• Arthur Rimbaud, “Lettera del Veggente”: lo schiudersi del pensiero di un sedicenne

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    Questa lettera, scritta a Rimbaud a sedici anni, è il fondamento teorico dell’opera del poeta, e viene, a torto o a ragione, considerata il primo manifesto delle correnti simboliste e surrealiste e dei movimenti d’avanguardia letteraria che sarebbero germogliati di lì a poco.

    a Paul Demeny, Charleville, 15 maggio 1871

    Ho deciso di offrirle un’ora di letteratura nuova. Comincio subito con un salmo di attualità:


    CHANTE DE GUERRE PARISIEN


    Le primtemps est évident, car. . .


    A. Rimbaud

    – Ed eccole della prosa sull’avvenire della poesia – Tutta la poesia antica sfocia nella poesia greca, Vita armoniosa. – Dalla Grecia al movimento romantico, – medioevo, – vi sono letterati, versificatori. Da Ennio a Teroldo, da Teroldo a Casimir Delavigne, tutto è prosa ritmata, un gioco, svaccamento e gloria d’innumerevoli generazioni idiote: Racine è il puro, il forte, il grande. – Se qualcuno avesse soffiato sulle sue rime, ingarbugliato i suoi emistichi, il Divino Sciocco sarebbe ignorato oggi come qualsiasi autore di Origini . – Dopo Racine, il gioco ammuffisce. È durato duemila anni! Né scherzo, né paradosso. La ragione m’ispira sull’argomento più certezze delle collere che avrebbe mai potuto avere un Jeune-France. Del resto, libertà ai nuovi! d’esecrare gli antenati: siamo a casa nostra e c’è tempo. Il romanticismo non è mai stato giudicato bene. E chi avrebbe potuto giudicarlo? I Critici!! I Romantici, che dimostrano così bene come la ragione sia così raramente l’opera, e cioè il pensiero cantato e capito dal cantore? Poiché IO è un altro. Se l’ottone si sveglia tromba, non è affatto colpa sua. Ciò mi pare evidente: io assisto allo schiudersi del mio pensiero: lo guardo, lo ascolto: do un colpo d’archetto: la sinfonia fa il suo sommovimento nelle profondità, o di colpo balza sulla scena. Se i vecchi imbecilli non avessero trovato dell’Io soltanto il significato falso, non avremmo da spazzar via questi milioni di scheletri che, da tempo infinito, hanno accumulato i prodotti delle loro intelligenza orba proclamandosene gli autori! In Grecia, dicevo, versi e lire ritmano l’Azione. Dopo, musica e rime sono giochi, sollazzi. Lo studio di quel passato affascina i curiosi: molti godono a rinnovare queste anticaglie: – fa per loro. L’intelligenza universale ha sempre sparso le sue idee naturalmente; gli uomini raccoglievano una parte di questi frutti del cervello: si agiva mediante, se ne scrivevano libri: si andava avanti così, perché l’uomo non lavorava su se stesso, non era ancora sveglio, o non ancora nella pienezza del grande sogno. Funzionari, scrittori: autore, creatore, poeta, quest’uomo non è mai esistito! Il primo studio dell’uomo che vuole essere poeta è la propria conoscenza, intera; egli cerca la sua anima, l’indaga, la scruta, l’impara. Non appena la conosce, deve coltivarla; questo sembra semplice: in ogni cervello si compie uno sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ce ne sono molti altri che si attribuiscono il loro progresso intellettuale! – Ma si tratta di rendere l’anima mostruosa: alla maniera dei comprachicos, insomma! Immagini un uomo che si pianti e si coltivi verruche sul viso. Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa attraverso un lungo, immenso e ragionato sregolamento tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di follia; egli cerca se stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non serbarne che la quintessenza. Ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il grande malato, il grande criminale, il grande maledetto, – e il sommo Sapiente! – Poiché giunge all’ignoto! Avendo coltivato la sua anima, già ricca, più di ogni altro! Egli giunge all’ignoto, e anche se, sconvolto, dovesse finire per perdere l’intelligenza delle sue visioni, le avrebbe pur sempre viste! Crepi pure nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti su cui l’altro si è accasciato! – Il seguito fra sei minuti – Qui inserisco un secondo salmo fuori testo: voglia porgere un orecchio compiacente, – e tutto il mondo ne sarà incantato. – Ho l’archetto in mano, comincio:

    MES PETITES AMOURES

    Un hydrolat lacrymal lave . . .

