• Cuba: lo sguardo straniero – quarta parte

      9 commenti

    Roberto Cursi 2

    “somos socialistas adelante adelante”

    di Roberto Cursi

     

    «e anch’io … ogni giorno all’Avana mi sento più giovane:

    l’amarezza del mondo la sento ogni giorno di meno

    nella mia bocca,

    le rughe sulle mie mani si cancellano un poco ogni giorno

    ogni giorno credo di più

    che la donna lontana pensi a me soltanto

    ha i capelli di fieno biondo, le ciglia azzurre,

     e ogni giorno per le vie dell’Avana canto

    più gioiosamente

    “somos socialistas adelante adelante”

     

    Nazim Hikmet, La conga de Fidel

     

    Leggi qui la terza parte

    Molte delle critiche nei confronti del Sistema cubano, in questi ultimi tempi, le abbiamo lette soprattutto attraverso i piccoli racconti che la blogger di Generación Y, Yoani Sánchez, propone da vari anni.

     

    Lavoro assolutamente complicato da svolgere continuando a vivere nell’ isola; sia per i disagi personali, che indubbiamente vengono creati nei confronti di chi denuncia pubblicamente questi fatti, e sia per le oggettive restrizioni che il paese adotta per l’ accesso alla rete. (da alcuni mesi la Sánchez ha avuto la possibilità di uscire dal suo paese N.d.R.)

     

    Quindi, ammiro molto il suo coraggio, ma per questo non posso esimermi dal fare una riflessione critica riguardo ai contenuti di qualche suo articolo.

     

    Cercherò di farlo in punta di piedi, con la massima considerazione che posso avere nei confronti di una persona che ha la forza di denunciare, rendendole pubbliche attraverso il suo Blog, tutte le storture, le restrizioni, i privilegi di alcuni o i soprusi subiti da altri.

     

    Devo dire però, secondo il mio punto di vista, che nei suoi articoli di denuncia, anche  se utilizza una scrittura “leggera”, lei riesce ad “amplificare” e “drammatizzare” il fatto realmente accaduto, coinvolgendo emotivamente il lettore anche su quei fatti di “minore importanza” che, accadendo qui da noi,  passerebbero inosservati per il ripetersi quotidiano degli stessi, mentre, essendosi svolti a Cuba, ci appaiono in tutta la loro drammaticità.

     

    A me sembra che Yoani Sánchez, a volte, faccia di tutto per rendere il più possibile responsabile il “sistema cubano” di tutte le criticità che in quel paese si vivono, di qualsiasi genere esse siano; questo è senz’ altro vero in alcuni casi, ma in tanti altri sono solo esclusivamente singole responsabilità individuali, e non si può dare sempre la colpa al “sistema”, come qui da noi si faceva negli anni ’70.

     

    Paradossalmente, leggendo i suoi articoli, spesso verrebbe da pensare che, sparito il socialismo a Cuba, causa di tutti i mali, si arriverebbe alla realizzazione dell’ “Uomo Nuovo”. 

     

    Detto questo, io spero che lei riesca a continuare a scrivere e a farci conoscere queste realtà della società cubana, e che riesca a farlo sempre più liberamente.

     

    Comprendo perfettamente la sua posizione e il suo stato d’ animo dopo aver vissuto quasi quarant‘anni in quel paese senza poter viaggiare liberamente e pagando sulla propria pelle, come tutti gli altri cubani, le molte conseguenze negative che quel sistema ha prodotto, sia per cause interne che per cause esterne al paese.

     

    Ma quello che mi lascia un po’ perplesso, non sono tanto i suoi articoli che, conoscendo la realtà cubana, non mi stupiscono più di tanto; ma i commenti e le delusioni che ne scaturiscono da chi quegli articoli li legge.

     

    In alcuni scritti della bloguera cubana si trovano denuncie di forte restrizione alla libertà di informazione, di libera associazione di “movimenti della società civile”, di partecipazione democratica alle scelte politiche del paese, ecc, ecc..

