• Il Pilade di P.P. Pasolini: la nascita degli esseri umani e il loro destino nella poetica pasoliniana

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    di Gian Carlo Zanon

    Nell’ottobre del 1938, Albert Camus, venticinquenne, recensisce per Alger républicain, La nausea di J.P. Sartre. «Un romanzo non è mai altro che una filosofia messa in immagini», scrive Camus all’inizio dell’articolo, inquadrando il romanzo in un sistema filosofico che muovendo i propri passi dall’esistenzialismo heideggeriano non poteva che essere pervaso della stessa mortifera ideologia che, come si evince dai Quaderni neri, aveva di fatto più che legittimato l’avvento del nazismo.

    Penso che con con questa sua affermazione Camus volesse sottolineare come la visione della realtà umana – o se volete la filosofia di vita – di un autore non possa che essere fissata in uno o più personaggi di un romanzo. Questo aspetto della fiction romanzesca, che è stato troppo poco indagato dai critici letterari, è, a mio giudizio, un elemento indispensabile per comprendere il pensiero dell’autore che pervade la sua opera. Tant’è vero che per evidenziare il percorso letterario di un autore si parla sempre di “poetica” e la parola definisce meravigliosamente un intervenire, da parte dell’artista, in modo assolutamente soggettivo sulla realtà. L’artista, con buona pace di Aristotele e di Platone, né copia pedissequamente la realtà né attinge dal “mondo delle idee”. Egli, se vogliamo usare un termine estremo, invade la realtà con la propria soggettività “sottomettendola” ai propri pensieri coscienti e non coscienti.
    L’opera letteraria in particolare ci parla sempre del suo autore per il semplice fatto che attraverso essa egli afferma e concretizza la propria poetica cosciente e non cosciente.

    Marco Belpoliti nel suo saggio Pasolini in salsa piccante ha definito la poetica di P.P. Pasolini “pedofila”. Intervistato da un giornalista del Sole 24 Ore dopo l’uscita del suo libro Belpoliti disse: «Pasolini è diventato un martire, una sorta di profeta dei tempi che cambiano. Ma viene rimosso il fatto che il più grande intellettuale italiano, poeta, cineasta, romanziere, giornalista, editorialista, è stato anche, in qualche modo, un pedofilo: un tema tabù. A maggior ragione se questo fatto è la radice stessa del suo poetare». Mi sembrano parole inequivocabili che indicano la visione che Pasolini aveva della realtà umana. Visione che era «la radice stessa del suo poetare».

    Qualche giorno fa stavo in macchina e seguivo un programma radiofonico su Rai3. Si parlava della rivisitazione dell’Orestea di Eschilo da cui Pasolini estrae un personaggio minore, Pilade il compagno che accompagna Oreste in alcune scene della tragedia eschilea. In questa opera Pasolini dà voce ad Atena, la dea della sapienza, figlia di Zeus e di Meti, e nata per partogenesi dalla testa del padre:

    Pilade:  «Atena è l’ultima degli Dei. Non è nata/nei tempi antichi, il suo parto/non si perde nel buio dei secoli. È venuta alla luce, oggi, tra noi. Come se l’avessimo concepita noi stessi…»

    Atena: (rivolgendosi agli esseri umani) «(…) Perché io non sono nata nel modo in cui voi nascete./ Non ho conosciuto l’attesa dentro le viscere,/ come un vitello o un cane./ Non sono uscita annaspando/ dal buio della madre bestia alla luce. /(…) non sono stata da subito/ divorata dall’ansia di essere come loro/ (i genitori) degna dei loro ideali.» P.P. Pasolini – Pilade – La nascita di Atena – Radio3 rai – 1/11/2015

    Se Belpoliti intravede nell’opera pasoliniana tracce della sua pedofilia, in questi pochi versi io scorgo la poetica di Pasolini sulla nascita umana. Poetica che si nutre, forse inconsapevolmente, sia della visione che Heidegger aveva della nascita degli esseri umani, sia del cardine freudiano che auspica l’identificazione con le figure genitoriali . Una nascita umana percepita da Heidegger e descritta da Pasolini identica alla nascita animale: “come un vitello o un cane” da una “madre bestia”. Gli umani, secondo loro, nascono in modo animale da un animale, la donna, e il loro destino, come afferma Freud, è quello di identificarsi con i propri genitori “l’ansia di essere come loro”.


    Non è casuale che Pasolini abbaia riproposto filmicamente l’Edipo re di Sofocle sottolineando freudianamente la perversione incestuosa del protagonista e la sua volontà di identificarsi col padre per prendere il suo posto nel talamo materno.


    Non è un caso che questa cultura, in cui la nascita umana viene descritta come parto animale o, dal paradigma religioso, originariamente perversa, voglia, glorificandolo, salvare un proprio alfiere. E quindi che nessuno tocchi Pasolini.

    12 novembre 2015

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