• Il ruolo di Bergoglio in 5 casi di abuso di bambini; ovvero pedofilia clericale y la Mala Información

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    21 agosto 2018 – Questa mattina su Rai3 a Prima Pagina, Marco Bracconi riporta la notizia dello scandalo epocale della pederastia ecclesiastica in Pennsylvania: il rapporto di 1.356 pagine, presentato lo scorso 14 agosto, viene definito “un libro degli orrori” per i dettagli raccapriccianti e per la sistematicità delle violenze condotte su minori e seminaristi, talvolta per lunghi anni. L’indagine mette sotto osservazione l’operato di ben sei diocesi dove oltre mille minori sono state le vittime di 301 sacerdoti, definiti a più riprese “predatori” per la crudele determinazione con cui hanno portato avanti i loro crimini.

    Poi Bracconi parla della lettera di Bergoglio apparsa ieri su Avvenire in cui scrive: «abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli.» In realtà “i piccoli” sono stati abbandonati dai genitori e dalla società civile nelle sporche mani degli stupratori seriali in abito talare … se fossi stato Bracconi avrei detto «“i piccoli” caro Bergoglio, voi preti e gerarchi della chiesa cattolica li avete stuprati non abbandonati. Poi avete cercato di nascondere ”il corpo del reato” con mille sotterfugi.»

    Nella lettera di ieri Bergoglio cita Ratzinger, quel Ratzinger che nella lettera del 2001, De delictis gravioribus riconfermava la validità del documento Crimen sollicitationis, approvato nel 1962 da Papa Giovanni XXIII, che stabiliva l’assoluta segretezza nelle cause di molestie, pena la scomunica, anche per la vittima. Ma basta leggere le Linee guida del 2012 per capire quanta ipocrisia ci sia nelle parole di Bergoglio che quando era vescovo di Buenos Aires da una parte negava l’esistenza del problema della pedofilia ecclesiastica in Argentina e dall’altra difendeva preti pedofili come Julio César Grassi da lui protetto e incarcerato nel 2013.

    di Gian Carlo Zanon

    Quando mi è venuto in mente il titolo – La Mala Información – da dare a ciò si stava dipanando nella mia mente, sono andato su Google a controllare l’accento e ho incontrato un libro scritto da autori vari: La MALA INFORMACIòN.

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    Il libro di racconti – che erroneamente o per burla mette in copertina l’accento sbagliato alla “o” alla parola castigliana – è scritto a più mani e gli autori, leggo dalla quarta di copertina, raccontano i vizi dell’informazione in «tono paradossale, surreale, provocatorio, feroce o visionario». Come dire che non affrontano di petto il problema ma lo condiscono con fantasia e irrisione facendo emergere il lato cialtronesco, servile, autocensorio degli addetti ai lavori mediatici. Addetti ai lavori mediatici che hanno il compito di “mediare” le diverse verità che fatalmente emergono dalla realtà … quando questa è troppo “abbagliante”.

    Questa effervescente modalità scelta dagli autori, è una strategia per denunciare la cattiva informazione che si manifesta a volte palesemente a volte in modo molto più nascosto. È la forma della satira che se da una parte mostra il fenomeno della Mala Información, dall’altra lo spoglia dell’elemento drammatico, riducendo l’indignazione del lettore a un mero esercizio catartico: persino Salvini ride della feroci battute di Crozza sul razzismo becero del leghista, perché sa che poi, alla fin fine, la risata mitiga rabbia e indignazione fino a dissolverla.

    Quindi anche la forma satirica è mala información? Me lo chiedo e lo chiedo a chi mi leggerà. E lascio la domanda aperta pensando che forse è, quasi sempre, un modo per socchiudere la porta della verità gettando nel ridicolo chi vorrebbe tenerla sprangata a oltranza.

    Certo la satira è stata, da Aristofane in poi, un modo di far politica sbeffeggiando i potenti e i loro servi, ma non ha mai inciso profondamente sul modo di percepire la realtà. Questo è un problema complesso e non vorrei essere preso per un censore … dopotutto volevo solo parlare dei modi e delle intenzionalità nascoste nella mala información del Bel Paese.