     

    Marx-Lennon

    Ragazzi, … noi tutti ci meravigliamo, ma qui devo ripetermi, queste cose  non sono altro che la messa in pratica della teoria marxista-leninista, che nel primo lungo periodo della presa del potere, riteneva necessaria una dittatura finchè non ci fosse stata la certezza che gli ingranaggi del sistema avrebbero girato da soli, senza più pericoli.

     

    Chiedo scusa se ogni tanto uso parole che sembrano così desuete da portarci indietro nel secolo scorso, ma purtroppo, per capire bene ogni cosa, si deve partire dalla realtà dei fatti, e questa è la realtà della storia cubana.

     

    Quindi, cerchiamo certamente di solidalizzare e sostenere le iniziative  della Sánchez per queste sue denuncie, sperando continui a farlo; condannando anche noi Cuba per queste sue iniziative repressive ma, secondo me, senza meravigliarci più di tanto che questo sia accaduto in passato e continua, anche se con sempre minor frequenza, a verificarsi anche oggi. 

     

    cuba-party

     

    Certo è che con tutte le cose da condannare che ci sono, per stare in sintonia con l’ atmosfera che si respira a Cuba, possiamo tranquillamente definirla  una “dittatura caraibica”, non paragonabile assolutamente ai regimi dell’Europa Orientale.

     

    È  normale, comunque, che tutto questo a noi sembri assurdo, e che non lo si condivida, ma ricordiamoci che è a questo sistema che molti di noi, fino a non tanto tempo fa, facevamo riferimento come unica speranza di riscatto e realizzazione umana.

     

    A questo punto, o dobbiamo avere il coraggio di dire che Cuba deve cambiare completamente, come è successo negli ex paesi socialisti, ora fagocitati dal neo-liberismo, oppure deve cercare come a piccolissimi passi si sta provando, di realizzare quelle riforme che non sono di facile gestione all’interno dell’attuale sistema “statico”; la società cubana deve certamente intraprendere una via economico-sociale alternativa, che ancora nessuno di noi sa bene quale possa essere e come si possa realizzare.

     

    Insomma, … impresa alquanto difficile.

     

    E quindi ritorniamo alle nostre delusioni personali nei confronti di Cuba che non è riuscita  a realizzare quella trasformazione dell’ essere umano che il Socialismo si prefiggeva.

     

    «come racconta anche Yoani Sánchez la bloguera cubana di Generacion Y , le donne hanno continuato a subire violenze dai machios cubani, i bambini ad essere abusati da padri, nonni, vicini di casa, e venduti ai turisti pedofili, e nelle strade e spiagge de L’Avana esseri umani vendono se stessi ai nuovi yankees che ora parlano in italiano».

     

    Ripropongo questa frase già citata di Giulia De Baudi, che si riferisce all’articolo della Sánchez, ¡Con nuestros hijos no!, perché, in primis, vorrei prendere personalmente le distanze da queste parole che, esposte in questo modo ed isolate dal loro contesto, danno un’immagine di Cuba completamente alterata; al punto di farla sembrare uno dei posti più degradati al mondo, dove la dignità umana è sparita e la violenza e la “malattia mentale” spadroneggiano.

     

    Io posso assicurare che non è assolutamente vero.

     

    Sotto questo aspetto, Cuba, non è certamente tra i paesi più esposti a questi fenomeni, … anzi!

     

    Questo non vuole dire che non esistano i casi sopra denunciati, ma posso confermare che, a parte il fenomeno del “jineterismo”, sono assolutamente marginali, e soprattutto imparagonabili con i casi di violenza e abusi minorili che si verificano nel nostro paese.

     

    È  vero che a Cuba l’ informazione cerca di non denunciare questi fatti, ma le acquisite conoscenze che ho di quel paese e i rapporti con i cubani, mi consentono di fare queste affermazioni.

