• « … somos socialistas, adelante, adelante» Cuba, le realtà invisibili

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    di Giulia De Baudi

     Rileggendo il testo di Loretta Emiri, Da puttana a puttana, pubblicato sul nostro Diario polifonico,  e i commenti che sono seguiti, ho notato che la calda discussione stava prendendo strade che si allontanavano dai veri contenuti della narrazione. Erano sì strade parallele ma andavano via via distanziandosi sempre più.

    In questo capitolo, tratto dal suo libro ancora inedito, A passo di tartaruga , l’autrice narra poeticamente una storia, non sappiamo se vera o verosimile. Il suo racconto racconta di una donna che, dopo un viaggio a Cuba durante il quale tutte le terrificanti defaillances del marito esplodono rendendo palese la sua schizoidia,  trova il coraggio di separarsi da quel  “mostro”, con cui aveva vissuto per molti anni. 

    In questa narrazione, che dice della sofferta realizzazione identitaria di una donna, Cuba sta sullo sfondo. Se non fosse Cuba potrebbe anche essere una delle tante città del Sud del mondo in cui si può acquistare per pochi dollari la dignità umana di un essere umano che vende se stesso o la propria bambina.

    Scrivo “potrebbe essere” ma non lo è; non lo è perché Cuba ha rappresentato per i suoi abitanti – e per il mondo intero dei sognatori incalliti come me – una speranza di umanità, che si incarnava nel socialismo. Speranza che per quanto ne so è stata in gran parte tradita: «trascorsi oltre quarant’anni dalla rivoluzione ed esattamente come avveniva all’epoca della dittatura di Batista, nella Repubblica Socialista con i proletari al potere, a prendersi cura dei turisti internazionali erano di nuovo le puttane» scrive Loretta Emiri . E questa per me è una verità molto dolorosa.Certamente non è la sola verità perchè questa è molto più sfaccettata.

     

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    Ed è da questo dolore per una promessa non mantenuta, che , secondo me, nasce il racconto della Emiri. Poi se las jineteras sono mille o diecimila o centomila, se il fenomeno è urbano o meno, ha poca importanza. Il dramma sta invece nel fatto che anche  il socialismo castrista, di cui parla Nazim Hikmet nel suo poema La conga de Fidel  scritto pochi mesi dopo la Revoluciòn cubana, non è riuscito a mutare nel profondo la realtà umana dei cubani. Per quelle donne e per quegli uomini la realtà dei rapporti interumani non è mutata profondamente. L’uguaglianza in salsa cubana è stata solo un fatto formale perché, come racconta anche Yoani Sánchez la bloguera cubana di Generacion Y , le donne hanno continuato a subire violenze dai machios cubani, i bambini ad essere abusati da padri, nonni, vicini di casa, e venduti ai turisti pedofili, e nelle strade e spiagge de La Avana esseri umani vendono se stessi ai nuovi yankees che ora parlano in italiano.  

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    Si insorgerà dicendo che questo non succede solo a Cuba ma anche in qualsiasi parte del Sud del mondo. È vero, ma il resto del Sud del mondo non è Cuba. E Cuba ci aveva fatto una promessa. Cuba ci aveva detto che era vero che c’erano degli esseri umani uguali a noi sognatori. E noi sognatori non ci siamo sentiti più soli: al di là dell’Oceano a poche ore di volo c’erano uomini  e donne che avevano fatto diventare quelle strane idee che  parlavano di libertà e di uguaglianza prassi politica a costo di sangue.

    Ma siamo stati ancora delusi … ed è questo che è devastante: sono le delusioni che uccidono i sogni,  non è la miseria. E senza sogni si torna allo stato ferino della ragione e del soddisfacimento dei bisogni corporali. Stato animale abbandonato migliaia di anni fa quando un essere bipede sognò, e, al mattino,  il permanere delle immagini oniriche lo distolsero per qualche attimo dai pensieri sulla sopravvivenza della propria specie non perfettamente umana. 