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    Le modalità per indurre il pensiero del lettore a deviare verso credenze astratte e prive di buon senso comune sono variegate e molteplici. Ce ne sono di assolutamente non percepibili come libri e articoli scritti che dicono la verità ma scritti troppo tardi, fuori tempo massimo, scritti che si astengono dal denunciare realtà strettamente contemporanee. Naturalmente questi asincronismi non vengono percepiti e il lettore è indotto a credere alla bontà di chi scrive.

    Questi e altri trucchi come l’omissione, la mezza verità condita dalla mezza menzogna, l’assenza di nessi tra un fatto e un altro, l’assenza patologica di pensiero critico e di responsabilità nell’interpretazione di un accadimento, ecc. ecc., sono le colonne di sabbia di un giornalismo sempre più servile e senza identità.

    Che fare? Molto semplice: togliere dagli occhi i filtri del politicamente corretto e dell’alienazione religiosa, che appannano e distorcono la realtà, e rischiare proponendo il proprio sguardo al lettore.

    Per esempio: esce la notizia che Bergoglio si schiera contro la pedofilia ecclesiastica ed ecco che il FattoQ titola acriticamente «Bergoglio: “Come Gesù userò il bastone contro la pedofilia, lebbra nella Chiesa”». Persino una giornalista schierata da sempre sulle barricate della laicità come Cecilia Calamai, pur denunciando su MicroMega l’insipienza dell’informazione mediatica nei riguardi della verità (leggi Qui) non va al di là di un pacato rimbrotto a «I media nostrani – che – incensano nuovamente il papa “rivoluzionario”, questa volta per una missiva dei giorni scorsi alle Conferenze episcopali e agli Istituti di vita consacrata di tutto il mondo alla vigilia della prima riunione della Pontificia commissione per la tutela dei minori.» D’altronde i giornalisti sanno che o si sta all’interno del “sistema” o si sta fuori. Navigare ai bordi è un ottimo modo per far finta di criticare il “sistema”.

    Eppure nel marzo del 2014 vi furono delle denunce ben circostanziate (leggi qui) e mai contestate che parlavano di ciò che fece Bergoglio a proposito della pedofilia clericale quando era arcivescovo di Buenos Aires. «Il quadro che emerge – si legge – è sconcertante: sostanzialmente, mentre i vescovi statunitensi ed europei affrontavano lo scandalo, Bergoglio, pur in analogo contesto, sarebbe rimasto in silenzio. “Non ha pubblicato documenti, non ha fatto nomi né tenuto registri dei preti accusati, non ha elaborato una politica di gestione degli abusi, nemmeno ha pronunciato una parola di scuse nei confronti delle vittime”.»

    Se gli informatori mediati italiani avessero osato denunciare il vero comportamento di Bergoglio nei riguardi della pedofilia ecclesiastica nel momento in cui veniva esaltato per la sua “santa difesa” dei minori abusati, forse molti italiani avrebbero aperto gli occhi sull’agiografia del rioplatense. E invece no. Hanno mostrato solo la verità che sta in superfice …

    1ok

    Qui sotto inserisco il resto della verità mai venuta a galla nell’informazione mediatica italiana scritta da Ludovica Eugenio