     

    Quello che invece negli articoli della Sánchez corrisponde a verità, sono i continui piccoli furti e le piccole “corruzioni” che nei posti di lavoro i cubani esercitano frequentemente, con un ingegno imparagonabile. Cose che, in maniera diversa, accadono anche in Italia. 

     

    Però la differenza sta nel fatto che i cubani lo fanno per pura sopravvivenza, mentre da noi si fa per meschina avidità. 

     

    mail.google.comMa comunque, anche se tutto quel degrado morale non è assolutamente così diffuso, in  molti rimane la grande delusione che quella speranza  di vedere realizzare la trasformazione umana negli individui non ci sia stata.                                                    

     

    Io torno a ripetere che, secondo me, questa delusione dipende molto più da tutte quelle speranze e aspettative che noi avevamo riposto nel Socialismo, e in particolar modo nel “contenitore” Cuba, che dalla reale possibilità che quel sistema potesse realizzare quel sogno in così poco tempo.

     

     Tralasciamo qui il fatto che probabilmente molti di coloro che leggeranno questo articolo hanno già preso consapevolezza che il marxismo, con tutti i suoi nobili propositi, avrebbe comunque fallito o avuto dei fortissimi limiti nel riuscire a realizzare “l’uomo nuovo”. Questo perché il marxismo ha accantonato sul nascere tutta quella ricerca sulla realtà psichica umana che è fondamentale per tale trasformazione.

     

    Ma proviamo invece a far finta che la prassi marxista avesse in se tutte le potenzialità per realizzare quel fine. È qui che secondo me vengono fuori le nostre contraddizioni.

     

    Si critica lo stato cubano di essere troppo invadente e restrittivo nella libertà di opinione  dei suoi cittadini; in un articolo fortemente critico sul Che ho letto che egli «esautorò i sindacati e stabilì la fine dell’autonomia dell’insegnamento universitario»; che nelle scuole, sin da piccoli, si cerca di influenzare “ideologicamente” i bambini; ho letto che nei C.d.R. – comitati di difesa della rivoluzione –  (ogni piccola area di un quartiere ne ha uno, composto dagli stessi abitanti) si è condizionati nei comportamenti per paura di negative opinioni da parte dei vicini; e potrei continuare con esempi simili che portano a criticare questi fatti – anche se attualmente queste realtà a Cuba sono cambiate; il sitema è meno rigido e l'”indottrinamento” da parte dello Stato nella vita dei cittadini è molto poco invasivo.

     

    Ma se noi siamo delusi che il Socialismo a Cuba, dopo 54 anni, non sia riuscito a realizzare una trasformazione profonda nell’ essere umano, non possiamo poi criticare quelle cose appena descritte.

     

    Quelle erano, e sono, degli interventi da parte dello Stato nel cercare di cambiare abitudini e mentalità nella popolazione, la quale era partecipe di un esperimento storico: la realizzazione di una nuova forma di società, passando attraverso l’abolizione totale di quella precedente, con il fine della trasformazione dell’individuo.

     

    Poi noi possiamo e dobbiamo condannare quelle forme di intervento, ma quello, in buona fede, era l’intento; anche perchè, se possiamo dire che la traformazione individuale non si realizza certamente tramite la mano dello Stato, anche se indubbiamente ciò aiuta, con altrettanta certezza possiamo dire che non avviene nemmeno per opera dello Spirito Santo.

     

    In più, ricordo un’ultima cosa banale, sulla quale in molti non si fermano a riflettere, e in cui la matematica ci aiuta.

     

    Dal trionfo della Rivoluzione nel 1959 ad oggi, sono passati 54 anni.

     

    Chi oggi a Cuba ha 80 anni, nel ’59 ne aveva 26, e ci sono ancora tantissimi ottantenni in quell’isola, dove l’aspettativa di vita, nonostante tutto, è tra le pù alte al mondo.

