• Poesia e cammino – Antonio Machado… caminante

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    1dom14dic

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    Tutto passa e tutto rimane
    però il nostro è passare,
    passare tracciando sentieri
    sentieri sul mare.

    Mai ho cercato la gloria,
    né di lasciare il mio canto
    alla memoria degli uomini;
    io amo i mondi lievi,
    sottili,  gentili
    come bolle di sapone.

    Mi piace vederle quando si colorano
    di giallo e carminio, volare
    sotto il cielo azzurro, tremare
    d’improvviso, poi rompersi.

    Mai ho cercato la gloria.

     

     Caminante* sono le tue orme
    il sentiero e null’altro;
    caminante non c’è un sentiero
    il sentiero si fa camminando.

    Camminando si traccia il cammino
    e volgendo lo sguardo alle spalle
    si vede il sentiero che mai
    si deve tornare a calcare.
    Caminante non c’è un cammino
    ma segni nel mare …

    Qualche tempo fa in questo luogo

    dove oggi i boschi si vestono di spine
    si sentì la voce di un poeta gridare
    “Caminante non c’è un sentiero
    il sentiero si traccia camminando…”

    Colpo su colpo, verso su verso …

    Morì il poeta lontano dal focolare.
    Lo copre la polvere di un paese vicino
    Al momento dell’addio lo videro piangere.
    “Caminante non c’è un sentiero
    il sentiero si fa camminando…”

    Colpo su colpo, verso su verso …

    Quando il cardellino non può cantare
    quando il poeta è un pellegrino.
    Quando a nulla ci serve pregare.
    “Caminante non c’è un sentiero
    il sentiero si traccia camminando…”

    (…)

     

    Caminante* sono le tue orme
    il sentiero e null’altro;
    caminante non c’è un sentiero
    il sentiero si fa camminando.

    Camminando si traccia il cammino
    e volgendo lo sguardo alle spalle
    si vede il sentiero che mai
    si deve tornare a calcare.

    Caminante non c’è un cammino
    ma solo segni … incisi nel mare …

    Cantares…
    Antonio Machado

     

    Traduzione di Gian Carlo Zanon

    *Nella traduzione ho lasciato la parola spagnola “caminante” perché in italiano non c’è una parola, così gravida di senso, che abbia la capità di  esprimere i contenuti del fonema spagnolo. Solitamente viene tradotta  con” viandante” ma non mi è sembrata sufficiente per raccontare di un essere umano che mentre cammina crea “il proprio destino scritto nel mare”, vale a dire che “andando” realizza la propria nascita.

     

    El camino

    di Salvo Carfì

    “Uomo che cammini non c’è un sentiero segnato, sono le tue orme che fanno il cammino”. Così Antonio Machado pensava il cammino dell’essere umano. Il fonema “camino” per la cultura spagnola possiede una forte connotazione semantica: è il fato a cui non ci si può ribellare, è il cammino per Santiago di Compostela che rappresenta il sentiero per giungere al dio cristiano, è il disegno divino che sta in mente Dei.  Machado si ribella a questa credenza, pensa che una strada già tracciata non esista.

     

    Il filosofo Duccio Demetrio, nel suo Filosofia del camminare, Raffaello Cortina Editore, già a pagina dieci pone un dilemma classico: essere o non essere. L’autore scrive che vi sono sostanzialmente due percorsi per gli esseri umani: c’è chi da millenni si è affidato al Salmo 31 che recita: «Io ti darò intelligenza e t’insegnerò la via, per cui hai da camminare» e chi invece afferma il filosofo «…si è fatto carico del proprio cammino senza null’altro attendere che non fosse quel che la strada, resa più dignitosa, potesse offrirgli e insegnarli in quell’unica sua vita. Senza alcun baratto, che non fosse il farne intensamente esperienza».

     

    Penso che a Machado questa frase sarebbe molto piaciuta, a me è certamente piaciuta. Ora se mettiamo insieme l’idea “essere”  e  “dignitosa e unica sua vita” ne viene fuori un’immagine di un individuo che ha la possibilità di essere e di vivere una vita dignitosa, perché sa che ha una sola vita da giocarsi, una sola vita da vivere. Certamente sa che questa sua unica vita deve essere degna di essere vissuta.

