• Il de profundis della psicanalisi

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    Rimettiamo in primo piano questo post perché oggi sui giornali si è ricominciato a parlare di “crisi della psicanalisi freudiana.


    Oggi 4 marzo 2015 sulla Stampa un articolo a firma di Paolo Mastrolilli dal titolo Dio è morto, Marx è morto e anche la psicanalisi sta poco bene – Allarme da New York: è incalzata da surrogati come lo yoga e persino dall’iPhone Diceva : «(…) i numeri non mentono. Secondo uno studio Usa citato dal New York Post, dal 2003 ad oggi l’età media dei 3.109 analisti membri dell’American Psychoanalytic Association è salita di 4 anni, arrivando a quota 66. Significa che stanno diventando più vecchi, perché diminuiscono i giovani interessati a seguire le loro orme professionali. Ciò accade per un motivo molto pratico: stanno sparendo i pazienti. Tra il 1950 e il 1960, infatti, ogni terapista americano vedeva in media fra 8 e 10 clienti al giorno. Ora sono scesi a 2,75, quando va bene, perché molti di loro non hanno neppure un paziente da seguire.»

    dalla Redazione

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    Psicoanalisi: aspetti di una crisi annunciata

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    di Maria Tereza Mantovanini

     

    “PA. Tutti gli Istituti sono corpi esanimi; pertanto, come tutti gli oggetti inanimati, seguono leggi e principi che sono comprensibili nei limiti dell’intelletto umano. Tuttavia, poiché queste Istituzioni sono composte da persone e individui che sono suscettibili di sviluppo, l’Istituzione comincia a cedere alla pressione. (Bion, W. R., 1996).

     

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    Introduzione

     

    Nel 1994, quando ho iniziato il periodo di formazione presso la SBPSP (Sociedade Brasileira de Psicanálise de São Paulo), non avevo alcuna difficoltà a ricevere molti pazienti a quattro o più volte alla settimana, per lunghi periodi, in accordo con i modelli di analisi previsti dalla IPA (International Psychoanalytical Association). Nel 2000, quando il numero dei pazienti è cominciato a diminuire, ho attribuito il problema ad una difficoltà puramente personale. Ma, conversando con i colleghi, ho avuto modo di costatare che i consultori di psicanalisi, in generale, stavano affrontando problemi simili.

     

    Di fronte all’ampiezza del fenomeno, ho deciso di affrontarlo nella mia tesi di specializzazione (Mantovanini- 2007). A tal fine, mi sono limitata al Centro Clínico e de Pesquisa (CCP) . Questo istituto, composto da analisti già formati ed analisti in via di formazione orientati da professionisti più esperti, riceve pazienti interessati alla psicanalisi ma con scarsi mezzi finanziari per usufruirne. Ho scelto il Centro come laboratorio di ricerca in quanto, oltre ad offrire prezzi vantaggiosi e facilità di accesso, è frequentato da molti pazienti che si sono presentati alla prima intervista o hanno abbandonato il ricevimento dopo alcune sedute. Solo una piccola minoranza è rimasta in analisi per più di sei mesi.

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    Voci del Centro

     

    Ho iniziato la mia indagine intervistando i coordinatori dei gruppi e gli analisti del Centro cercando di mantenere una attenzione fluttuante, affinché i temi rilevanti emergessero naturalmente. Man mano che la ricerca avanzava, mi si è rivelato un panorama più ampio che mi ha portato a mutare il focus della ricerca e a centrarlo più sulla crisi della psicoanalisi.(3)

     

    Il direttore e i coordinatori dei gruppi hanno riconosciuto una diminuzione dei pazienti interessati all’analisi ed insistito sull’importanza che il Centro divulgasse la psicoanalisi nella comunità affinché non perdesse terreno in favore di altre scelte terapeutiche e né si restringesse all’analisi di formazione. Hanno sottolineato anche la necessità di attrarre pazienti, di modo da dare ai candidati la possibilità di completare la loro formazione analitica.

     

    I colleghi intervistati hanno espresso grandi aspettative di ricevere, per mezzo della selezione istituzionale, pazienti che volessero e potessero fare analisi secondo il modello da loro appreso in formazione. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i pazienti non si sono adattati alle condizioni del modello tradizionale di analisi e hanno interrotto la frequentazione. Vi era, quindi, uno sfasamento frustrante tra il desiderio di ricevere pazienti secondo i principi della formazione analitica e la realtà.

     

    D’altro canto, quando gli intervistati hanno tracciato il profilo del paziente che avrebbe accettato il modello tradizionale di analisi, hanno finito col descrivere individui con caratteristiche tanto idealizzate che, al limite, non avrebbero avuto bisogno di analisi se non per espandere la propria vita mentale, casi che sappiamo essere rari.