     

    Avere 26 anni, in quel periodo, – il Che ne aveva 31– significava essere già uomo adulto, con una personalità già consolidata, con alle spalle genitori e anche nonni che si erano formati in una società con fortissime diseguaglianze sociali, una forte discriminazione verso i neri, moltissimi di loro per necessità ladri, e le donne prostitute; mentre con la Rivoluzione, l’integrazione e l’uguaglianza razziale tra bianchi e neri, è stata immediata.

    R.Cursi 22A

     Una società che solo 73 anni prima aveva abolito la schiavitù, e magari i nonni di quei ragazzi di 26 anni erano nati sicuramente da genitori schiavi.

    A L’Avana la mafia, la corruzione e la micro-criminalità erano cose di tutti i giorni; nelle aree extra urbane c’ era un alto tasso di analfabetismo, … e potrei continuare.

     

    Non c’erano certamente solo cose negative, ma nel 1959, quando trionfa la Rivoluzione, Fidel Castro insieme ai suoi compagni, prende in mano un paese che aveva all’interno realtà sopra descritte e cerca di cambiarlo “rivoluzionandolo” dalle fondamenta.

     

    Ora, …con tutta la buona volontà, come si può pensare che la “Politica” di uno Stato possa riuscire a trasformare  positivamente la realtà umana di tutta quella parte di cittadini cubani che appena pochi anni prima vivevano e avevano relazioni sociali e interpersonali così violente e malate.

     

    Da un lato ci si stupisce che questo non sia avvenuto, dall’altro si critica fortemente qualunque atteggiamento invasivo da parte dello Stato cubano che cerchi di correggere e trasformare quel tipo “cultura” e relazioni sociali.

     

    Se si dà la responsabilità al “sistema” per non essere riuscito a cambiare gli individui, nello stesso tempo non lo si può condannare totalmente per la sua politica di invadenza nella vita sociale e culturale del paese.

     

    Ma anche se, per gioco, accettassimo in toto l’ intervento invasivo dello Stato nella vita dei cittadini, e facessimo finta che la teoria marxista sia veramente l’unica strada per la trasformazione e realizzazione umana degli individui, potremmo pensare che questo porti uno Stato, in un trascorso di appena due generazioni -55anni-, a realizzare quel processo che invece Cuba “deludendoci così tanto” non ha saputo mostrarci?

     Marx-V

    Io penso proprio di NO!

     

    Perchè tutti noi sappiamo quanto è duro e faticoso il percorso individuale per quelle singole persone che, nella loro vita, si impegnano quoditianamente in una ricerca per la propria trasformazione e realizzazione, nel senso umano dei termini. Quindi, secondo me, è impossibile che in così pochi anni uno Stato, utilizzando il suo sistema socio-economico, riesca a far fare un simile salto ad una intera popolazione, e portarla ad una “ideale trasformazione” della propria realtà  umana.

    Invece posso tranquillamente accettare l’affermazione che il marxismo, con la sua teoria, non riesca, pur con il suo nobile intento, a vedere realizzato quello che sperava, cioè “l’uomo nuovo”; a prescindere dagli anni che questo necessiti per realizzarlo.

     

    È per tutto questo che io continuo ancora a pensare che quelle grandi delusioni, che noi attribuiamo al fallimento cubano, non siano altro che nostre proiezioni di propri sogni, di proprie utopie e di proprie speranze di … un possibile mondo migliore. 

     

    Quella speranza che tutti gli esseri umani hanno per nascita e che, purtoppo, crescendo, solo alcuni riescano a portarsi dietro.

     

    Roberto Cursi 9

     Io penso che tutto questo lungo discorso possa essere in parte sintetizzato bene da mie vaghe memorie di un lontano film del 1997, di Davide Riondino, Cuba Libre – Velocipedi ai Tropici.  In quel film, una delle interpreti femminili, Sabrina Guzzanti, arrivata a Cuba tramite una organizzazione di volontariato nelle scuole, incontra un uomo; il quale, basco in testa, barba incolta, sguardo intenso, insomma, tutto per somigliare al Che, la fa innamorare, facendosi passare per un ex rivoluzionario e recitandole bellisime poesie.

