• Horacio Verbitsky: la rifondazione neoliberista e autoritaria del presidente argentino Macri punta all’egemonia culturale

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    E si! neoliberismo fa rima con neofascismo

    Ma il territorio in cui si combatte questa guerra

    è l’egemonia culturale come la intendeva Gramsci

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    di Giulia De Baudi

    Mi stavo chiedendo se oggi gli informatori mediatici italiani stessero sonnecchiando all’ombra delle diatribe parlamentari sull’aria fritta oppure se stessero lavorando alacremente alla solita distrazione di massa. Una eventuale risposta porterebbe alla stesse conclusione: annullare ciò che sta accadendo di realmente grave.

    In Argentina ieri  40 organizzazioni sociali, politiche e sindacali hanno manifestato per esigere la liberazione di Milagro Sala, deputata al Parlasur e dirigente del movimento Tupac Amaru, rea di ribellione contro il nuovo governo liberal fascista di Mauricio Macri. Ci sono stati molti arresti e una restrizione sulla possibilità di manifestare. Niente di nuovo, è quello che sta accadendo in molti stati “democratici”. Ve n’eravate accorti?

    Nelle stesse ore e nei stessi luoghi  Renzi recitava un pseudo Borges che il suo incauto consulente culturale gli aveva passato sottobanco.  

    Milagro Sala, è in prigione a Jujuy da quasi un mese sotto l’accusa di “istigazione di commettere crimini e disordini” per aver occupato spazi pubblici per protestare contro il governo.

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    L’arresto di Milagro Sala è solo un sintomo della revancha neofascista e liberista del nuovo presidente argentino che in due mesi ha smantellato quasi tutte le tutele e le conquiste democratiche raggiunte durante l’era khirchnerista.

    Le forze reazionarie argentine zittite dai Khirkner per 15 anni ora rialzano arrogantemente la testa grazie a un presidente che tra le sue prime mosse ha inserito nella gallery fotografica del sito web della presidenza argentina il volto di Leopoldo Galtieri presidente durante la feroce dittatura Videla. Una persona a modo!
    Sul giornale filogovernativo la Nacion, il giorno dopo la vittoria di Macri, un violento editoriale inneggiava alla fine dei processi per violazione dei diritti umani consumati durante la dittatura, definendoli “vendette”. L’Argentina, che fu durante le presidenze Kirchner un paese modello nella difesa dei diritti umanitari e nella conservazione della memoria, dovrà assistere impotente all’impunità dei criminali colpevoli della sparizione di trentamila giovani.

    Tutto questo sta accadendo sotto la tutela del FMI che Macri ha fatto prontamente rientrare dopo dieci anni di esilio. La signora Christine Lagarde ringrazia!
    Il sostegno ritrovato degli Stati Uniti e quello dei media mainstream che hanno il controllo totale sulla carta da stampa servirà a manipolare l’opinione pubblica argentina.

    Che fare? Difficile rispondere. Una risposta sulle radici di ciò ce sta accadendo la dà il giornalista Horacio Verbitsky sulle pagine di Pagina/12. (leggi qui) intitolato  La madre de todas las battallas

    Alle stesse conclusioni giunge H. Verbitsky che all’inizio del suo lungo articolo afferma che il governo di Macri nonostante che l’inflazione si sia impennata da quando sono state varate le prime misure economiche del suo governo, continua a perseguire un’ortodossia economica indifferente ai dati della realtà. E queste misure, scrive il giornalista argentino sono «utili per mascherare obiettivi che si perseguono ma non si confessano» Gli obiettivi spiega Verbitsky sono la diminuzione del livello di occupazione e del salario reale utilizzati come strumento per disciplinare la classe lavoratrice.

    Nel suo articolo il giornalista tocca un argomento focale che rappresenta la sola via d’uscita da questo stato delle cose: la battaglia per l’egemonia culturale nell’accezione gramsciana. Verbitsky analizza le enormi forze che “primo e secondo stato” ovvero Corporation americane e Chiesa cattolica hanno messo in campo da decenni in Argentina per prepararsi alla “guerra dei cent’anni” di cui si avvertono solo le prime scaramucce e che non sarà certo un fatto isolato nel continente Sudamericano.
    È proprio nel Cono Sur che sotto l’ala dell’aquila-condor americana si esperimentarono le teorie economiche liberiste che dovettero essere oliate col sangue di circa duecentomila oppositori.
    I mandanti del Plan Condor diedero il mandato economico ad alcuni economisti cileni, i Chicago Boys, che dopo essersi laureati alla Pontificia Universidad Católica de Chile perfezionarono i loro studi all’Università di Chicago sotto sotto l’egida degli economisti Milton Friedman e Arnold Harberger. E, come dimostra Verbitsky nell’articolo, il sacro patto fra capitale e Chiesa cattolica è divenuto un paradigma imprescindibile per ottenere il controllo dell’egemonia culturale.