    A. R.

    Ecco. E noti bene che, se non temessi di farle sborsare più di 60 cent. di spedizione – io, povero sventurato, che da sette mesi non posseggo neanche una moneta di bronzo! – le consegnerei anche i miei Amanti di Parigi, cento esametri, Signore, e la mia Morte di Parigi, duecento esametri! Riprendo: Dunque il poeta è veramente un ladro di fuoco. Ha a suo carico l’umanità, perfino gli animali; dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta da laggiù ha forma, egli dà forma; se è informe, darà l’informe. Trovare una lingua; – Del resto, ogni parola essendo idea, il tempo di un linguaggio universale verrà! Bisogna essere un accademico, – più morto di un fossile, – per rifinire un dizionario, di qualunque lingua sia. I deboli che si mettessero a pensare sulla prima lettera dell’alfabeto, potrebbero rovinare subito nella pazzia! – Questa lingua sarà dell’anima per l’anima, riassumendo tutto, profumi, suoni, colori, pensiero che aggancia il pensiero e che tira. Il poeta definirebbe la quantità d’ignoto che si risveglia nell’anima universale del suo tempo: egli darebbe di più – della formula del suo pensiero, della notazione della sua marcia verso il Progresso! Enormità che diventa norma, assorbita da tutti, egli sarebbe veramente un moltiplicatore di progresso.

     

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    Busta della “Lettera del Veggente” inviata a Paul Demeny