     

     Ma alla fine lei viene a scoprire che lui è “soltanto” un semplice bidello di una scuola, e che mai aveva vissuto quelle avventurose storie che le aveva raccontato. La donna viene sopraffatta dalla rabbia, e poi dall’ immensa delusione causata da quell’immagine che non corrispondeva più a quello che lei aveva sempre creduto di trovare.

     

    Allora gli chiede perché lui l’avesse ingannata; e da quelle vaghe immagini che emergono dalla mia memoria, posso solo cercare di riportare il senso della sua risposta usando mie parole.

     

    «Perché a voi piace immaginare che qui a Cuba siamo tutti rivoluzionari, romantici idealisti, artisti e poeti. É questo che pensate di trovare quando arrivate su quest’ isola.

    E invece no, purtroppo anche da noi c’ è gente “qualunque”.

    Anche qui a Cuba esistono i bidelli, … come me; e poi i muratori, gli spazzini e i panettieri; … e forse non ti sembrerà vero, ma c’è anche chi è triste e chi sta male.

    Ma non era certamente questo che tu sei venuta cercare a Cuba. Tu eri qui per trovare i tuoi sogni, le tue utopie, … e le tue speranze. E quelle, io, volevo darti!»
     

     

    Roberto Cursi 8

     

     P.S. È vero, a Cuba c’è chi è triste e chi sta male ma, a differenza nostra, a loro basta poco; qualche nota di “Son cubano”, e la loro “vitalità”, sempre e comunque, come vedrete nel video qui sotto, riesce anche ad essere amica di una anziana signora di ottantanni.

     

    … E allora, salutiamoci in allegria!

     

    HASTA  LUEGO, COMPAÑEROS

     

     

    Le foto dell’articolo sono di Roberto Cursi

    Leggi qui un articolo/risposta di G.C.Zanon

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    • La prima cosa che ho pensato appena finito l’articolo e’ che sei un grande! Tutti e 4 gli scritti sono di una grande concretezza. Hai analizzato la storia, la vita, la cultura di una società con una chiarezza e realismo che mi portano a condividere tutto quello che dici.
      Posso aggiungere che i Cubani ci vedono leggendo l’articolo della Sanchez che hai citato, come la terra dei pedofili e perversi che vanno a Cuba a violentare donne e bambini, i nuovi yankee. L’Italia nel mondo è rappresentata come la terra della mafia, della corruzione e perversi. E’ la verità del popolo italiano ho solo di alcune persone?
      Rispetto alla delusione, ti viene se non vedi le realtà dell’altro in profondità. Più sei “cieco” e’ più vai incontro a delusioni. Non vedere la realtà storica e le sue evoluzioni, come hai detto te benissimo, ti porta a proiettare i tuoi sogni e speranze nell’altro. Qui in Italia Bersani e’ stato una grossa delusione, ma c’era da aspettarselo, visto quello che diceva, faceva e chi frequentava. Bastava informarsi meglio sulla rete, ma non aver voluto vedere, e’ colpa mia. La ricerca di cambiamento con il socialismo sarà bello, emozionante, ma se non si fa la ricerca sull’essere umano, sulle sue dinamiche, anche il socialismo porterà a delusioni.
      Grazie
      Emilio

      • Ciao Emilio,
        mi fa piacere che che hai trovato negli articoli da me scritti, quella mia intenzione di provare ad esporre le varie “sfaccettature” della realtà cubana -naturalmente sempre secondo il mio punto di vista-.
        L’intento era quello di dare più elementi possibili per potersi confrontare, tra chi ne ha voglia, su un tema -come quello della società cubana- che suscita sempre “forti passioni” sia nel bene che nel male; e queste forti passioni, a volte, se non si hanno elementi “oggettivi” su cui poterle esprimere, possono portare in se il rischio di alterare ancor di più quello che, invece, la nuda realtà ci svela.
        Come avrai visto, già c’ è stata una risposta di Gian Carlo Zanon con il suo articolo, abbastanza discorde riguardo a quelle mie opinioni sulla blogger cubana Yoani Sánchez.
        Quindi il confronto continua, sperando che ognuno di noi possa contribuire a suo modo, e secondo il proprio punto di vista, a far comprendere sempre di più quella “storia cubana” che ancora, dopo tanti anni, nel bene e nel male, ci appassiona.

