• La sindrome di Bergerac

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    di Emo Bertraldino 

    Colgo l’occasione, offertami da M.me Sidonie Nádherny de Borutin, (leggi qui la sua lettera) per disquisire su questo antico tema della … come l’ha definito la signora? a ecco:«distanza più o meno impercettibile tra autore e personaggio» e sull’argomento dello pseudonimo che potrebbe anche divenire una specie di second life letterario all’interno del quale un individuo può impossessarsi di un’identità altrui o addirittura inventarsela magari facendo un collage con una moltitudine di individui conosciuti.

    Ma potrebbe anche essere una prassi molto liberatoria perché, gettare alle ortiche le proprie ingombranti identità culturali o pseudo sembianze identitarie, può divenire una possibilità creativa. Ma sento già certe vocine di certi psicologi che insinuano la possibile pericolosità di questa prassi creativa, io ne conosco alcuni che … lasciamo perdere che è meglio.

    Infine potrebbe essere una chance per far vivere la molteplicità dell’essere umano che in quanto tale non è, o perlomeno non dovrebbe essere, un monolite intrasformabile ma un essere in continuo divenire. Eraclito docet.

    A già … mi stavo scordando di una cosa importante: M.me de Buretin e anche gli altri lettori si chiederanno il motivo per cui sono io … a già … non mi sono presentato: mi chiamo Emo Bertraldino e sono … meglio, faccio il direttore editoriale, ad interim, di questa testata giornalistica. Dicevamo …  il motivo per cui sono io a rispondere a M.me e non il signor Adriano Meis – per precisare un mio umile sottoposto – è che egli da un paio di giorni è letteralmente scomparso dagli orizzonti redazionali.

    Non vorrei certamente denigrarlo anche se di lui si potrebbe dire che fa il ‘redattore’ più per grazia ricevuta che proprie capacità giornalistiche; inoltre è sicuramente un tipo poco affidabile dalle ignominose lacune culturali. Si dice persino che sia un assiduo frequentatore di sale da gioco dove pare, pare, si sia giocato anche il proprio nome che in realtà era, ora non rammento perfettamente, un nome tipo …  Matteo Pasqualini o qualcosa di simile.Tra l’altro la sua non affidabilità è confermata da questa ennesima sparizione dalla quale riemergerà prima o poi come ha sempre fatto … e pensare che sparla sempre di me definendomi  ‘il direttore inesistente’. Senti da che pulpito viene la predica!

    Ma torniamo a noi lasciando il signor Meis nel suo limbo; limbo che tra l’altro è stato anche soppresso da quel … signore che si affaccia ogni domenica, agghindato come una checca isterica, ad una finestra di un cortile di uno stato incistato nel cuore di Roma, gridando “sordi e orbi”.

     

    Questa faccenda dello pseudonimo io l’ho sperimentata già da  un pezzo: ricordo che scrivevo delle poesie d’amore per alcuni compagni acefali ma bellocci che volevano acquistare dei crediti … nel senso che volevano farsi belli agli occhi delle ragazze facendo finta di saper scrivere poesie, lettere poetiche e quant’altro. E allora venivano da me e io spesso scrivevo provando un non so che … forse quello che provava Cyrano nei confronti di Rossana, non so … sta di fatto che cominciai a chiamare questa mia propensione all’occultamento letterario  “sindrome di Bergerac”.

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    D’altronde anche grandi scrittori, come Italo Svevo (Ettore Schmitz) o Pietro Metastasio  (Pietro Trapassi)  – e non mi permetterei mai di annoverarmi tra questi – hanno scritto firmandosi con pseudonimi o eteronimi, come fece per tutta la vita Fernando Pessoa.

    Così scriveva Pessoa nel gennaio 1935 in una lettera ad Adolfo Casais Monteiro che lo interrogava sul senso dei suoi eteronimi: «L’origine dei miei eteronimi è il tratto profondo di isteria che esiste in me. (…) L’origine mentale dei miei eteronimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione. Questi fenomeni, fortunatamente, per me e per gli altri, in me si sono mentalizzati; voglio dire che non si manifestano nella mia vita pratica, esteriore e di contatto con gli altri; esplodono verso l’interno e io li vivo da solo con me stesso».

    E così i nom de plume Bernardo Soares, Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Álvaro de Campos, furono i Cyrano de Bergerac di Fernando Pessoa, e gli permisero di traghettare la sua fantasia letteraria da se stesso alla riva degli umani. In questo caso misurare la «distanza più o meno impercettibile tra autore e personaggio» è piuttosto difficile visto la molteplicità identitarie del poeta portoghese. E viene anche da chiedersi se Pessoa stesse facendo un gioco letterario e se ci fosse invece qualche anomalia psichiatrica in lui. Quello che sappiamo che era certamente un alcolista visto che morì per cirrosi epatica a soli 47 anni e quindi il suo stato psichiatrico non doveva essere dei migliori.

    Se fosse questo lo spazio si potrebbe anche affrontare il tema del disconoscimento della propria arte da parte degli artisti i quali preferivano alienarla alle muse figlie di Mnemosine piuttosto che vivere il conflitto lacerante di una realtà interna creativa, scampando in questo modo all’alcolismo o all’assunzione di droghe. E.A.Poe docet.

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    «Coloro che creano qualcosa dal nulla sono dei o demoni; la creatività non può appartenere alla realtà umana» così più o meno pensava chi scrisse l’Iliade e l’Odissea. Gli incipit sono molto eloquenti: «Cantami o musa del pelide Achille»; «Cantami o musa dell’uomo dal multiforme ingegno». Chi che nel VI secolo a.C., sotto il dominio dei tiranni Pisistrati , scrisse questi incipit entrati a far parte da 2600 anni nella tradizione scritta della cultura occidentale, credeva che Calliope, musa dell’epica, lo avesse invaso usandolo come mera cassa di risonanza. Questi scrittori ‘trascrissero’ i miti orali, che venivano già cantati da secoli dagli aedi nelle grandi case dei basileus e degli ἄναξ greci, annullando, o fingendo di farlo,  la propria creatività poetica.

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     Calliope, musa della poesia epica

    Non credo che oggi possa nuocere pubblicare i propri pensieri immergendoli nell’indeterminatezza di un nome rubato magari ad un personaggio letterario … quindi non mi resta cha augurare un entusiasmante “buon nom de plume a tutti” …

    6 febbraio 2012

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