     

    Sebbene sia funzione propria del lavoro analitico analizzare e non sottomettersi ai desideri dei pazienti, anche analisti formati e in formazione si sentivano scoraggiati di fronte alle condizioni del modello di analisi imposto e sentivano il bisogno di mutare sia questo che le modalità di trasmissione della psicanalisi.

     

    I professionisti del CCP si trovavano pertanto ad operare con una pratica in via di trasformazione per la quale avevano bisogno di sviluppare nuove risorse teoriche, tecniche e di personalità. Questo obiettivo si rivelava ancor più complesso, considerando che la formazione analitica, poggiante sulla triade: analisi personale, corsi teorici e supervisioni, si basava esclusivamente sulle esigenze del modello tradizionale di analisi.

     

    Chiedersi se i criteri formali della tecnica identificata con “La Psicoanalisi” stavano continuando a collaborare per lo sviluppo di un pensiero indipendente creava dilemmi intricati. In conclusione, una volta completato il periodo di formazione dentro i modelli tradizionali, l’analista avrebbe potuto esercitare seguendo una prassi di formato diverso e continuare a chiamarla psicoanalitica? La crisi sollevata da queste domande persiste ancora.

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     Note su una crisi

    La psicoanalisi è un processo lungo e richiede investimenti che vanno aldilà delle condizioni materiali. “più chiaramente, la psicoanalisi è sempre questione di lunghi periodi di tempo, di mezzo anno o di anni interi – di periodi più lunghi di quanto il paziente spera”. (Freud, 1919, p.179). Nella mia ricerca di testi teorici sulla durata del processo analitico, ho incontrato solo un articolo di Jiménez (2006) in cui l’autore constata che la maggior parte dei pazienti abbandona le terapie analitiche dopo cinque o otto sedute. Se pur vero, questo dato non spiega la significativa diminuzione di richiesta di analisi riscontrata anche dalla stessa IPA, come vedremo in seguito.

     

    Alcuni autori vedono questo fenomeno come riflesso di cambiamenti culturali e psicopatologici. Ahumada (1997), per esempio, identifica la crisi della psicoanalisi con la cultura inerente alla società globale, che avrebbe sostituito la auto-riflessione con l’uso della mente “come muscolo” e espulso le eccitazioni invece di contenerle ed elaborarle. L’eliminazione del pensiero riflessivo provocherebbe ciò che l’autore, citando Gaddini (1992), chiama psicopatologie della gratificazione perentoria.

     

    Seguendo la stessa linea di pensiero, Rocha Barros (1999) ritiene che le crisi sono necessarie perché impediscono la stagnazione del sapere psicoanalitico. Ma segnala che, nella maggior parte dei casi, quando si parla di crisi della psicoanalisi, si sta parlando di crisi di mercato. Dentro questo quadro, la psicoanalisi avrebbe bisogno di rinnovarsi per compiacere i pazienti consumatori. In tal caso, compiacerli sarebbe offrirgli un sollievo immediato. Ecco perché l’autore critica i tentativi di mutare il setting psicanalitico in modo da cedere alle pressioni del mercato. Per lui, la vera innovazione sarebbe nel discutere sui fondamenti della psicoanalisi e non nel suo adattarsi alla domanda del mercato.

     

    Perciò, tanto Ahumada quanto Rocha Barros rifiutano la divulgazione di facile consumo in quanto l’esperienza psicoanalitica può solo essere compresa e vissuta in una situazione di analisi. In caso contrario, essa corre il rischio di diventare una conoscenza meramente teorica, distante dalla sua vera natura. Il vero cammino per superare, in modo creativo, la crisi della psicoanalisi sarebbe riprendere lo spirito investigativo dei suoi pionieri.

     

    Fabio Herrmann, nell’articolo su analisi estesa e psicoanalisi, corrobora questa posizione segnalando che la ripetizione meccanica di rituali svuota il modello tradizionale di analisi psicoanalitica in quanto la allontana dallo spirito innovativo ed investigativo del suo creatore. La tecnica psicoanalitica tradizionale – la libera associazione del paziente, l’attenzione fluttuante dell’analista, le interpretazioni, le transferenze, la neutralità – non è in sé né buona né cattiva. Tutto dipende se è usata “in modo aperto come ispirazione o in modo chiuso come un rituale”. (Herrmann, 2005, p.19).
    Per Herrmann (2002), la crisi della psicoanalisi non si evidenzia soltanto nel fallimento del modello tradizionale di analisi o nella mancanza di pazienti, ma in quello che lui chiama la psicoanalisi come resistenza alla Psicoanalisi: lo psicoanalista che vede le teorie psicoanalitiche come fatto finito e non come ipotesi operative. In questa prospettiva, la crisi attuale riguarderebbe sia il modello di analisi tradizionale, che la teoria ad esso legata. Nel momento in cui il modello viene oggettualizzato, trasformato in sapere finito, le teorie diventano un ostacolo allo sviluppo della psicoanalisi in quanto scienza dell’uomo moderno.

