• «Je suis Charlie» … ma chi è Charlie? L’assurdo va in scena

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    Jeanne Pucelli

    Ripubblichiamo questo articolo pubblicato un anno e mezzo fa perché J.P. fu assolutamente preveggente: già scriveva della malattia mentale dei killer islamici e della censura in paesi come Turchia ed Egitto

    I clamori mediatici per gli attentati terroristici si stanno attenuando. Ho atteso qualche giorno, volevo capire o perlomeno avvicinarmi di più alla verità prima di mettere le dita sulla tastiera. I giorni passano, tutti strillano “Je suis Charlie”. Pare faccia fico!!!
    Scusate, non voglio fare la cinica. Qualcosa non va in questa pantomima in cui, non tutti, ma la stragrande maggioranza delle persone che urla la frase che fa fico, non aveva mai sentito parlare di Charlie Hebdo fino a che due malati di mente armati di religione e di kalashnikov non hanno fatto una strage nella redazione del giornale satirico.

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    Certo il grido “Je suis Charlie” che si leva è simbolico ed è un modo per dire che si è solidali con chi ha fatto della libertà di espressione la propria ragione di vita. Come non essere d’accordo … solo Simone Cristicchi sembra non averlo capito visto che condivide ciò che ha scritto Fabrizio Casalino  «Neanche io sono Charlie. Non siete Charlie. E neanche io. Charlie ha espresso idee profondamente libere, e offensive per altre religioni. Io no. Voi no. Voi siete quelli che si dichiarano laici e poi vanno a sposarsi in chiesa, perché mamma ci tiene. Voi siete quelli che non vanno a messa ma il figlio lo fanno battezzare, perché si fa così. E poi lo mandate a catechismo. O peggio, a messa ci andate. Non siete Charlie. Né io né voi abbiamo la libertà di Charlie, o il suo coraggio.». Casalino non ha capito la simbologia del gesto verbale però giustamente denuncia l’assurdità di gridare a sproposito “Je suis Charlie”.

    Certo si dovrebbe distinguere. Ci sono alcuni giornalisti, molto pochi in realtà, che possono ben dire “Je suis Charlie”, perché non solo fanno una battaglia quotidiana molto simile al giornale satirico francese, ma anche perché non vanno a sposarsi in chiesa perché mamma ci tiene, né fanno battezzare i figli e li mandano a catechismo. Si dovrebbe distinguere.

    Si dovrebbe distinguere anche tra chi, nella manifestazione di Parigi, poteva fregiarsi del titolo di Charlie e chi invece appariva come una enorme stonatura: naturalmente parlo di quei rappresentanti politici che assurdamente guidavano la marcia parigina per la libertà di espressione. È inutile dire che, in alcuni paesi rappresentati alla manifestazioni dai saltimbanchi della politica, un giornale satirico come Charlie Hebdo non avrebbe vita. George Wolinski se fosse vissuto in Russia sarebbe stato freddato in un ascensore come accadde ad Anna Stepanovna Politkovskaja. Ma a sfilare c’era il ministro degli Esteri russo Lavrov. Assurdo.

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    E che dire della presenza del premier ungherese Viktor Orbán, del premier turco Davutoglu, del presidente del Gabon, Ali Bongo, tutti nemici giurati della libertà di stampa e dei giornalisti stile Charlie Hebdo? Nei paesi governati da queste brave persone i Charlie Hebdo vengono, arrestati, uccisi, esiliati. Assurdo.

    Talmente assurdo che Reporters sans Frontières ha protestato contro la presenza nel corteo di Paesi come l’Egitto (al 159° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa 2014), Turchia (154°), Russia (148°) o Emirati Arabi Uniti (118°). «Come fanno i rappresentanti di regimi predatori della libertà di stampa a sfilare a Parigi?», si legge nel loro comunicato «È intollerabile che quanti riducono al silenzio i giornalisti nei loro Paesi approfittino di Charlie per cercare di migliorare la loro immagine internazionale», ha affermato il segretario di Rsf, Christophe Deloire.

    C’era anche Renzi che, a quanto scrivono alcuni giornali, sta preparando un pacchetto per ridurre ulteriormente la libertà di espressione giornalistica. L’Italia per la libertà di stampa si classifica al numero 49 dietro a paesi come Capo Verde, Ghana, Estonia, Giamaica, Costa Rica, Namibia. Assurdo

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    Una menzione speciale va al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Bibi per i suoi camerati, che non era lì per difendere la libertà di espressione – ci mancherebbe – ma per l’uccisione di quattro correligionari uccisi dal terzo terrorista, Amedy Coulibaly, nel minimarket kosher a Porte de Vincennes. Per la matematica occidentale : 4 morti ammazzati in un supermercato = terrorismo; 2000 ammazzati a Gaza = azione di difesa. Assurdo.