     

    «Batista era lo schiavo del re dei serpenti/dei milionari della canna da zucchero, indigeni o yankee,/dei preti franchisti delle bische dei grossisti di eroina/dei gangster indigeni o yankee delle puttane/quindicimila soltanto all’Avana » scriveva Nazim Hikmet nel 1961 dopo il suo viaggio a Cuba: mi chiedo cosa sia rimasto di quel sogno a cui molti avevano creduto. Anche l’ineguagliabile poeta turco aveva creduto a quel sogno: «L’hostess ci disse “ci avviciniamo all’Avana”,/”le palme, le palme!” gridò qualcuno, sembrava  dicesse “mamma!”/i ballerini del balletto cubano, come grosse farfalle,/si agitarono contro i vetri degli oblò./Dopo un volo di diciotto ore/scendiamo per posarci non sulla terra/non sul cemento ma dentro la luce./(…) /In questa città, è impossibile separare la libertà dalla gente/confondo i fucili mitragliatori e le porte, quelle coi colonnati, /confondo Fidel con le canzoni, l’Internazionale col ch-cha-cha  /la conga con Fidel/somos socialistas adelante adelante» ma lui, Nazim, quel sogno non ha fatto in tempo a vederlo tristemente svanire.

    Io sì.

    Per questo la tristezza di cui narra Loretta Emiri la siento.

    Qui potete leggere il racconto di Loretta Emiri citato in questo articolo con  i numerosi commenti.

    • Ciao Giulia,
      proprio in questo istante, ancor prima di visualizzare il tuo articolo, ho spedito un commento alla discussione sul testo di Loretta Emili, dove scrivo che nei prossimi giorni (per questione di tempo libero) cercherò, con tutte le cautele del caso di approfondire un po’ almeno il discorso delle puttane/jineteras cubane. Ma, ieri, avevo iniziato a buttare giù le prime righe e, esattamente come tu hai scritto, anche io ho voluto evidenziare che Loretta Emili, nel suo racconto, voleva sicuramente evidenziare molto di più un rapporto di coppia mal assortito e con assoluta mancanza di desiderio, che la desolante realtà delle jineteras cubanas, la quale serviva, come anche tu dici, da sfondo alla storia, e soprattutto alla realizzazione, nella separazione da quel “piccolo piccolo comunista”, da parte di una donna che veniva annullata profondamente nella sua identità femminile, proprio mettendola in secondo piano confronto al “desiderio” non soddisfatto del compagno “nel non aver chiavato una cubana”. Forse Cuba non è stata scelta a caso: delusione di un rapporto con un uomo indifferente e conseguente separazione; delusione nei confronti di un sogno non realizzato -Cuba- e conseguente separazione.
      Penso che i commenti di Emilio e Rodolfo al testo di Loretta Emili siano scaturiti più dal titolo dell’ articolo che dal suo contenuto. Titolo un po’ fuorviante che ha sicuramente spostato l’ attenzione più sulle puttane che sulla riuscita separazione della donna.
      Ciao.
      Roberto.

      • Per la Redazione di G&N Giulia De Baudi

        Roberto, penso proprio che tu abbia ragione. Penso anche che sia importante legare la delusione indotta, a volte, dall’altro da sé, e la delusione tradita per un ideale di società che, ora, sappiamo possibile da realizzare ma che il socialismo troppo legato ai bisogni materiali ha fallito. Ma come hai già scritto tu questo è un lungo discorso che va lentamente attraversato, e la realtà cubana , proprio per le sue caratteristiche così divergenti , è molteplice e le parole non riusciranno mai ad afferrarla. Però cercando di farlo la si può almeno sfiorare.