    qui http://www.adista.it/?op=articolo&id=53716

    Il ruolo di Bergoglio in 5 casi di abuso

    Nell’arcidiocesi, poco o nulla è emerso in superficie, mancando gli elementi che altrove avevano dato il via allo svelamento del fenomeno: azioni civili delle vittime, investigazioni della Chiesa e indagini governative. Solo un prete di Buenos Aires, Carlos Maria Gauna, è stato pubblicamente accusato, ma nei quattro casi oggi più noti di religiosi o di preti pedofili di altre diocesi – p. Julio César Grassi, p. Rubén Pardo, p. Fernando Enrique Picciochi e p. Mario Napoleon Sasso –  «vi è la prova che Bergoglio», presidente dei vescovi argentini, «deliberatamente o inconsapevolmente, ha frenato le vittime intenzionate a denunciare e a perseguire i loro aggressori». Vittime che, riporta il gruppo, «affermano di aver cercato, invano, l’aiuto del cardinale», secondo quanto riportato dal Wall Street Journal (8/4/13), che afferma pure che, stando a un portavoce della diocesi di Buenos Aires, Bergoglio avrebbe «rifiutato di incontrare le vittime». Grande ritardo, inoltre, per l’elaborazione delle linee guida che devono stabilire la politica di gestione dello scandalo: richieste dal Vaticano nel 2011, la loro elaborazione fu rimandata dalla Conferenza episcopale argentina, tanto che sono state pubblicate solo lo scorso aprile; anche questo elemento spinge BishopAccountability ad affermare che la Chiesa argentina, nella gestione degli abusi, è stata «tra le meno trasparenti nel mondo».

    Ecco la sintesi della gestione di Bergoglio dei cinque casi noti, per i quali BishopAccountability fornisce, sul sito, i link alle fonti.

     

    1. Julio César Grassi:nonostante fosse stato condannato nel 2009 per molestie su un minore, Bergoglio commissionò uno studio riservato per convincere i giudici della Corte suprema argentina dell’innocenza del religioso. Tale intervento è ritenuto il motivo per il quale Grassi restò in libertà per quattro anni dopo la sua condanna. È stato incarcerato nel settembre 2013.

     

    1. Rubén Pardo: nel 2003 un prete confesso pedofilo malato di Aids era tenuto nascosto alle autorità civili in un vicariato dell’arcidiocesi di Buenos Aires, all’epoca guidata da Bergoglio, dove faceva il confessore dei bambini e insegnava in una scuola. Nello stesso vicariato, a quanto sembra, viveva un vescovo ausiliare di Bergoglio. È altamente improbabile che Pardo vivesse e esercitasse il suo ministero senza l’approvazione di Bergoglio.

     

    1. Fernando Enrique Picciochi:una vittima, dopo aver scoperto che il prete che aveva abusato di lui era fuggito negli Stati Uniti per eludere l’intervento delle autorità civili, si rivolse a Bergoglio perché fosse tolto il sigillo della segretezza imposto dalla congregazione religiosa di appartenenza del sacerdote. Incontrò il segretario privato di Bergoglio e il suo vescovo ausiliare, mons. Mario Poli. Nessuna risposta.

    2. Mario Napoleon Sasso: nel 2001 Sasso, dopo una terapia in un centro gestito dalla Chiesa, al termine della quale fu definito soggetto pedofilo, venne nominato pastore di una parrocchia di persone disagiate. Nel 2002-2003, abusò di 5 bambine. Nel 2006, mentre egli era in carcere ma senza essere ancora stato condannato, i genitori delle bambine avrebbero chiesto invano un incontro con Bergoglio.

     

    1. Carlos Maria Gauna: prete arcidiocesano sotto la diretta supervisione di Bergoglio, nel 2001 fu accusato di molestie da due bambine. Bergoglio disse che se ne sarebbe occupato. Gauna è ancora attivo nell’arcidiocesi come cappellano ospedaliero: «Ciò potrebbe indicare – afferma Bishop Accountability – che Bergoglio considerava le accuse credibili ma decise di trasferirlo piuttosto che allontanarlo dal ministero».

     

    «Francesco ha davvero la volontà di risolvere questo problema catastrofico?», si chiede la condirettrice di Bishop Accountability Anne Barrett Doyle, molto irritata dalle affermazioni fatte da Bergoglio sulle pagine del Corriere della Sera del 5 marzo scorso, in cui affermava che «la Chiesa cattolica è forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza» e ciononostante  «è la sola ad essere attaccata».

    Domanda superflua e mooooooooooooolto ingenua o, se preferite, molto politically correct !!!

    8 settembre 2018: oggi è uscito un articolo che conferma ciò che dice questo articolo scritto più di tre anni fa. Leggi qui

    21 luglio 2015

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