• Socialismo … fata Morgana o ”utopia reale” ? I semi della sapienza socialista

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    di Gian Carlo Zanon

    Quanti pensieri mi assaltano questa mattina … il reportage di ieri sera (fuori tempo massimo) sulla crisi economica di Presa Diretta e l’infuocata discussione su un post elettrizzante del giornalista Carlo Patrignani, mi hanno salvato dalle banalità delle informazioni mediatiche: pollice verso pollice recto per Berlusconi e rotazione della nave Concordia che un gruppo di dementi criminali fece naufragare sulle coste dell’Isola del Giglio nel gennaio del 2012.

    Ho definito (fuori tempo massimo) le  tragiche informazioni di Presa Diretta perché pochi ma buoni giornalisti, tra cui Patrignani, capirono subito – bastava informarsi – e coraggiosamente divulgarono la verità dei crimini economici che il Sud Europa stava subendo da parte delle lobby finanziarie sempre più feroci e bramose di ricchezza.

    Nel libro di Patrignani Diversamente ricchi; via d’uscita da un modello di società creato dal neocapitalismo finanziario, pubblicato nel luglio 2012, erano stati inseriti molti interventi appassionati ed incisivi, come questo dell’economista Bruno Amoroso professore emerito dell’Università di Roskilde, finalmente apparso ieri sera nella trasmissione di Riccardo Iacona .

    «Quindi insisto, – scrive Amoroso nel libro di Patrignani – questa non è una crisi finanziaria, ma il risultato di politiche programmate per realizzare l’esproprio dei risparmi di milioni di persone, nei Paesi europei ma anche a livello mondiale. Più che di crisi si tratta di una truffa, di un esproprio organizzato dai sistemi finanziari accompagnati da misure legislative tutte funzionali a questo esproprio». Più chiaro di così!

    Certamente in una società guidata da individui del calibro etico di Riccardo Lombardi questo non sarebbe accaduto. Certamente la politica craxiana, nel suo senso più ampio, ha invece aperto le larghe brecce dentro le quali si sono infilati i killer finanziari.

     Eppure Riccardo Lombardi e Bettino Craxi erano entrambi socialisti … o meglio hanno appartenuto e sono stati dirigenti al disciolto e dissolto partito socialista.

     Ed è questo infatti l’oggetto del contendere proposto nel post face book di Patrignani che riporta una frase presa a prestito da La repubblica nella quale Valdo Spini, che fu vice Segretario nazionale del Psi dal 1981 al 1984 parla di  « “Quella battaglia per un Psi diverso” e rimarca come la storia del Psi non è fatta solo da Bettino Craxi, ma da galantuomini come Sandro Pertini, Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti… » Ovviamente, creando la categoria dei galantuomini, si dice esplicitamente che Craxi non era un galantuomo. Mi sembra chiaro.

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    Da qui è nata una contesa tra craxiani e non che, pur nel suo complessivo svolgimento avvincente ed apprezzabile,  ha assunto a tratti toni da Bar dello Sport … e sì li si son viste cose che voi terrestri …

    Però è stato molto istruttivo entrare in quel bar-post-face book perché mi sono reso conto del modo in cui molte persone, non tutti ovviamente, (poi vi metto il link del post così capite meglio di cosa parlo)  gestiscono il proprio “pensiero politico”  che si palesa nelle loro espressioni verbali. Espressioni verbali a volte che si avvicinano moooooolto ai paradigmi delle tifoserie che si assetano  alla fonte del Corriere dello Sport et similia.

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     Tifosi argentini esultano per il gol di Maradona

    (al centro Videla)

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    Mi son reso conto, l’ho anche scritto in un commento, che i craxisti sono i progenitori dei grillini, nel senso che  hanno tutti un comune denominatore:  l’offesa immediata. In pochi minuti sono stato tacciato di cecità, eccesso di zelo, incapacità di perspicacia, di essere compare di non si sa chi … c’è stato persino un tizio insuperabile che dopo avermi detto, con un linguaggio da gentlemen,«… lei spaccia per verità delle minkiate » in un impeto paranoide ha affermato «Qui ha a che fare con reduci della libertà e della democrazia» Sic.


    Dopo un paio di stizzosi inviti a zittirmi : «… e qui o si confronta con i post scritti da Alessandro Silvestri e Carlo Patrignani o e meglio che si ritiri in buon ordine» e «Chi considera Craxi un cancro non è degno di parlare di Socialismo» si finiva con un perentorio «Per favore, non ti inserire in discussioni che non sei in grado di comprendere.» Basta cambiare le parole in termini calcistici e vengono fuori frasi tipo «Chi considera Totti un cancro per la Roma non è degno di parlare di calcio» o «Per favore, non ti inserire in discussioni calcistiche che non sei in grado di comprendere.»

