• La poetica di Susanne Portmann alla libreria Amore e Psiche di Roma – Due recensioni

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    Venerdì Rita de Petra e  Gian Carlo Zanon presentano l’opera di Susanne Portmann alla Libreia Amoree Psiche di Roma. Si parlerà della struttura dei suoi romanzi e dell’originalità del suo linguaggio.

     

    Susanne Portmann

     

     

    Recensione del romanzo di Susanne Portmann, Una estate italiana

     

    di Emma B.

     

    3 febbraio 2012

     

    “Sai, volevo dare una chance a questa ragazza, una ragazza di oggi.”

    Con queste parole Susanne mi consegnò alla lettura del suo terzo lavoro, che ha voluto chiamare “Racconto d’estate italiana”, (per noi era Summer). Racconto, quasi una scusa. Troppo ambizioso dirsi Romanzo!

     

    Io, leggendo, ho sempre dimenticato la frase di accompagnamento, ogni volta presa da curiosità, quasi a farmi sorprendere da cambiamenti possibili, nei mesi che distanziavano una lettura dall’altra. Ora so che erano queste parole a creare le mie aspettative, e oggi che le cose sono cambiate, quelle politico – sociali, sono costretta a riconoscere che per le giovani donne, l’Italietta dei “professori” (veramente anche per quelle meno giovani!) non riserva nulla di buono.

     

    Ma allora di quale chance parla la nostra autrice? Quale occasione favorevole può rappresentare per Paola, la ragazza di oggi, un lavoro di quindici giorni in uno sfigato borgo della Ciociaria? Che opportunità mai potrà darle? Certo, racimolare qualche migliaia di euro aiuta a sbarcare il lunario, ma non ha nulla a che fare con la riuscita di una vita. Ma Paola è ben felice di accettare un lavoro precario, che più precario non si può, perché le fornisce l’occasione di liberarsi, almeno per un po’, di rapporti vischiosi: con la madre, la sorella, il ragazzo, la Roma piena dei turisti del ferragosto…
    Sarà una separazione totale: nel borgo montano i cellulari prendono difficilmente. Lì lei è sola, sola con i numerosi volumi che deve catalogare.
    Ma bisogna tornare ad una dimensione di villaggio, via dalla megalopoli cosmopolita, per realizzare incontri, che possano dirsi umani, con gli altri: qui tutti sono interessanti. Il borgo è ben circoscritto dai confini naturali: i boschi e i monti e da quelli umani: la stazione ferroviaria a valle ed i ruderi dell’antico castello a monte e racchiude in sé i luoghi dell’incontro e le occasioni. È facile familiarizzare al bar, su una panchina, nei piccoli negozi del paese. Qui le persone, che tu non hai mai visto in vita tua, ti salutano per strada, vogliono sapere chi sei, cosa fai, dove vai, e nessuno si lamenta dell’invasione della privacy. Qui sono possibili anche incontri non piacevoli. Ma qui si può incontrare anche l’uomo che, ogni donna ha da sempre sognato di incontrare, perché nel fondo del proprio cuore ha sempre saputo che è quello l’uomo, è quello l’incontro, che può cambiarle la vita.
    Un incontro che qualsiasi parola potrebbe rovinare. Solo la voce lacerante del violino, sulle note della Romanza n°2 di Beethoven, forse, può sottolineare.
    Ma saprà la nostra eroina cogliere fino in fondo questa opportunità, che finalmente la sorte le ha riservato? Saprà separarsi, con un rifiuto netto, da un passato di piccole violenze quotidiane, innocue all’apparenza, come il gocciolio d’acqua che ti appiattisce il cervello, consuma la tua riserva di vitalità, logora i tuoi sentimenti. Piccole violenze, che si fanno passare per distrazioni,
    che delle volte, diventano veri e propri impedimenti alla realizzazione che più ti stava a cuore, vere castrazioni, se manchi di una riserva personale di sogni, di affetti, di fantasia, che ti dia la possibilità di reagire alla “normale” banalità della violenza, che la quotidianità nasconde.
    In fondo una chance nella vita la desideriamo tutti. Tutti speriamo di incontrare il nostro Gill.

     

    Ma, forse, si tratta solo di saperlo riconoscere.

     

     

     

    Ritessere la storia con i fili della passione

     

    di Gian Carlo Zanon

     

    12 Marzo 2012

     

    Racconto d’estate italiana – il nuovo romanzo della scrittrice svizzera Susanne Portmann

     

     

    Anche quest’anno la data della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo è stata in parte, in piccola parte, raggelata da uno becero revisionismo storico che ha utilizzato una foto in cui si ritraggono i giovani inquadrati nelle squadre SS italiane e la frase di un cantautore famoso: «Gli eroi son tutti giovani e belli». Tutto questo in un goffo tentativo di identificare i partigiani con i nazifascisti.

    In realtà le cose non sono andate così: i partigiani non hanno guidato le truppe tedesche e partecipato al massacro di donne e bambini a Marzabotto e a Sant’Anna di Stazzema. I giovani ribelli inquadrati nelle varie brigate partigiane non hanno torturato, stuprato, impiccato e fucilato più di centomila tra uomini e donne. E soprattutto, nelle squadre della morte nazifasciste non vi erano donne, mentre tra i partigiani ve n’erano moltissime e rappresentavano l’immagine interna dei ribelli che si erano dati alla macchia seguendo solo la fragile linea del loro no interno. I giovani partigiani non hanno neppure nascosto nell’Armadio della vergogna la verità su quegli eccidi fino al 1994. E quindi si deve far attenzione ad usare la parola eroe quando questo “eroe” è un delatore, uno stupratore, un torturatore, un feroce assassino o un complice politico.

