• Le pillole per la biobontà ai tempi di eclissi del buon senso

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     di Giulia De Baudi

    Ai bambini, «manca un autentico pensiero altruista, una autentica cognizione dell’Altro» … però si può rimediare con la pillola della bontà … Sic!!!!

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     Scrivere un articolo che tratta di una vera o presunta scoperta scientifica per un giornale come il Corriere, mantenendo la “leggerezza dell’essere”, è come camminare su una fune a cento metri dal suolo senza nessuna protezione,  messaggiando gli amichetti del cuore. Ci è riuscito ieri sul Corriere (22.3.15) Paolo Di Stefano scrivendo Dimenticare Platone con la pillola della bontà.

    L’autore dell’articolo si diverte a dileggiare i ricercatori della University of California di Berkeley e San Francisco, che hanno testato su un campione di 35 persone un farmaco «in grado di produrre artificialmente sentimenti di bontà”.» I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology e «dimostrerebbero che il “tolcapone” contribuisce ad aumentare il tasso di equanimità per esempio nella distribuzione di denaro agli sconosciuti e a rendere più sensibili alle iniquità sociali.»

     

    Io devo stare attenta a scrivere di scienza. L’ultima volta un tizio convinto che la masturbazione fosse il massimo della vita voleva denunciare me e tutta la redazione. (leggi qui). Non posso neppure dire che “sta pillola è una bella bufala” come molte altre racchiuse nella bibbia della psichiatria internazionale – il DSM – giunta alla sua quinta edizione. (leggi qui) Non posso dire neppure che sono convinta che questa pillola faccia bene … soprattutto alla casa farmaceutica che la produce, qualche farmacologo potrebbe aversela a male!!!

    Ma posso rispondere alla domanda con cui P. Di Stefano inizia il suo articolo, «Si nasce buoni o cattivi?» con una frase de Il mercante di Venezia di W. Shakespeare incontrata all’inizio del primo libro di Massimo Fagioli Istinto di morte e conoscenza: «Dimmi, dove nasce la fantasia,/ nel cuore o nella testa?/ Come si genera, come si sviluppa?/ Dimmi, dimmi.///Dagli occhi si genera,/ s inutre dal guardare/ e muore nella culla dove vive./////Suoniamo a morte la campana della fantasia./ Din-don-din-don.» (1)

     

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    Si nasce buoni perché la fantasia, o meglio la “Pulsione fantasia/fantasia di sparizione alla nascita” (2), e l’acquisizione della “capacità di immaginare”, permette al neonato di “pensare” il rapporto con l’altro da sé con caratteristiche simili allo stato di benessere cutaneo (memoria fantasia dell’esperienza avuta,) avuto dal feto nel contatto con il liquido amniotico che non poteva che essere “buono”. Quindi non solo si nasce buoni, ma si nasce con la “speranza/certezza” dell’esistenza di un essere uguale a sé e quindi “buono/giusto” che lo proteggerà nei primi mesi di vita dalla violenza della natura matrigna (non umana). Lì, sin dai primi lembi di tempo, il neonato cimenta la propria identità umana in divenire – che sa cosa è buono/giusto/umano e cosa non lo è – con l’altro da sé. Altro da sé che confermerà o non confermerà questa certezza … inizia la dialettica con l’uguale-diverso da sé che, se non ha salvato la propria certezza/speranza dai marosi del rapporto interumano, cercherà di rendere il neonato “malato” e “cattivo” come se stesso. Se ci riuscirà “suonerà la campana a morte della fantasia”. Mi scuso con chi mi leggerà se non sono stata abbastanza chiara e rimando alla lettura dei libri di Massimo Fagioli in cui è disegnata la sua “Teoria della nascita” (3) che proprio in questi giorni è stata spiegata e dibattuta alla Conferenza internazionale di psichiatria di New York (vedi i video qui).

     

    Quindi si nasce “buoni/umani/giusti”. Naturalmente molti adulti che hanno perso tutta o parte di quella certezza neonatale, non la pensano così. Ricordo solo la cattiveria con cui i politici convenuti il 24 febbraio scorso al convegno del Pd “La Scuola che cambia, cambia l’Italia” hanno affrontato la creatività dei piccoli musicisti: anziché stare in silenzio ad ascoltare la Juni Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia composta da ragazzini, i politici convenuti non hanno trovato meglio da fare che coltivare quella schifezza che viene definita “pubbliche relazioni”, parlando ad alta voce e addirittura urtando i ragazzi, come ha scritto al Corriere la madre indignata di una di queste bambine “tornata a casa in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza” di umanità. Vista la ribellione della madre la bambina non avrà perso la speranza dell’esistenza della bontà nel genere umano ma è certo quegli “individui” ci hanno provato in tutti i modi possibili. Il cattivo non accetta il buono, o lo fa diventare cattivo o lo uccide. Il buono rifiuta il cattivo, cerca di renderlo simile a sé o si separa.

    La Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli e la dolorosa ribellione della bambina di fronte a ciò che ella identificava con “cattiveria”, contraddicono le interpretazioni dell’agronomo Massimo Recalcati poi approdato alla psicanalisi di stampo freudiano-lacaniano. Dal suo blog leggiamo che è «membro analista di Alipsi, Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi e di Espace Analytique. Quindi Recalcati fa riferimento alla teoria analitica di “quell’imbecille di Freud” – così viene spesso definito il cosiddetto scopritore dell’inconscio da M. Fagioli – e a Lacan che fu grande amico, vedi foto, del nazista Heidegger.