    Come potrete vedere dalla focosa discussione, grandi momenti di discussione politica venivano quasi vanificati, quasi,  da questo espressionismo  a metà strada tra il linguaggio naif e quello squadristico.

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    Inoltre, in quei momenti,  mi sono reso conto di stare come in una bocciofila in cui frequentatori assidui portano avanti  da anni esausti discorsi avulsi dalla realtà che li circonda. Un tipo curioso, usando termini mitologici che ricordavano le immagini di Romolo e Remo che succhiavano il latte dalla lupa romana, ha scritto  in un commento spassoso: «noi (…) che abbiamo puppato al seno della miglior tradizione democratica e libertaria che il mondo abbia avuto». Indicando così una chiusura all’esterno – un “noi” presuppone sempre un “loro” –  attuata forse per salvaguardare identità di appartenenza ad una gloriosa tradizione socialista non ben identificata, senza la quale il naufragio esistenziale è dietro l’angolo. Insomma la retorica non è certo stata elusa.

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    Ma è stato uno degli ultimi commenti raccolto stamani al mio risveglio a farmi decidere di scrivere ciò che sto scrivendo.

    Alle ore 9.30 A.R. postava questo commento:  «Gramsci è meglio lasciarlo perdere. E’ stato uno dei grandi intellettuali del Novecento italiano, ma non riesco a capire quale contributo possa dare oggi alla cultura politica socialista. Oltre a quello di Orsini, c’è anche quello di Franco Sbarberi. E sono sempre attuali le riflessioni e il dibattito svolto su Mondoperaio negli anni Settanta, con gli interventi di Bobbio, Salvadori e molti altri. O si è leninisti (e Gramsci lo era) o si è socialisti democratici.»

    Lì qualcosa è scattato … la mente mi diceva «No»

    No perché non è vero che Gramsci «Gramsci è meglio lasciarlo perdere.  – e che –O si è leninisti (e Gramsci lo era) o si è socialisti democratici.» Non è vero perché il pensiero gramsciano è molto più moderno e attuale della maggioranza dei pseudo pensieri e delle credenze politiche che agiscono la politica di questi tragici giorni. Non è vero perché il pensiero di Gramsci, come quello di ogni persona intellettualmente viva, non ideologica e dotata di onestà intellettuale,  era un pensiero in divenire, basta saperlo leggere e non nascondere qualche quaderno che smaschererebbe  alcuni sciamani della allora nascente sinistra italiana.

    Mi rendo conto che per alcuni di questi personaggi casualmente incontrati in questa avventura fasbukkiana è difficile concepire un pensiero in divenire. Questi se ne stanno lì nel loro Bar dello Sport con le loro ideuzze, cristallizzate dal tempo e dall’ignavia, adorando i loro stanchi dei scomparsi da tempo al di là del canale di Sicilia … come si fa a svegliarli da questo sonno letargico aonirico. Essi, non avendone esperienza diretta, non possono certo pensare al pensiero in divenire … arabo per loro… arabo con accento tunisino.

    Io invece posso cercare di capire, con l’aiuto di ciò che Carlo Patrignani ha saputo recuperare del vero pensiero storico della sinistra,  il senso profondo della parola socialismo che ha per imprescindibile sinonimo la parola uguaglianza. Questo per cercare di creare, come diceva Riccardo Lombardi, “una società diversamente ricca”.

    E così so che c’è il modo di far parlare in modo nuovo quelle voci  lontane : fare in modo che esse esprimano, con parole nuove e attraverso nuove idee, il loro potenziale che allora non poteva essere perché mancava loro ciò che giornalisti come Carlo Patrignani e l’economista Andrea Ventura cercano eroicamente di far capire alla cultura di sinistra: se non lo si rivitalizza con la “Teoria della nascita” dello psichiatra Massimo Fagioli, il socialismo, che ha, e deve avere, le sue radici innestate nel concetto di uguaglianza, rimarrà sempre una Fata Morgana di cui si favoleggia l’esistenza.