        P.S. Certo che dopo le tue condivisibili riflessioni che hai lasciato nel commento, soprattutto quando parli di delusioni e di “cecità” nel vedere la profondità dell’altro, ….concludere in ultimo, parlando di Bersani!!!???

        Roberto

    • Delusioni … Illusioni

      Buongiorno a tutti, intervengo in “difesa” dell’illusione. Anch’io come Emilio Rivetti, se ho capito bene, ho alienato una piccola parte di me quando sono andata a votare per Bersani. Anche per me, come scrive Emilio è stata “una grossa delusione” e, come scrive Emilio, anch’io poi mi sono detta che “visto quello che diceva, faceva e chi frequentava” avrei dovuto saperlo. È stata un’ illusione . Poi c’è stata una apertura d’occhi, una separazione … tutto quello che succede a chi si innamora e poi viene deluso. E allora che si fa? non ci si innamora più? Sia nel caso di Bersani sia nel caso del mito Cuba, del Che, ecc., l’illusione è stata alla fine vitale e comunque je ne regrette rien . Una volta un saggio amico mi ha detto che sono meglio i rimorsi che i rimpianti. Si ha rimorso per ciò che si è fatto magari sbagliando ; si rimpiange ciò che non si è fatto. L’innamorarsi sta nella natura delle cose, e non è poi tanto grave. Dopotutto mica mi sono innamorata di Berlusconi o di Casini …

      L’uscire con le ossa rotta da un innamoramento, se ne è a valsa la pena, e se si hanno gli strumenti atti alla difesa della propria profonda realtà interna, non può essere visto tragicamente e nessuno può dire, come fa Roberto, che di Bersani non ci si doveva innamorare. Io rivendico il mio innamoramento perché quell’ennesima delusione mi ha donato una visione dell’altro più profonda e un altro Bersani non mi farà più innamorare, come non mi fanno innamorare Civati e Cuperlo pur se sono, penso, spero, di gran lunga migliori del bischero fiorentino. Diciamo che ora sono politicamente una single … e vi ringrazio per queste vostre lettere e articoli che sono stati eccezionali stimoli … a presto

      Jeanne Pucelli

    • Ciao Jeanne.

      Volevo dirti che la mia era solo una battuta di chiusura al commento.

      Battuta che mi è venuta istintiva, per il fatto di trovarmi improvvisamente davanti l’immagine di Bersani, appena dopo aver letto gli interessanti passaggi che un attimo prima Emilio scriveva. Non l’ho scritta assolutamente per “accusare” chi si era “innamorato” di Bersani; figuriamoci se io penso che ognuno non può essere libero di innamorarsi di chi vuole.
      Invece l’ho fatto perchè avevo sentito “dissonante” quell’ immagine inserita in quel contesto.

      Ti dico anche, come puoi immaginare, che io condivido tutto quello che hai detto sull’illusione, la delusione e la separazione; ma l’unica cosa che non condivido é la tua frase che afferma: “…e nessuno può dire, come fa Roberto, che di Bersani non ci si può innamorare”.
      Non la condivido per il semplice fatto che “io non l’ho detto”.
      Sicuramente nella mia battuta, oltre alla motivazione che ho già descritto, si può senz’altro cogliere che da parte mia questo “innamoramento” non c’era stato; ma da questo, a farmi dire che “nessuno si può innamorare di…” ……..