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     Esposizione cronologica di una crisi

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    L’indagine sulla mancanza di permanenza in analisi dei pazienti ha rivelato una crisi di proporzioni mondiali. Alla fine degli Anni 90, l’IPA ha iniziato a far pressione sui suoi istituti affiliati, affinché smettessero di essere solamente un luogo di trasmissione della psicoanalisi, chiuso in sé stesso, e si aprissero alla società. Questa sarebbe stata la condizione per la sopravvivenza della psicoanalisi come terapia.

     

    Nel 1997, ha costituito un comitato di ricerca con l’obiettivo di conoscere la realtà delle pratiche psicoanalitiche di tutti i suoi membri e prendere le misure necessarie per difendere la sua specificità all’interno delle diverse pratiche terapeutiche. A tal fine, ha inviato un questionario a tutte le Società e gruppi di studio affiliati. In questi questionari, tutti gli psicoanalisti hanno dichiarato di lavorare con psicoterapia individuale faccia a faccia. Ad eccezione di alcune variazioni regionali, le terapie definite psicoanalitiche costituivano la parte principale della pratica dei membri che non svolgevano funzione di formazione.

     

    Nel Nord America, la maggior parte dei membri ha espresso interesse per l’ampliamento dello spettro delle indicazioni sul trattamento psicoanalitico e ha visto un continuum tra psicoanalisi e psicoterapia temendo però, allo stesso tempo, che la perdita di limiti tra le due portasse alla dissoluzione della identità della psicoanalisi, soprattutto della specificità del trattamento psicoanalitico di pazienti nevrotici.
    In Europa, in generale, le formazioni psicoanalitiche e psicoterapeutiche sono offerte dalla stessa istituzione. Dalla Norvegia è pervenuto un dato molto significativo: sebbene le sedute fossero rimborsate integralmente dalle assicurazioni sulla salute e indipendentemente dalla loro frequenza, pochi pazienti hanno accettato di presentarsi quattro o cinque volte a settimana. Altro dato interessante: la Società Britannica non ha inviato risposta al questionario.
    In America Latina, psicoterapeuti e psicoanalisti hanno vissuto gravi problemi d’identità. Formatisi come sottoprodotti della psicoanalisi, gli psicoterapeuti si sono sentiti trattati come bastardi e, riuniti in associazioni, hanno fatto pressione sulla IPA affinché li riconoscesse come psicoanalisti.

     

    Nel 1999, la SBPSP, con l’intento di analizzare le dimensioni della crisi, ha organizzato a São Paulo dei forum sul tema Psicoanalisi e Psicoterapia. Nello stesso anno, il Jornal de Psicanálise ha pubblicato vari articoli di questi forum, tra i quali segnalo Psicanálise, psicoterapia e afins, de Eva (1999) e Psicanálise, psicoterapia, crise e possibilidades da psicanálise, de Castro (1999). Per questi autori, la psicoanalisi non si caratterizza per criteri formali quali l’uso del divano o il numero di sedute settimanali, ma per il metodo di osservazione e la tecnica di intervento.

     

    Nel gennaio 2006, la Sociedade Psicanalítica de Paris ha promosso un incontro per discutere sulla diversità delle pratiche psicanalitiche nel mondo. Il suo organizzatore André Green, ha espresso la necessità di discutere questo assunto spinoso e negato per molto tempo. (4)

     

    La storia della psicoanalisi a São Paulo mostra i cambiamenti sofferti nelle ultime decadi. Nata nel nostro ambiente come attività che garantiva buona remunerazione e status sociale, questa carriera ha attratto molti professionisti della salute. Verso la metà degli Anni 70, quando la SBPSP ha perduto il monopolio della formazione psicoanalitica, questo prestigio è entrato in declino per scomparire alla fine degli Anni 80. Il mercato del lavoro è diventato più competitivo. La proliferazione delle formazioni esterne al modello della IPA ha raggiunto, in pieno, il modello di analisi sostenuto dalla SBPSP e richiesto ai suoi candidati. Era necessário fare concessioni, che sono state fatte, ma queste non hanno potuto essere ufficialmente riconosciute, per lo meno per ciò che concerneva la formazione.

     

    Allo stesso tempo, a partire dalla metà degli Anni 80, l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro ha mutato il profilo degli psicoanalisti. Formato in precedenza in modo predominante da medici e uomini, il gruppo cominciò ad incorporare, anche nella SBPSP, un gran numero di donne e di non-medici (fondamentalmente psicologi) (5).