    Prendere i semi della sapienza da individui come Lombardi e Gramsci e pochi altri, tenendo conto del contesto storico e culturale in cui sono nati, e irrorarli con le idee contenute nella “Teoria della nascita” significa dar loro una vita che non hanno mai avuto. Che non hanno mai avuto perché il loro tempo è stato avaro di pioggia benefica e perché il terreno culturale fu troppo sterile. Ora quelle idee possono, debbono, avere la vita che è stata loro negata  e svilupparsi in rapporto con queste idee nuove nate da una mente che ha da sempre rifiutato ogni forma ideologica e religiosa.

    Come ho già scritto altrove, Patrignani nel suo libro Diversamente ricchi  è geniale perché individua nelle parole scritte già quarant’anni fa dallo psichiatra Massimo Fagioli la chiave per fuggire dai castelli incantati del marxismo, che non sa guardare oltre i bisogni materiali, e dal liberalismo senza più regole: « Bisogni ed esigenze. Le esigenze sono proprie della realtà umana. – scriveva Massimo Fagioli il 31 marzo del 2006 sulla rivista left – I bisogni, se non vengono soddisfatti, fanno morire il corpo. Le esigenze, se non vengono realizzate, fanno morire la mente (…) Senza equivoci; senza diversità nella soddisfazione dei bisogni del corpo che sono uguali per tutti; libertà nella realizzazione delle proprie esigenze originali in ogni essere umano. (…)  La libertà … la diversità è l’obbligo di essere esseri umani; ricreare la mente della nascita, sempre.»

    Scrive Andrea Ventura nel suo libro La Trappola : «Negli anni in cui all’interno della sinistra si ponevano i problemi che abbiamo esaminato, lo psichiatra Massimo Fagioli, in un volume pubblicato nel 1980, (Bambino donna e trasformazione dell’uomo N.d.R.) sviluppava una serie di considerazioni che hanno importanti implicazioni sulle problematiche che stiamo esaminando”. Inoltre alla luce della “Teoria della nascita”  di Massimo Fagioli è necessario ridiscutere “il ruolo che l’economia può svolgere per il benessere umano” in quanto questa deve coincidere con una ricerca che sottragga “la realtà non materiale umana” all’influenza della religione».

    Forse a questo punto dovremmo pensare a una possibile Utopia socialista non come luogo materiale certo e definito, non come panacea che, risolvendo i bisogni materiali, genera benessere, né tanto meno come paradiso ultraterreno, ma come … come dire, un sentimento, un sentire interno. Forse dovremmo prima immaginarlo come possibilità di rapporto profondo tra esseri umani uguali per nascita ma assolutamente diversi tra loro per identità, e poi creare o mutare luoghi fisici dove lo stare in comunità, il fare le cose insieme, magari facendo un po’ di ricerca, sia naturale come dovrebbe essere.

    C’è un bellissimo romanzo scritto nelle prigioni zariste da Černyševskij, capofila di quel socialismo utopistico che ha solcato la storia russa nel secondo ottocento: Che fare?. Egli, contrariamente agli ideatori di razionali Utopie, generatori di totalitarismo, non narra di luoghi perfetti dove, grazie all’annullamento delle passioni, si vive una “vita felice” come ne Il mondo nuovo di Huxley.

    Černyševskij nel suo romanzo rappresenta una stupenda immagine femminile che, attraverso la propria profonda realizzazione di identità, dà la possibilità, ad altri esseri umani di realizzare la propria. E, l’unico luogo utopico che appare nel romanzo, sta in un sogno della ragazza. L’autore russo parte dal lato opposto dell’ideologia: non descrive una società dove i cittadini sono tutti buoni grazie all’eliminazione della proprietà privata e a leggi razionali e giuste. Egli, al contrario, ci parla del rapporto uomo-donna. Da questo rapporto, dove vi è la ricerca della realizzazione identitaria di entrambi, scaturisce l’esigenza di una società profondamente umana e la possibilità di renderla reale. Černyševskij ha immaginato una storia dove la speranza e l’idea utopica di un mondo ideale diviene realizzazione di rapporto tra una donna e l’altro … diverso da sé.

     “Utopia reale” questo concetto-idea l’ho trovato nel libro di Patrignani ampiamente citato. Le due parole, che messe una  accanto all’altra danno al fonema “utopia”  una notevole forza e chiarezza semantica, sono prese dal titolo del libro di Miguel Ángel Sanz Loroño Islanda, un’utopia reale.

    Chiedo scusa a tutti se ho usato gli avventori del post di Carlo Patrignani per parlare di socialismo , ma a volte questo mio cuore, forse socialista, ma senza dubbio sempre a sinistra, non lo contengo …

    17 settembre 2013

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    Qui potete seguire la discussione a cui ho accennato che sta proseguendo in modo infuocato

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