    Purtroppo la storia ha un défaillance: è scritta dagli storici che non hanno bevuto alla fontana della passione. La storia è ancora histoire bataille, cioè un susseguirsi di date di battaglie, di nomi di generali che le hanno comandate, e di mere cronache dei fatti accaduti filtrati dallo sguardo dello storico sul cui capo pende la spada di Damocle della ragion di stato o di qualche tortuosa motivazione politica contingente.

    Per uscire da queste gabbie storiche che impediscono di entrare nella pasta della storia, per poi uscirne più sapienti, l’unico modo è restaurare il rapporto tra passione e narrazione, unico cataplasma in grado di guarire gli occhi malati incapaci di “vedere/immaginare” quanto è accaduto, cinquanta, cento, mille e diecimila anni prima della nostra nascita.

    La prima griglia interpretativa da gettare sul passato è quella della sapienza sulla realtà umana. Realtà umana che non è mutata nel corso degli ultimi cento secoli, perché nasciamo come diecimila anni fa e come diecimila anni fa conserviamo quella nascita/realtà umana o la perdiamo. Come diecimila anni fa alcuni individui pensano ad una naturale uguaglianza tra esseri umani e altri credono a razze elette da qualche divinità e a superuomini che possono e devono dominare chi superuomo non è. Come diecimila anni fa esiste l’odio, l’invidia, la bramosia. Come diecimila anni fa esiste il desiderio e l’investimento sessuale verso l’altro da sé.

     

    Ci sono poi gli artisti, poeti, aedi, narratori cinematografici che donandoci la loro visione passionale e poetica della storia arricchiscono ulteriormente la nostra conoscenza della realtà storica. Se De Sica non avesse firmato La ciociara, forse noi sapremmo del dramma degli stupri di massa delle donne ciociare da parte dei Goumiers, ma certamente non sapremmo nulla di ciò che accade internamente ad una ragazza che subisce un vile oltraggio alla propria identità umana. Proprio in questi giorni Paola Traverso e Massimo D’orzi, con il film/intervista Ribelli! , dove vengono filmati i visi parlanti di quindici partigiani che narrano la loro storia, hanno dato anche loro un’altra prova di come con la passione si può scrivere una storia più umanamente vera.

     

    Goumiers

     

    Questo sguardo ricco di sapienza sulla realtà umana è presente nell’ultimo romanzo di Susanne Portmann. Racconto d’estate indiana: è piena estate quando Paola giunge in Ciociaria, in un piccolo paese a ridosso dell’antica abbazia di Montecassino. In quei luoghi tragici nel ’44, durante quella che fu chiamata “la battaglia di  di Montecassino”, da gennaio a maggio persero la vita 50.000 uomini di varie nazionalità.

    I motivi della sua apparizione nel paese ciociaro arroventato dal sole agostano sono apparentemente banali: deve fare l’inventario in una biblioteca privata e, data la sua conoscenza della lingua russa, cercare di scoprire il motivo per cui in quei polverosi scaffali vi sono molti libri in quella lingua.

     

     

    Partendo da quel mistero, Paola, senza volerlo, lentamente scivola in un mondo irrazionale dove la storia raccontata da figli e nipoti di coloro che erano presenti durante quell’inferno,  la musica, i sogni, gli affetti tellurici, il mai sopito desiderio per l’altro da sé, divengono l’impasto storico dal quale può emergere la verità.

     

    Ma prima che tutto questo accada c’è l’incontro tra Paola e un uomo, non vi diremo chi: «Lei infine si girò a guardarlo: “Tu scopi sempre così?” “No non sempre” le disse dopo un po’, passandosi le dita sulle labbra. Stettero a guardarsi. “Ora mi sveglio” gli disse allora Paola. “Prima di andare alla rimessa, mi sono addormentata di sopra, e ora mi sveglierò ancora e tutto questo sarà stato un sogno”» No, non è un sogno. Dopo quell’“estate indiana” la realtà interna degli esseri umani che Paola ha incontrato in quel breve periodo non sarà più quella di prima, e i fili spezzati del ricordo si riannoderanno ad uno ad uno creando una nuova immagine che darà senso alla Storia e alle tante storie che narrano di vite che si sono interrotte, molti anni prima, in tragici luoghi come le pendici di questo monte o in un gulag sovietico.

     

    E solo le lacrime di una donna possono lenire le ferite mortali di uomini e donne che hanno dovuto subire la storia scritta da coloro che hanno causato cinquanta milioni di vittime civili. La protagonista di questo romanzo è un seme vitale, gettato nella campagna ciociara un giorno d’agosto, che ridà vitalità a una terra resa sterile dal troppo sangue versato e alla storia degli esseri umani.

    Susanne Portman ancora una volta è riuscita a creare un romanzo di genere … del suo genere, che, avendo all’interno una infinita molteplicità espressiva, sfugge ad ogni classificazione tradizionale.

    D’altronde, essendo svizzera e quindi extracomunitaria, possiede agenti culturali e linguistici positivi che possono rivitalizzare il nostro linguaggio che negli ultimi anni si è appannato e sporcato di politicismi di bassa lega.

     

    Scheda

    Titolo: Racconto d’estate italiana

    Autrice: Susanne Portmann

    Pubblicato dall’autrice presso http://ilmiolibro.kataweb.it/

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