     

    In questo suo lavoro Demetrio propone molte strade da percorrere, visita moltissimi autori che hanno pensato il camminare ma ciò che rimane al lettore è la scelta tra la credenza di essere prigionieri di una mente divina che ha, dai tempi dei tempi, stabilito il nostro destino, e il pensiero che l’unico “destino” sia quello di realizzare la propria identità di esseri umani coscienti di poter creare da sé, giorno per giorno,  un proprio cammino.

    La storia occidentale, degli ultimi due millenni, racconta un cammino dove i passi di uomini e donne si sono perduti. Racconta la storia  di esseri umani che hanno percorso una strada circolare delimitata da due alti muri: ragione e pensiero religioso. Questi due cardini arrugginiti, portatori di un tetano letale, reggono ancora le nostre società  continuando a contaminare il pensiero di milioni di esseri umani incapaci di ribellarsi sia alla gelida ragione sia all’alienazione religiosa.

     

    Vedo ogni giorno uomini e donne, anche qualche bambino, che ha perduto precocemente il suo io originario,  camminare intrappolati in questo cerchio fatato rimbalzando da un muro all’altro, da un gesto superstizioso a un ragionare che dà delle risposte ragionevoli ma che toglie il senso profondo alla realtà visibile e invisibile, togliendo senso all’esistenza umana. Camminato tra il pensiero illuminista che non è in grado di dare risposte sul senso dell’esistenza umana e la credenza che un gesto magico–religioso possa togliere ad un bambino innocente una colpa, un peccato originale generato, chissà come, nella notte dei tempi. Ma quale colpa dovrebbe riscattare un neonato? Forse quella di essere nato?

     

    Sembra che non ci sia scampo … ma potrebbe capitare che leggendo, che ne so, ad esempio il Giulio Cesare di Shakespeare, si possa incontrare una fatidica frase: «il destino caro Bruto non sta nelle stelle ma è in noi stessi». E potrebbe succedere che poi si esca per strada con il cuore in subbuglio, come quando si scopre improvvisamente di essere innamorati di una donna che rappresenta quel mondo irrazionale annullato dalla ragione e demonizzato dalla credenza religiosa. Potrebbe succedere che camminando, vagabondando, senza una meta certa, si incontri un’immagine che in quel momento è la risposta a ciò che stiamo cercando, anche se non sappiamo perché … era un po’ di tempo fa quando la vidi. Era zingara. Le altre donne, all’immagine della sua ritta schiena, sfumavano nelle cose della stazione afosa. Prima che ella entrasse con la sua certezza dell’essere nel mio sguardo, le altre donne raccontavano la loro vita attraverso i vestiti, le scarpe, il rossetto, gli occhi appannati dall’abitudine; questa loro vita, la si poteva facilmente intuire come è facile immaginare la fine dei film americani.

    Queste altre figure erano arrivate nel terzo millennio portando con sé l’arte dei Madonnari che possono solo copiare le opere d’arte dei grandi artisti. Esse appartenevano all’arte naturalistica che fa dell’imitazione la massima realizzazione artistica, lei…no, no lei no. La sua schiena ritta non richiamava alla mente nessuna immagine conosciuta … era una linea impalpabile che faceva pensare a cose come …libertà, identità, femminilità. Poi riprese il suo cammino, si allontanò … altera … regina dei propri passi.

     

    *  *  *

     

    Abbiamo deciso di aprire una nuova rubrica – “Poesia e cammino” –  in cui pubblicheremo poesie o cortissimi racconti poetici, che parlino del cammino, della strada, del fiume, del movimento interno, di tutto ciò che riecheggia il divenire dell’essere che si “sposta” nei sentieri nascosti dell’Io.

    A questa prima poesia di Antonio Machado ne seguiranno altre … e aspettiamo le vostre naturalmente.