    Lo trova assurdo anche Luz, un vignettista superstite, : «Abbiamo visto sfilare tutti i nostri personaggi. Pure l’assurdità contro la quale ci battiamo, era alla marcia».

    E qui raggiungiamo veramente l’assurdo al cubo: come ha affermato Luz, i personaggi ridicolizzati dalla satira estrema di Charlie Hebdo sfilavano per difendere la libertà di stampa rappresentata dal giornale insanguinato che nei loro paesi non potrebbe resistere neppure una settimana. Non c’erano tutti i personaggi disegnati sulle pagine del giornale francese: mancava Maometto, la Trinità cristiana, l’ebreo che bacia il nazista, Ratzinger che convola a giuste nozze, ecc.

    Molti strillanti “Je suis Charlie”, credono che Charlie Hebdo facesse satira solo contro la religione islamica. Non è così, tutti i monoteismi venivano presi di mira. Lo vedete dalle vignette pubblicate in questo articolo.

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    E pochi strillanti “Je suis Charlie” sanno che il cammino della rivista satirica nata nel 1992 dalle ceneri L’hebdo hara-kiri è stata più volte chiusa per interventi ministeriali. Il caso più clamoroso accadde nel 1970 quando morì Charles de Gaulle: dieci giorni prima un incendio in una discoteca aveva causato 146 morti. In quell’occasione, l’Hebdo titolò in copertina «Bal tragique à Colombey – un mort» (Tragico ballo a Colombey [=residenza di De Gaulle] – un morto). A causa di ciò la pubblicazione dell’Hebdo hara-kiri fu bloccata dal Ministro dell’Interno.

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    Nel 1977 anche Calogero Venezia, direttore de Il Male, giornale di satira politica a fumetti molto simile a Charlie Hebdo, finì in carcere per vilipendio della religione e di un capo di Stato estero (il Papa), e alcune copie del giornale furono bruciate in piazza dal parroco di Spilimbergo, che lo giudicava «degno di essere precipitato tra il magma dei nostri italici vulcani, congeniale sede per simili ossesse pubblicazioni». Che dire? Assurdo.

    Ma ciò che fu e che forse sarà Charlie Hebdo lo possiamo vedere nei disegni irriverenti e pieni di ironia dei disegnatori francesi … guardateli e poi, solo poi decidete se siete veramente “Charlie”.

    14 gennaio 2015

    • Cito: ” Come non essere d’accordo … solo Simone Cristicchi sembra non averlo capito visto che ha scritto…”
      Mi permetta di correggerla: ha, con ogni probabilità, saltato le righe d’introduzione che Simone ha scritto citando le parole del comico Fabrizio Casalino e che qui vengono invece a Simone stesso attribuite.
      Semmai, quindi, è Casalino che sembra non aver capito.

      • Ha ragione, correggo subito mettendo in evidenza che Simone Cristicchi evidentemente è d’accordo con Casalino. ( se non è così qualcuno mi corregga) Sono stata fuorviata da un articolo non molto chiaro, mi scuso con lei e con i lettori.

        J.P.

    • Non è cosí, dato che Simone introduce le parole di Casalino dicendo: “sono un pugno nello stomaco, ma le pubblico lo stesso”. Forse l’è proprio sfuggito.
      Puó correggere, nuovamente, quindi.

      • Lohana “sono un pugno nello stomaco” non significa disapprovazione. Potrei dire “questo reportage è un pugno nello stomaco” ma questo non sarebbe un giudizio negativo. Il modo di dire “è un pugno nello stomaco” significa “è una cosa estremamente forte” ma va comunque fatta vedere. Se non ha altri argomenti io lascerei le cose così. Che ne pensa?

        J.P.

        • Pubblichiamo l’articolo in questione : “Poche ore fa è stato Simone Cristicchi a riportare l’attenzione sulle sue potenti e critiche parole, definendole “un pugno nello stomaco”. Il comico infatti non ci va per il sottile, evitando perbenismi, carinerie e parole smielate, anzi mette in luce il suo lato più duro e satirico sottolineando che la famigerata frase “Je suis Charlie”, condivisa in blocco dal popolo del web all’indomani della tragedia, è in realtà infondata. Casalino afferma infatti che nessuno, tra quelli che sostengono si avere le medesime opinioni del giornale francese, ha davvero il coraggio e la libertà di esprimersi pienamente per quello che è, dovendo sottomettersi a montagne di regole che cozzano l’una con l’altra. Ecco il messaggio in versione integrale.

          “Neanche io sono Charlie. Non siete Charlie. E neanche io.” Ecc Ecc.

          Cara Lohana noi non registriamo nessun richiamo negativo da parte di Cristicchi.

          Redazione di G&N

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