     

    125Heidegger e Lacan

     

    Massimo Recalcati, che dal 2006 è supervisore clinico presso il reparto di neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, in un articolo Così trasformano l’innocenza nel crimine più efferato, apparso su Repubblica il 12 marzo 2015, (leggi qui) parla del delitto compiuto dal bambino dell’Is visto da milioni di persone nel video mandato in rete dai criminali fondamentalisti.

    Rimanendo nel solco della cultura greco-cristiana e della scempiaggine freudiana egli parla di un bambino incapace di discernere il bene dal male e il buono dal cattivo. Inoltre il bambino recalcatiano non ha un’identità propria, né possiede pensiero critico.

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    «(…) il bambino può essere anche più spietato dell’adulto, perché non ha ancora metabolizzato simbolicamente il senso autentico dell’alterità. Il suo mondo è il mondo dei suoi genitori, della sua famiglia, del suo gruppo di appartenenza. La sua soddisfazione consiste nel soddisfare le attese degli adulti che ama. Egli è totalmente immedesimato all’ambiente in cui vive. Il potere del pensiero critico non ha ancora corroso — come accadrà nell’adolescenza — la sua vita.»

     

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    Inoltre il bambino recalcatiano è un fottuto narcisista rinchiuso nel proprio perverso solipsismo:

    «Se la dichiarazione assoluta di innocenza e di purezza ha un risvolto paranoico negli adulti perché attribuisce sempre la responsabilità del Male all’Altro, nei bambini, questa stessa innocenza e purezza, può diventare atroce perché manca in essi un autentico pensiero altruista, una autentica cognizione dell’Altro.»

    Trovo che questo di Recalcati sia un pensiero sui bambini terribile. Se penso che questo è il suo credo sui bambini che egli incontra durante le sue supervisioni presso l‘Ospedale Sant’Orsola di Bologna, rabbrividisco. Li osserva e pensa che siano dei piccoli mostri anaffettivi???!!!

    Ma dobbiamo dare atto a Recalcati che la sua visione dell’infanzia è ben legittimata da una larga fascia culturale proveniente sia dalla cultura greca: Telemaco non è nulla senza il padre con cui si identifica; sia dalla dottrina cristiana: “il bambino nasce con il peccato originale”; sia dal pensiero freudiano: “bambino polimorfo perverso”; sia dal delirio nazista heideggeriano: il bambino è gettato, come accade a tutti gli animali, nel mondo come ENTE cioè come “cosa” senza pensiero e solo se ha la fortuna di nascere sul suolo tedesco e di riuscire ad identificarsi con i genitori ariani può aspirare all’ESSERE. “Essere per la morte” – dell’altro naturalmente –, Essere che, non si sa bene quando, si infilerà nell’individuo ariano come una specie di spirito santo . Quindi il filosofo-psicanalista Recalcati è in buona compagnia.

    Vecchi e nuovi maître à penser vorrebbero costringere agli esseri umani a pensare senza attingere dal proprio vissuto affettivo vivendo le emozioni vivifiche del rapporto con i bambini, che, per quanto mi riguarda, sono batterie con le quali mi ricarico di quella parte di vitalità perduta nelle dialettiche sadomasochistiche con alcuni adulti con cui a volte sono costretta a convivere. Ma tant’è: dai pericolosi pentoloni filosofici che ricuociono millenari papponi venefici riveduti e corretti, si passa, alla psichiatria organica che si “inventa” la “pillola della bontà”.

    Mi rivivifica anche il brillante giornalista del Corriere che si chiede con ironia: «Dunque, tra poco verrà distribuita in tutte le farmacie del globo la «pillola della bontà»? Niente più stupratori e infanticidi? Niente più ladri e razzisti? Niente più concussori, corruttori e corrotti? (…) Il calo di bontà paragonabile alla disfunzione erettile. La si assumerà mezz’ora prima di strozzare un bambino, di violentare la vicina di casa, di rubare una mela al supermercato? Oppure basterà una lontana avvisaglia, un turbamento, per correre dal medico della mutua e poi nella farmacia più vicina?».

    25 marzo 2015 – 15,35

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    Note

    1) Massimo Fagioli, Istinto di morte e conoscenza, l’Asino d’oro edizioni. Edizione aprile 2010

    2) Le espressioni linguistiche:   “Pulsione fantasia/fantasia di sparizione alla nascita”; “speranza/certezza” ;capacità di immaginare”, “memoria fantasia dell’esperienza avuta”, appartengono alla letteratura psichiatrica e alla poetica di Massimo Fagioli e sono apparse nei suoi libri, su vari giornali e riviste tra cui left e Il sogno della farfalla.

    (3) «Il mondo non umano, per il neonato, non esiste. Esiste la memoria-fantasia della sensazione avuta nel rapporto della pelle con il liquido amniotico, che è creazione del corpo umano e certezza che esiste un altro essere umano simile a se stesso. E la nascita fa gli esseri umani uguali. Poi l’essere umano realizza la proria identità autonoma ricreando nella mente la separazione della nascita fisiologica».  Massimo Fagioli – Un fiume colore del sangue  – Left numero 11 2015. (nota aggiunta il 3 aprile 2015)

     

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