    In un capitolo intitolato “Hijos de un largo proceso” “Figli un un lungo processo”, Verbitsky mostra – attraverso un documento siglato dallo stage di Economía y Tecnología de la Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales (Flacso), sotto la direzione di Eduardo Basualdo – come “primo e secondo stato” si siano mossi negli ultimi cinquant’anni per costruire una razza di “robot economici” che nell’articolo vengono gramscianamente definiti “intellettuali organici”.

    Verbitsky scrive:

    «Le distinte frazioni del capitale che si articolano nel nuovo blocco di potere hanno interessi differenti però il punto d’accordo tra esse è il disciplinamento della classe lavoratrice.
    Per mostrare quale settore del capitalismo esercita egemonia, vale a dire il controllo dello Stato, il documento analizza l’origine dei funzionari a vari livelli del governo nazionale. Funzionari che vengono definiti come intellettuali organici dei settori dominanti, nel senso che Antonio Gramsci ha dato quella categoria: quelli che svolgono funzioni organizzative «nel campo della produzione e nella cultura, e nel campo amministrativo-politico».
    La conclusione è che l’egemonia si spostò dai gruppi imprenditoriali locali alle banche multinazionali e alle società estere. Dopo il colpo di stato del 1955, quando i settori dominanti riuscirono a ridefinire il rapporto tra capitale e lavoro che introdusse il peronismo, iniziò sotto l’iniziativa della Chiesa cattolica un lavoro di formazione e di consolidamento dei propri intellettuali organici. «Questa necessità iniziale divenne urgente quando ci fu la convergenza della resistenza peronista, della rivoluzione cubana e del Concilio Vaticano II che produssero una profonda rottura ideologica nelle stesse file dell’alta borghesia.» Il gabinetto del governo del partito Cambiemos (il partito di Macri ora al potere N. d. T.) «esprime fino a dove maturò questa reazione della quale sono figli».

    Poi il giornalista descrive la rete economica- ecclesistica costruita al solo scopo di aver in pugno l’egemonia culturale del paese elencando gli attori principali di questo processo che si è concluso a novembre con l’insediamento del neoliberista Mauricio Macri. Nel lungo elenco ci sono le maggiori corporation che operano nel paese e che insieme all’immancabile Opus dei formarono nelle loro Università private la classe dirigente che ora siede ai due lati del presidente argentino.

    Dopo la dittatura (si riferisce a quella del 1976-1983 N. d. T.)  i settori dominanti proseguirono mettendo in marcia nuove università private con lo stesso obiettivo: (…) «formare nuove generazioni di accademici, dirigenti di imprese, politici e sociologi» (…) Questi stessi intellettuali organici avevano il compito di garantire la nascita di «una classe dirigente che avrebbe permesso loro di modellare la percezione comune e di contendere il potere politico senza la mediazione dei partiti tradizionali. Per garantire i loro interessi corporativi dovevano espandere la loro influenza sociale in modo che gli stessi fossero assunti come propri dalla società nel suo complesso e soprattutto dai settori popolari. »
    Le conseguenze sono ben visibili ed hanno queste radici. (…) :

    Dei 104 funzionari dell’attuale governo Macri solo una bassissima percentuale proviene dalle università pubbliche, gli altri provengono dalle università private e hanno affilato i loro artigli nelle università più prestigiose d’America dove vengono scelti non solo per le loro capacità intellettive ma soprattutto per la loro “identità ideologica”.
    «Il postlaurea è l’ultima fase della formazione universitaria in cui non solo si consolidano le conoscenze tecniche in una particolare disciplina, ma anche le identità ideologiche».

    E questo non è lo scenario prossimo futuro ma è già qui dietro l’angolo … per dar una forma a ciò che pochi riescono a intravedere, e per immunizzarci da un futuro disumanizzante, possiamo rileggere La Peste di Albert Camus o Cecità di José Saramago in cui dopo l’orrore si ricomincia a vivere e a comprendere … escluderei 1984 di George Orwell.

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