      Invece, involontariamente, questa affermazione che contestavi a me, tu la fai: “…e un altro Bersani non mi farà più innamorare,come non mi fanno innamorare Civati e Cuperlo…”
      Questa tua frase ha in sé il convincimento che di quelle persone, uno può anche permettersi di non “innamorarsi”.
      Quindi, sicuramente, anche tu pensi che non ci si può innamorare di tutti; ma questo tuo pensiero non vuole togliere certamente la libertà agli altri ….di poterlo di fare. Così era anche il mio pensiero.

      Io so che in questo contesto “il parlare di Bersani”, per tutti noi, è solo una scusa per poter esprimere i nostri pensieri “più profondi”.

      … Ma il tutto, non era iniziato da quell’articolo di Loretta Emiri che parlava di una coppia in crisi in viaggio a Cuba?

      Un abbraccio.

      P.S. Anche io ringrazio infinitamente tutti quelli che, come te, partecipano con le loro idee e i loro pensieri alla Vita di questo magnifico “Diario Polifonico”, che da la possibilità a tutti quelli che lo vogliono, di esprimersi, confrontarsi, …. e farmi crescere!

      • Appunto, come sul primo articolo della Emiri, sempre di delusione, di apertura d’occhi e di separazione si parla … comunque eccitata dai vostri discorsi ho mandato una articolo al Diario Polifonico, in cui ho inserito parti del mio commento di ieri, spero che me lo pubblichino … Lì rispondo alle tue domande … spero

        Hasta siempre
        Jeanne P.

    • Hola
      ho finito citando Bersani perchè in questo momento quando penso a delusioni subite penso a lui, al PD, ma soprattutto a me che non ho avuto il coraggio di vedere prima certe dinamiche. Chiudo questo argomento e parliamo di cose molto più affascinanti.
      Le cose che mi interessano ora è capire la società cubana, la delusione che uno riceve dalle sue aspettative.
      Condivido la tua esposizione che non c’è un fallimento nel Socialismo di Castro, c’è un esperimento che si basava su teorie marxiste, ora quell’esperimento deve andare avanti. Il marxismo come dicevi tu ha cercato nella realizzazione materiale l’uomo nuovo. Ora l’uomo nuovo si deve basare sulla realizzazione di esigenze.
      Il fatto che il Governo cubano si è aperto in questi ultimi anni in molte cose: nel permettere il libero mercato a tante attività professionali; permettere internet a tutti, anche ai cubani; se la Sanchez si può permettere di dire tutto quello che dice è anche perchè Loro lo permettono; gli omosessuali non sono più perseguitati; l’Onu per la 19° volta chiede la fine dell’embargo americano, con 187 voti favorevoli e due contrari, chi saranno i contrari, usa e israele, ma va!. Tante aperture che fanno capire che il governo voglia cambiare. Cambiare però senza cadere nel liberismo sfrenato tipo Cina o Russia, dove c’è uno sfruttamento umano vergognoso. Stanno cercando di creare una società dove libertà e uguaglianza stanno insieme. Il capitalismo libero o l’uguaglianza comunista sono fallite. Unire libertà e uguaglianza è il sogno di una nuova società. Sicuramente a Cuba mancano tante cose tipo libertà di informazione, soprattutto una nuova classe politica, ma in questi giorni vedendo vari siti cubani ho scoperto di moltissimi blogger che riuniti in un convegno comune, stanno cercando di cambiare la vecchia rivoluzione con una nuova rivoluzione socialista,
      http://desinformemonos.org/2013/10/los-otros-blogueros-de-cuba/
      Questi non condividono la blogger Yoani Sanchez, come non la condivido io per l’eccessiva esaltazione per ciò che non va a Cuba. Ti informo che da poco sto studiando lo spagnolo, quindi sui siti cubani vado ad intuito e con l’aiuto del traduttore google.
      Forse sono troppo ottimista e un sognatore incallito. Ma Hikmet diceva
      «La vita non è uno scherzo./Prendila sul serio/ma sul serio a tal punto/che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi/non perché restino ai tuoi figli/ma perché non crederai alla morte/pur temendola,/e la vita peserà di più sulla bilancia».
      Hasta luego, companeros
      Emilio