     

    Le potete inviare in Redazione a questo indirizzo igiornielenotti@yahoo.it

    • …bella “caminante” te l’ho “rubata” per fb (…l’ho trovata nel motore di ricerca inserendo la frase “poesia cammino verso umano”!)

    • amerò sempre questa bellissima poesia.

      camminando………………..sono inciampato NELLA NOTTE DELLA TERRA di roger bernard, poeta e partigiano francese ,giustiziato in mezzo alla strada,dalla canaglia nazista.
      un.abbraccio!!

      Non
      passare
      sotto
      l’albero:
      Piove una dolcezza
      troppo
      pesante
      da
      sopportare!

      Notte della terra, proteggimi!
      che il mio scheletro non sia più triste e battuto come la terra schiacciata da un portico di chiesa. Non sono brutto. Faccio solo paura. Ma lo spavento è gioia isterica.
      Sono colui che si vuole resuscitare.
      La carogna puzza sul tetto;
      E tutto muore di respirare.
      Un solo buon odore mi piace:
      quello della radice. No. Non voglio rinascere grano identico a quello che si è seminato – pesante, uniforme ma sottilmente distinto come i dodici grani di mezzanotte!
      Sono colui che non resusciterà!

      Addio biancore tagliente d’estate.
      Addio cotone del pioppo,
      bava di tamarisco,
      fiamma di santoreggia.

      La cicala ha trebbiato il grano!
      Dolore
      vieni sul mio cuore;
      che si sottometta.

      Adesso penetro ciò che il tuo dito mi indica.
      Io vivrò.
      Io vivo!
      Vivo
      Sull’eterna gioia vivente di morire!

      Pronuncia la parola gioia;
      il mio respiro ora s’accorcia.
      Comincio ad ottenere tutto.

      Dobbiamo separarci.
      Hai sofferto in me
      e penetri la gioia di te stesso.
      Sono tuo amico
      e ti abbraccio.
      Ma allontanati da me, per la nostra pace!

      Allontanati da me e avrai la gioia.

      L’anno muore, un pigmento rosso
      sul bordo di ogni ciglio.
      Qui termina
      il libro del tuo stupore.

      Quelli che hanno sofferto non parlano più.
      (e quelli che hanno la gioia; silenzio).

      La gioia viva di morire!
      La gioia
      viva
      di morire.

      Un bacio
      e
      che la pace sia nei tuoi occhi!

      Moulin du Calavon, 1943

      [Ma faim noire déjà, 1945]

    • Legendo Di meccanica quantistica soon arrivato a questa poesia…
      Non è poi così strano.

    • LA STRADA NON PRESA

      Divergevano due strade in un bosco ingiallito,
      e, dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe
      essendo io un solo viandante, a lungo mi attardai…
      scrutando una di esse in profondità, per quanto fu possibile,
      fino a dove, là in mezzo agli arbusti, svoltava.

      Poi presi l’altra, che era ugualmente buona,
      anzi, forse aveva caratteristiche migliori,
      poiché era bella erbosa e appariva poco segnata;
      anche se, in fondo, il passare della gente
      le aveva invero segnate più o meno allo stesso modo

      e nessuna delle due quella mattina, tra le foglie
      ugualmente calpestate, mostrava alcun segno nero di passi.
      Oh, la prima l’avevo lasciata per un altro giorno!
      Pur tuttavia, sapendo che ogni strada porta a un’altra strada,
      mi domandavo se davvero vi sarei mai tornato.

      Questa storia racconterò con un sospiro
      chissà dove tra molto tempo:
      Divergevano due strade in un bosco, e io…
      io presi la meno battuta,
      e da qui tutta la differenza è venuta.

      Robert Frost
      Mountain Interval 1916

    • … un mio collega mi ha inviato l’indirizzo di questo bloge sono venuta a vedere com’è.
      Mi piace ampiamentе. L’ho messo tra i prefеriti. Bellissimo blog e tеmplate sρettacolοso.

    • Ciao una mіa amica mi ha mɑndato iil link
      a questo sito e sono vеnuta a vedere com’è. Mi piace tanto.
      Aggiunto tra i preferiti. Belⅼіssimo blog e grafica
      spettacoloso!

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