• Albert Camus…la lotta continua …

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    L’eredità etica dello scrittore, del saggista, dello scomodo giornalista, che non rinunciò mai alla ricerca della Verità e delle parole che sapessero definirne il senso « (…) giacché, per mezzo di esse, rispettavo coloro che le potevano leggere e che non volevo ingannare»

     

     Gennaio sta finendo, i timidi clamori del 2013 per l’anniversario della nascita  di Albert Camus si vanno spegnendo. L’uscita dall’anno centesimo dalla sua nascita non dovrebbe però coincidere con il suo ritorno all’oblio a cui fu consegnato per decenni dagli intellettuali  engagé della Rive Gauche guidati dal loro gran sacerdote Jean-Paul Sartre. Riconsegnare Camus alla dimenticanza sarebbe come murare vivo il suo pensiero che certamente non ha perduto la propria potenza propulsiva. Dimenticandolo perderemmo l’eco di quella voce che, per troppi pochi anni, ha incitato l’umanità alla lotta continua contro l’ineluttabile  gorgo della storia, che ingoia chi non gli si oppone, e contro quella indefinita e assurda assenza di identità che spinge l’essere umano alla deriva etica: «Non potete dire: “la cosa non mi riguarda”. Perché la cosa vi riguarda, eccome» scriveva il 5 marzo 1944 sui fogli ancora clandestini di Combat, richiamando dalla colpevole assenza quei francesi che non volevano prendersi la responsabilità di resistere attivamente all’occupante nazista.

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    Un gruppo di maquisards francesi (1943)

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    Il giornalista Camus, che avrebbe più di cent’anni, non subirebbe passivamente né i ponziopilateschi proclami governativi «L’Europa ce lo impone» né le omelie di Mario Jorge Bergoglio il quale ha deciso che «Non è lo stesso, un bambino battezzato o un bambino non battezzato: non è lo stesso. Non è lo stesso una persona battezzata o una persona non battezzata.».  Tutto questo naturalmente senza che, e mi sono ormai stancato di dirlo, gli informatori mediatici alzino un dito per dire che questi sono gli stessi discorsi che facevano i nazisti per negare l’umanità agli individui di religione ebraica.

     

    L’intellettuale francese forse scriverebbe, come fece il 26 dicembre 1944, qualcosa di simile a quanto scrisse quando Pio XII nel discorso natalizio elogiò la democrazia e condannò quei totalitarismi in cui « (…) nessuno ha il diritto di vivere onorevolmente la propria vita».

     

    «Da anni (gli rispose Camus) aspettavamo che la massima autorità spirituale del nostro tempo si decidesse a condannare in termini espliciti i misfatti dei dittatori. Dico “in termini espliciti”.(…) Diciamolo chiaramente, avremmo voluto che il Papa prendesse partito nel cuore stesso di quegli anni vergognosi, e denunciasse quanto andava denunciato». In effetti parlare di silenzio della Chiesa cattolica durante i dodici anni del Terzo Reich è un puro eufemismo: si dovrebbe dirla tutta la verità e parlare di partnership tra Vaticano e Germania hitleriana per conseguire gli stessi fini.

    Unterzeichnung des Reichskonkordats 1933.

    Il Nunzio apostolico in Germania Pacelli che diverrà papa Pio XII
    nel 1933 firma il concordato tra Vaticano e il Terzo Reich nazista

     

    Se oggi Camus avesse avuto la possibilità di scrivere una cosa del genere, certamente sarebbe stato considerato dal mainstream mediatico un barbaro che si esprime con un linguaggio “non politicamente corretto”. D’altronde, egli non aderì mai ideologicamente a nessuno degli “ismi” del ventesimo secolo: comunismo, socialismo, esistenzialismo, ecc.. Pur mantenendo sempre un atteggiamento dialettico con queste correnti di pensiero, non si lasciò mai irretire dalle lusinghe della cultura imperante e della politica funzionali al potere, che ne avrebbero fatto volentieri un fedele custode dell’astrazione intellettuale e dello status quo in cui pascevano. Camus, che avrebbe cent’uno anni, era distante da tutto questo «non per virtù, ma per una sorta di intolleranza quasi organica, che si prova o non si prova». Lui era fatto così, come Antigone era incapace di tradire la propria legge naturale e, ovviamente, diffidava del razionalismo proprio perché distante dal suo essere mediterraneo. Nell’aprile del 1955 ad Atene, durante una conferenza, Camus spiegò quanto «la fiducia assoluta, cieca, nel potere della ragione razionalista»  fosse «responsabile del restringimento della sensibilità umana» che portava al degrado l’umana comunità.

    Sensibilità umana? Intolleranza quasi organica? Strani concetti, lontani anni luce sia dal materialismo sia dall’esistenzialismo di Heidegger e dei suoi mediocri epigoni. Concetti e idee che davano senso alla sua rivolta e al suo rifiuto dell’inumano; concetti ben radicati nella sua realtà interna più profonda, perché legati alla memoria di un’infanzia povera ma felice a cui non volle mai rinunciare. «Sono cresciuto sul mare e la povertà mi è stata fastosa, poi ho perduto il mare, tutti i lussi mi sono sembrati grigi, la miseria intollerabile. Da allora aspetto. Aspetto le navi del ritorno, la casa delle acque, il giorno limpido».

    di Gian Carlo Zanon

    AgoràVox 17 febbraio 2014

     

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