        Grazie
        Giulia

    • ciao giulia a proposito di cuba e del suo patrono il che.

      ps
      l’articolo è stato publicato sul foglio anarchico machete nel gennaio 2008

      SANTO CHE
      IL MARTIRE GUERRIGLIERO

      Il Che è l’essere umano più completo della nostra epoca
      Jean-Paul Sartre

      Una contadina accende una candela al santo e prega affinché il suo figliolo goda di buona salute e la raccolta di patate vada bene. Le sue preghiere, come le preghiere degli altri contadini, sono già state esaudite in passato — sostengono gli abitanti del villaggio. «Assomigliava a Nostro Signore, là steso morto nella scuola», dice la contadina all’intervistatore televisivo. Il nome del santo miracoloso? Ernesto Che Guevara!
      Non prendiamo in giro questi contadini. Non guardiamoli con l’arroganza tipica di chi vive nel Primo Mondo. Non c’è dubbio che il Che “interviene” nelle loro vite afflitte dalla povertà, come fanno tutti gli altri santi. E poi, chi siamo noi per sostenere l’assoluta conoscenza del mondo, della mente umana e di tutti i suoi funzionamenti?
      Come si sentirebbe il Che per l’incenso e le candele bruciate in suo nome? In quanto militante comunista ed ateo, avrebbe liquidato tutto ciò come rozza superstizione di un passato reazionario. Che ironia, per una persona simile. Ma non sono solo i contadini boliviani a riverire il guerrigliero morto. Quarant’anni dopo la sua morte, la sua immagine è affissa sulle pareti delle stanze di metà degli studenti del mondo. Il suo sguardo duro e ascetico ci punta da innumerevoli magliette e spillette. La mistica di Che Guevara è pervasiva.
      Inutile domandarsi se meritasse questa idolatria. Di primo acchito, si potrebbe dare una risposta affermativa incondizionata. In fondo era considerato il Numero Due a Cuba, che si è dimesso da ogni carica di potere per andare a combattere nella giungla in favore di quella che riteneva fosse liberazione. Ammalato d’asma e con una esigua banda di seguaci, venne braccato e ucciso dall’esercito boliviano. Guevara era anche una perfetta figura romantica, avvenente, carismatico e amato dalle donne. Non era un burocrate sanguinario come Stalin, né un pervertito come Mao, neppure un megalomane come il suo vecchio amico Fidel, ma un “vero uomo”. Sarebbe potuto sbucare fuori da qualsiasi romanzo d’avventura. E nella famosa fotografia che lo ritrae steso morto, egli assomiglia davvero al Cristo.
      Sì, è facile comprendere il fascino che molte persone, soprattutto giovani, avvertono per quest’uomo. Ma capire un fenomeno è una cosa, verificarne la realtà è un’altra. Per far ciò, bisogna andare al di là della mistica, magari con l’ausilio della sua «biografia definitiva» — Che. Una vita rivoluzionaria (Baldini&Castoldi, 1997) — scritta da Jon Lee Anderson, frutto di oltre cinque anni di ricerche condotte in mezzo mondo, basata fra l’altro su documenti originali finora inediti e sulle testimonianze di chi l’ha conosciuto, e la cui stesura ha goduto dell’appoggio diretto della sua vedova e di molti suoi amici. Tutte le citazioni e le indicazioni di pagina, laddove non espressamente indicato, si riferiscono a quest’opera.

      Continua …

      Da domani mattina alle 11.00 potete leggere l’intero articolo in copertina al nostro giornale

      • Dalla Redazione di I Giorni e le Notti

        Grazie per l’articolo, dopo una lunga e accesa discussione abbiamo deciso di pubblicare l’articolo che ci hai proposto domani 8 ottobre alle ore 11,00 sotto una introduzione.

        Poi ci dici che ne pensi

        Per la redazione di G&N G.D.B.