    • Emilio, mi dispiace di non aver visto prima questo tuo commento che leggo solo ora dopo undici giorni, ma non mi era più capitato di riaprire questo mio articolo.
      Ci tenevo comunque a lasciare una precisazione solo su una cosa che hai affermato, perché mi riguarda. Per il resto, come ho già scritto in un commento su un altro articolo, tutto quello che hai descritto sulla realtà cubana e sulla sua attuale trasformazione, lo condivido.
      La mia precisazione era al riguardo di una tua interpretazione su cose da me scritte; e l’hai espressa in questo modo: “Condivido la tua esposizione che non c’è un fallimento nel Socialismo di Castro, c’è un esperimento che si basava su teorie marxiste, ora quell’esperimento deve andare avanti.”
      Invece io penso che un fallimento nel Socialismo in generale, ed anche in quello di Castro, ci sia stato. Nel mio articolo, quando ho affermato che Castro ha solo cercato di mettere in pratica il marxismo-leninismo, e che questo cambiamento rivoluzionario di un sistema socio-economico era un esperimento “Storico”, non volevo intendere che non c’era stato un fallimento, ma tentavo di far capire che non era Castro e Cuba che dovevano deluderci così tanto, perché lì si stava sperimentando un nuovo sistema di società, cercando di seguire “alla lettera” le teorie marxiste-leniniste, nelle quali anche moltissimi di noi, in passato, avevano aderito convintamente. E quindi io spiegavo che, secondo me, non era Cuba che aveva fallito, ma erano quelle teorie in cui anche Castro credeva che, nella messa in pratica, si erano rivelate fallimentari.
      Che poi quell’esperimento possa servire per poter mantenere alcune di quelle cose positive che al suo interno si trovano e, ripartendo da esse, cercare di costruire un altro tipo di sistema, dove libertà e uguaglianza siano “il sogno di una nuova società”, tutti noi lo speriamo.
      Cuba, forse, a piccolissimi passi, sembra ci stia provando.

      P.S. Non conoscevo quel movimento de “los otros bloguero de Cuba” che tu ci hai segnalato. Approfondirò.

      Un ultima cosa: quando tu dici che ora, a Cuba, il governo “permette internet a tutti, anche ai cubani” bisogna aggiungere, a onor del vero, che non c’è una connessione al web nei propri appartamenti privati, ma questo è possibile solo in hotel o in centri appositi, dove tra l’altro, per il loro salario, ha un costo proibitivo, e solo in pochi possono permetterselo.

      Roberto

    • Ciao, Scusa il ritardo per rispondere al tuo commento.
      La tua precisazione chiarisce quello che volevo dire; ho sintetizzato un discorso molto complesso e tu lo hai esplicitato bene.
      Rispetto all’uso dei computer a Cuba posso raccontare la mia esperienza personale che ho avuto in posti diversi di Cuba: in 3 case particular dove ho soggiornato, in un’altra casa di una signora a Trinidad ed un italiano residente a Cienfuegos avevano tutti un collegamento con internet in casa. Che tipo di collegamento e di connessione hanno non lo so, ma questa mia esperienza mi fa pensare, che internet sia più diffusa di quello che si dice. Chiaramente non tutti se lo possono permettere, ma la realtà a Cuba è sempre diversa da quello che si sente nelle fonti ufficiali.
      Caro Roberto l’anno prossimo penso di ritornare a Cuba, mi farebbe piacere incontrarti, é possibile?
      Emilio

    • Non conoscevo questa possibilità di avere una connessione a internet anche negli appartamenti privati. Sicuramente penso non sia una cosa che si possa avere con una semplice richiesta. Ma, come dici anche tu, la realtà cubana a volte è così diversa da come “ufficialmente” dovrebbe essere.
      Per quanto riguarda la possibilità di incontrarci, certo che è possibile!
      Tramite la redazione de “I giorni e le notti” ti farò avere i miei contatti.

      Ciao.
      Roberto

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