     

    Anche nella storia degli Ambulatori e Centri di Analisi della SBPSP si registrano cambiamenti. Dalla loro creazione alla metà degli Anni 90, questi spazi, tralasciando le specificità di ogni epoca, hanno avuto lo scopo di collaborare con i candidati, offrendo pazienti per le supervisioni ufficiali durante il periodo di formazione. A partire dagli Anni 90, questi enti si sono trasformati in una fonte di avviamento per candidati e membri della SBPSP. Il CCP, creato nel 2001, presenta lo stesso profilo. Segno che i tempi stavano cambiando?

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     Alcune considerazioni finali

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    Si può affermare che, data la competizione con le psicoterapie e le altre forme di trattamento dei problemi mentali, la crisi della psicoanalisi professionale, in principio con frazionamenti teorici e culturali, nonostante le caratteristiche locali si estende a tutto il mondo.

     

    Il suo sintomo epidermico – la diminuzione del numero dei pazienti, in modo speciale di quelli che accettano i modelli di analisi tradizionale – ha uno strato più profondo e soggettivo. Tutto indica che questi modelli hanno acquistato caratteristiche differenti da quelle che avevano in passato. Il cambiamento, però, è percepito senza contorni definiti. Assomiglia ad un fantasma che disturba e spaventa, perché minaccia la viabilità professionale degli psicoanalisti e la loro identità.

     

    Tuttavia, che questo quadro intimidatorio non sia se non una nuova realtà, una sfida alla nostra capacità di affrontare situazioni indefinite e frustranti. Per questo, la crisi deve essere discussa apertamente. Da questo dipendono la sopravvivenza della stessa psicoanalisi in quanto pratica terapeutica e i nuovi percorsi per la formazione dei futuri analisti.

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    Riferimenti bibliografici

     

    AHUMADA, J. L. Crise da cultura e crise da psicanálise. Revista de Psicanálise. 1997, Porto Alegre, vol.IV, n.1, p.51-69.
    BARROS, E. M. R.; BARROS, E. L. R. A contemporaneidade em crise! De qual crise estamos falando? Alter – Jornal de Estudos Psicodinâmicos. vol. XVIII, n.1, 1999, p.77-85.
    BION, W. R. Uma memória do futuro. Rio de Janeiro: Imago, 1996, vol.III. A aurora do esquecimento.
    CASTRO, M. L. S. Psicanálise, psicoterapia, crise e possibilidades de psicanálise. Jornal de Psicanálise, 1999, vol.32, n.58/59, p.201-20.
    EVA, A. C. Psicanálise, psicoterapia e afins. Jornal de Psicanálise. 1999, v. 32 (58/59): 189-199.
    FREUD, S. Linhas de progresso na terapia psicanalítica. In: Freud, Sigmund Edição Standard Brasileira das Obras Psicológicas Completas de Sigmund Freud… v. 17. Rio de Janeiro: Imago, p.201-11, 1976. (Trabalho original publicado em 1919.)
    GADDINI, E. Changes in psychoanalytic patients up to the present day: 1984. In: Gaddini, Eugenio. A psychoanalytic theory of infantile experience: conceptual and clinical reflections. London: Routledge, 1992. p. 186-203. (New Library of Psychoanalysis,16).
    GREEN, A. Le tournant des annèes 2000. In: COLLOQUE DE LA SOCIETE PSYCHANALYTIQUE DE PARIS, 14,15 janvier, 2006. Unité et diversité des pratiques du psychanalyste. Presses Universitaires de France (PUF). p.228-47.
    HERRMANN, F. Clínica Extensa. In: A Psicanálise e a Clínica Extensa: III Encontro Psicanalítico da Teoria dos Campos. Barone et al. (Org.). São Paulo: Casa do Psicólogo, 2005, p.17-31.
    ___________ Da clínica extensa à alta teoria: a história da psicanálise como resistência à Psicanálise. Percurso, n.29-2, 2002.
    HERRMANN, L. Introdução à teoria dos Campos: Conceitos Metodológicos. In: A Psicanálise e a Clinica Extensa: III Encontro Psicanalítico da Teoria dos Campos por Escrito. Barone et al. (Org.). São Paulo: Casa do Psicólogo, 2005, p.17-31.
    JIMÉNEZ, J. P. Can research influence clinical practice? Apresentado em reunião clínica na SBPSP em 8 abr. 2006.
    MANTOVANINI, M.T.L. Centro Clínico e de Pesquisa: um estudo sobre alguns aspectos da crise da psicanálise. São Paulo, 2007. Dissertação (Mestrado em Psicologia Clínica) Pontifícia Universidade Católica de São Paulo.

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    Maria Tereza Mantovanini
    R. Dr. Carlos Alberto do Espírito Santo 88
    Pinheiros São Paulo
    30325922
    HYPERLINK “mailto:terezamantovanini@gmail.com”

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