo di anormalità, eccettuate quelle causate da ferite di arma da fuoco. Secondo la “diagnosi patologica”, causa del decesso era da considerarsi una «ferita di arma da fuoco alla testa».

     

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    L’autopsia ha rilevato due ferite alla testa. Una di circa 6 millimetri per 15, situata 2,5 centimetri a destra e leggermente al di sopra della grande protuberanza ossea (protuberanza occipitale esterna) che sporge al centro della parte inferiore della cassa cranica posteriore. La seconda ferita alla testa misurava circa 13 centimetri di diametro massimo; tuttavia, non si poté stabilire la misura esatta a causa delle fratture multiple che si irradiavano dalla ferita principale. Mentre veniva praticata l’autopsia, alcuni agenti dell’FBI fecero pervenire ai medici tre frammenti ossei che erano stati trovati in Elm Street e all’interno dell’auto presidenziale.

     

    Confrontati, questi frammenti rappresentavano, pressa poco, i tre quarti della parte mancante del cranio. L’esame radiografico rivelò la presenza da 30 a 40 minuscole schegge metalliche, lungo una fascia che andava verso la parte frontale del cranio. Una scheggia particolarmente grande si era conficcata proprio sopra l’occhio destro. Due schegge metalliche, di forma irregolare, vennero estratte dalla ferita e consegnate agli agenti dell FBI.

     

    L’autopsia rivelò, inoltre, una ferita alla base della nuca, leggermente a destra della colonna vertebrale. I medici cercarono di ricostruire il percorso del proiettile nel corpo; dopo aver ricevuto il rapporto del Parkland Hospital, conclusero che la pallottola era uscita dalla parte anteriore del collo, nel punto in cui si era intervenuti per eseguire la tracheotomia.

     

    L’autopsia venne terminata verso le 23. Poi la salma venne ricomposta per le esequie, operazione questa che si protrasse fino alle 4 del mattino.

     

    Poco dopo, la vedova del presidente, i famigliari e gli agenti addetti alla sicurezza lasciarono l’ospedale di Bethesda. Le spoglie del presidente furono trasportate nel salone est della Casa Bianca, dove vennero vegliate da un picchetto militare d’onore.

     

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    Questo articolo è estratto del rapporto della Commissione Warren.

     

    © United State Government Printing Office, Public Documents Depa.rtement, Washington.

    © 1974 Edito Service S.A., Ginevra per la traduzione italiana.

     

    I giorni e le Notti  ha fotografato il testo con sistema OCR dall’Enciclopedia del Crimine , Fratelli Fabbri editori– Fascicoli 21-22, marzo 1974

     

    Le foto sono state trovate su Google immagini e sul blog The Kennedy  Gallery

    • passi che il Presidente andasse com l’auto completamente scoperto, come il commento che espresse Adolfo sulla morte di Reynhardt Heydrich , l’autista avrebbe dovuto dopo il primo sparo ,
      cerca di capire , se fosse stato adeguatamente addestrato dare gas e correndo nel prato a zig zag andarsene . non avremmo cosi’
      perso il Presidente.

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