    Questo avvenire sarà materialista, lo vede. – Sempre pieni di Numero e di Armonia, questi poemi saranno fatti per restare. – In fondo, sarebbe ancora un po’ la Poesia greca. L’arte eterna avrebbe le sue funzioni, così come i poeti sono cittadini. La Poesia non ritmerà più l’azione; le sarà davanti. Questi poeti saranno! Quando sarà spezzata l’infinita schiavitù della donna, quando ella vivrà per sé e grazie a sé, poiché l’uomo – finora abominevole, – le avrà reso il suo congedo, sarà poeta, anche lei! La donna troverà dell’ignoto! I suoi mondi d’idee differiranno dai nostri? – Troverà cose strane, insondabili, ripugnanti, deliziose; noi le prenderemo, noi le comprenderemo. Nell’attesa, chiediamo ai nuovo , – idee e forme. Tutti gli abili potrebbero credere subito di aver soddisfatto questa domanda. – Non è così! I primi romantici sono stati veggenti quasi senza rendersene conto: la coltivazione delle loro anime è cominciata da incidenti: locomotive abbandonate, ma ardenti, catturate in certi periodi dalle rotaie. – Lamartine a volte è veggente, ma strozzato da una vecchia forma. – Hugo, troppo cocciuto , ha davvero visto negli ultimi libri: I Miserabili sono un vero poema . Ho I Castighi sotto mano: Stella dà grossomodo la misura della vista di Hugo. C’è troppo Belmontet e Lamennais, troppo Geova e colonne, vecchie enormità crepate. Musset è quattordici volte esecrabile per noi, generazioni dolorose e in preda alle visioni, – che la sua pigrizia d’angelo ha insultato! Oh! i racconti e i proverbi insipidi! oh le notti! oh Rolla , oh Nomouna , oh la Coppa ! tutto è francese, e cioè detestabile al massimo grado; francese, non parigino! Ancora un’opera di quell’odioso genio che ha ispirato Rabelais, Voltaire, Jean La Fontaine, commentato dal sig. Taine! Primaverile, lo spirito di Musset! Delizioso, il suo amore! Ed ecco, pittura su smalto, solida poesia! Assaporeremo a lungo la poesia , ma in Francia. Questi poeti saranno! Quando sarà spezzata l’infinita schiavitù della donna, quando ella vivrà per sé e grazie a sé, poiché l’uomo – finora abominevole, – le avrà reso il suo congedo, sarà poeta, anche lei! La donna troverà dell’ignoto! I suoi mondi d’idee differiranno dai nostri? – Troverà cose strane, insondabili, ripugnanti, deliziose; noi le prenderemo, noi le comprenderemo. Nell’attesa, chiediamo ai poeti del nuovo, – idee e forme. Tutti gli abili potrebbero credere subito di aver soddisfatto questa domanda. – Non è così! I primi romantici sono stati veggenti quasi senza rendersene conto: la coltivazione delle loro anime è cominciata da incidenti: locomotive abbandonate, ma ardenti, catturate per qualche tempo dalle rotaie. – Lamartine a volte è veggente, ma strozzato da una vecchia forma. – Hugo, troppo cocciuto, ha davvero visto negli ultimi libri: I Miserabili sono un vero poema. Ho I Castighi sotto mano: Stella dà grossomodo la misura della vista di Hugo. C’è troppo Belmontet e Lamennais, troppo Geova e colonne, vecchie enormità crepate. Musset è quattordici volte esecrabile per noi, generazioni dolorose e in preda alle visioni, – che la sua pigrizia d’angelo ha insultato! Oh! i racconti e i proverbi insipidi! oh le notti! oh Rolla, oh Nomouna, oh la Coppa! tutto è francese, e cioè detestabile al massimo grado; francese, non parigino! Ancora un’opera di quell’odioso genio che ha ispirato Rabelais, Voltaire, Jean La Fontane, commentato dal sig. Taine! Primaverile, lo spirito di Musset! Delizioso, il suo amore! Ed ecco, pittura allo smalto, poesia solida! Assaporeremo a lungo la poesia francese, ma in Francia. Ogni garzone di bottega è in grado di spiattellare un’apostrofe Rollica; ogni seminarista ne porta le cinquecento rime nel segreto di un taccuino. A quindici anni, quegli slanci di passione infoiano i giovani; a sedici si accontentano già di recitarli con sentimento; a diciotto anni, e anche a diciassette, ogni collegiale che ne abbia l’occasione fa un Rolla, scrive un Rolla! Forse qualcuno potrebbe ancora morirne. Musset non ha saputo fare niente: c’erano visioni dietro il velo delle tende: lui ha chiuso gli occhi. Francese, impiastro, trascinato dalla taverna al leggio del collegio, il bel morto è morto, e, ormai, non diamoci più neanche la pena di ridestarlo con i nostri abomini! Lettera del Veggente Ogni garzone di bottega è in grado di spiattellare un’apostrofe Rollica; ogni seminarista ne porta le cinquecento rime nel segreto di un taccuino. A quindici anni, quegli slanci di passione infoiano i giovani; a sedici si accontentano già di recitarli con sentimento ; a diciotto anni, e anche a diciassette, ogni collegiale che ne abbia l’occasione fa un Rolla , scrive un !* Forse qualcuno potrebbe ancora morirne. Musset non ha saputo fare niente: c’erano visioni dietro il velo delle tende: lui ha chiuso gli occhi. Francese, impiastro, trascinato dalla taverna al leggio del collegio, il bel morto è morto, e, ormai, non diamoci più neanche la pena di ridestarlo con i nostri abomini! I secondi romantici sono molto veggenti : Th. Gautier, Lec[onte] de Lisle, Th. De Banville. Ma siccome indagare l’invisibile e ascoltare l’inaudito è altra cosa che riprendere lo spirito delle cose morte, Baudelaire è il primo veggente, re dei poeti, un vero Dio . Tuttavia ha vissuto in un ambiente troppo artistico; e la forma tanto vantata in lui è meschina: le invenzioni d’ignoto reclamano forme nuove. In rottura con le vecchie forme, fra gli innocenti, A. Renaud, – ha fatto il suo ; – L. Grandet, – ha fatto il suo ; – i galli e i Musset, G. Lafenestre, Coran, Cl. Popelin, Soulary, L. Salles. Gli scolari, Marc, Aicard, Theuriet; i defunti e gli imbecilli, Autran, Barbier, L. Pichat, Lemoyne, i Dechamps, i Desessarts; i giornalisti, L. Clodel, Robert Luzarches, X. De Ricard; i fantasiosi, C. Mendès; i bohèmes ; le donne, i talenti, Léon Dierx e Sully Prudhomme, Coppée; – la nuova scuola, detta parnassiana, ha due veggenti, Albert Mérat e Paul Verlaine, un vero poeta. – Ecco. Così lavoro per rendermi . – E concludiamo con un canto pio.

    ACCROUPPISSEMENT


    Bien tard, quand il sent l’estomac écœuré . . . . . .

    Lei sarebbe esecrando se non mi rispondesse: e in fretta, perché fra otto giorni sarò a Parigi, forse. Arrivederci.

    – – –


    * Rolla è un poema di Alfred de Musset (1810-1857), scrittore e poeta francese. Rimbaud, nella Lettera del Veggente, ne fustiga spietatamente la produzione letteraria – la sua come quella di altri autori – alludendo a diverse opere da lui scritte, in particolare, assurge qui a simbolo di poesia sdolcinata, banale, che anche un “garzone” saprebbe comporre.

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