    • La prima cosa che non mi piace dell’articolo sono le foto di anziani con giovani donne. L’argomento del racconto non è la prostituzione ma si mettono immagini che riportano in modo palese alla violenza sulle donne. Le immagini visive sono la prima lettura che una persona che legge da dell’articolo. Una poteva bastare, invece due come a sottolineare l’argomento prostituzione. Il perché non lo colgo ancora. Si poteva mettere una foto di FIdel per risaltare anche la parte finale dell’articolo, la delusione del socialismo di Fidel. Anche se ormai da quando avevo 20 anni, nel 1980, ho capito come tanta gente del fallimento di Fidel e del socialismo. Nell’articolo ci trovo molta retorica. La vita è andata avanti e molta acqua è passata da quando ci siamo accorti del fallimento di Fidel. La rivoluzione a cuba ha avuto nel bene e nel male un grosso significato politico e sociale che va analizzato nel suo contesto storico e geografico. La rivoluzione cubana per i cubani ha significato la libertà dallo sfruttamento, poi non è riuscita ad andare oltre, deve fare altra strada per migliorare, ma oggi parlare di delusione per me è roba da intellettuali. Ora si stanno affrontando altre problematiche per migliorare la vita, per andare verso un meglio ancora non ben definito. La delusione di chi ci ha promesso e non ha mantenuto gli impegni e sotto gli occhi di tutti gli elettori di sinistra in Italia, questa si che è la vera grande delusione. A cuba nonostante tutto stanno migliorando le cose, in Italia stavamo bene e ci hanno distrutto e fregato il benessere, la cultura, la dignità lavorativa ed umana che avevano conquistato i nostri padri e che noi abbiamo vissuto. Il fallimento del PD e sotto gli occhi di tutti, ma non tutti lo vogliono accettare. Parlare di cuba e non vedere la nostra situazione e forse questo il senso nascosto dell’articolo. In Italia abbiamo una ricerca sull’umano che mi ha salvato e che mi da un benessere che va al di la della delusione della politica. Il rapporto uomo donna e la situazione più difficile da affrontare, ma se si riesce a non far compromessi con il proprio sentire, si superano anche le delusioni della politica.
      Ciao Emilio

      • Giulia De Baudi

        “Se pensi che tutto giri intorno a te fatte vedè, potrebbe essere labirintite” chiedo scusa EMILIO se inizio con questo calembour. In realtà nel tuo commento non c’è nulla, a mio avviso, che non sia condivisibile, a parte quella frase sibillina “oggi parlare di delusione per me è roba da intellettuali” . Io sono una intellettuale, e ne vado orgogliosa e rivendico il ruolo dell’intellettuale nella società. Certamente a questa parola si deve dare un senso per comprenderci. Sul ruolo e sul senso della parola “intellettuale” la penso più o meno come Jeanne Pucelli che ha scritto un articolo “L’intellettuale engagé e l’intellettuale malhonnête” che trovi nelle prime pagine in data odierna.

        Il fenomeno del Jineterismo non me lo sono inventato io. Metti la parola su Google e lo troverai persino su Wikipedia. Le foto sono un modo mostrare non tutta la realtà di Cuba ma per dire che il socialismo castrista non è riuscito a mutare quella società . Avrei potuto mettere le foto di Fidel col papa ex nazista e la folla dei cubani in delirio sarebbe stata la stessa cosa . L’Italia sta come sta perché non ha mai voluto fare i conti con il fascismo e la Resistenza, con un papa che ha voluto Hitler al potere e i preti delatori di cui parla anche Hikmet. E penso che se i cubani non fanno i conti con il proprio passato questo risorgerà sempre come sta accadendo in Cina. Basta pensare che ora a Cuba il Che viene venerato come un santo e si parla già da almeno 15 anni apertamente di miracolose guarigioni accadute dopo averlo “visto” in apparizioni simili a quelle della Madonna di Civitavecchia. Questo significa che a Cuba l’alienazione religiosa non è stata sconfitta come promesso dal marxismo, e sappiamo bene perché.

        EMILIO, sono le idee degli intellettuali che , nel bene e nel male, cambiano la visione del mondo. Io sto cercando di farlo e quelle foto servono per guarire la cataratta che serve solo ad annullare una parte di realtà che se non guarita può infettare l’intera realtà. Nascondere sotto il tappeto (scusa la frase retorica) queste realtà accusando gli intellettuali di parlare di cose inutili , non aiuta certo il popolo cubano e neppure quello italiano.

        Il calembour con cui ho iniziato il commento era per dirti, EMILIO, che la realtà vera non è solo quella che gira attorno a noi a cui assistiamo tutti i giorni in modo passivo , la realtà è un po’ più complicata, bisogna braccarla come fosse una selvaggina rara e veloce. Ops , scusa , non riesco a non essere retorica … hai un rimedio … scusa se scherzo, ciao Emilio.
        Giulia

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