• Sesso metafisico, sesso mercenario, sesso procreativo… sessualità vo cercando.

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    «Defendí en Cortes Constituyentes los derechos femeninos. Deber indeclinable de mujer que no puede traicionar a su sexo, si, como yo, se juzga capaz de actuación, a virtud de un sentimiento sencillo y de una idea clara que rechazan por igual: la hipótesis de constituir un ente excepcional, fenomenal; merecedor, por excepción entre las otras, de inmiscuirse en funciones privativas del varón, y el salvoconducto de la hetaira griega, a quien se perdonara cultura e intervención a cambio de mezclar el comercio del sexo con el espíritu»

    Clara Campoamor

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     di GianCarlo Zanon

     

    Forse il clima culturale sta lentamente cambiando, soprattutto per quanto riguarda il mondo femminile e il loro pensiero sulla sessualità. I maschi della specie, forse ingannati dalla eiaculazione che confondono per orgasmo, arrancano.  

    Il genere maschile sostenuto e distrutto da una cultura millenaria che descrive la sessualità parlando di una mera scarica fisiologica, rimane aggrappato, come una colonia di cozze terrorizzata dal mare magnum del rapporto interumano, allo scoglio maleodorante della cultura patriarcale.

     

    Dico questo dopo aver letto un articolo pubblicato su La Repubblica/ Bologna.it, caldamente sponsorizzato su face book dall’UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti: Una buona notizia da Bologna. L’ampliamento dei diritti sessuali è anche un obbiettivo Uaar.

     

    L’articolo, non firmato, ha un titolo eloquente A Bologna partono i corsi per diventare assistenti sessuali per disabili. Dice il giornale on-line che Bologna che è stato fondato un comitato «che si batte per il riconoscimento giuridico della professione, come già avviene in Olanda, Germania, Austria, Svizzera e Danimarca».

     

    Ma attenzione, dice Ulivieri, uno dei fondatori del comitato promotore per la realizzazione ed il sostegno di iniziative popolari per l’assistenza sessuale, tutto ciò: «Non va confuso con lo sfruttamento del corpo delle donne». Quindi, secondo queste notizie, da gennaio a Bologna sarà possibile «iscriversi a “speciali” corsi di formazione: serviranno a preparare professionalmente “assistenti sessuali per disabili”.»

     

    «In fondo – sottolinea Ulivieri  anche le badanti non erano riconosciute anni fa, ma poi lo sono state perché erano richieste e utili». L’unico problema, incalza Ulivieri, «è che la figura del terapista sessuale viene accostata con facilità a un fenomeno di prostituzione, senza capire che invece non c’entra nulla». Se capisco bene una prostituta che accetta un rapporto sessuale con un disabile non si chiamerà più in quel modo ma verrà definita «terapista sessuale». Il classico caso del verbo divino che crea una realtà che prima non c’era. Complimenti. L’assistente sessuale, considerata socialmente utile, sarà quindi inquadrata professionalmente alla stessa stregua di una badante.


     Si potrebbe liquidare la cosa con una battuta dicendo che in verità un uomo che va con una prostituta è un disabile, un disabile mentale. Si potrebbe fare in questo modo se la nostra cultura, rendendo socialmente congruo lo sfruttamento di un corpo altrui, non affermasse che violentare un essere umano pagandolo è normale.

     

    Il problema è notevole perché, soprattutto in Italia, chi come me intende la sessualità unicamente come realizzazione della propria identità umana se condivisa con l’altro da sé, deve attraversare ogni giorno una cultura che da una parte è profondamente metafisica e religiosa e dall’altra è fatalmente positivista e quindi legata a sistemi filosofici patriarcali e materialistici.  

     

    Come sappiamo la sessualità per la Chiesa cattolica è accettabile solo se finalizzata a scopi procreativi: il procreato porterà comunque la stigmate del peccato con il quale è stato originato, poi con il battesimo sarà mondato dalle acque lustrali e …. bla bla bla, deliri vari.

     

    Invece per la bieca cultura razionalista, confortata da “geni del pensiero” come “quell’imbecille di Freud”, la sessualità è solo scarica al maschile di umori in eccesso. Infatti nell’articolo citato non si parla di “terapisti sessuali uomini”, anzi non ci si pone neppure il problema della sessualità femminile.

    Fuori dalla scarica fisiologica maschile, che essendo visibile è l’unico elemento di “certezza scientifica”, tutto il resto viene catalogato come qualcosa che non essendo visibile o è solo frutto del pensiero di inguaribili romantici o di isteriche che parlano di orgasmo al femminile.

    E c’è di peggio. Al più si parla, come Debora De Angelisuna, una delle promotrici del progetto lovegiver, di far «provare piacere». Senza far tanti giri di parole, gli uomini, e solo loro, “provano piacere” eiaculando, echando un polvo , sprizzando una polvere dicono in gergo i ragazzi spagnoli parlando di masturbazione. Siamo sempre lì: è una scarica organica accompagnata semmai da un po’ di piacere.

     Sembra semplice e ovvio ma non lo è. Non lo è soprattutto per gli uomini che su questo argomento sono ottusi, e se qualcuno prova a proporre una visione culturale  diversa da quella egemonica rispondono che l’atto sessuale, è paragonabile ad una copula animale tout court e quindi non ha “bisogno di essere divinizzato”; affermano che parlare di contenuti affettivi nell’atto sessuale  «è un punto di vista propriamente cattolico frutto di una cultura dell’inibizione». Poi anziché parlare di sessualità tra esseri due umani mascherano il problema parlando di soggetti in campo che avendo concordato il prezzo dello stupro, hanno risolto ogni dubbio di ordine etico ed umano. Come se gli esseri umani, non avessero affetti, desideri, fantasie e soprattutto la spinta a realizzare la propria piena sessualità svincolata da deliri religiosi e eventuali pulsioni distruttive legittimate da una visione della sessualità fallocentrica che di fatto annulla la donna e la riduce a cloaca.

     

    Coloro che non aderiscono a questa cultura in cui la donna viene prima annullata nella sua realtà umana, poi picchiata e stuprata, e a volte anche uccisa, vengono definiti “bacchettoni” , “moralisti” ecc. ecc.. Non tutti gli uomini intendiamoci, ma queste persone, accecate dall’odio per le donne, che al contrario di loro realizzano la propria identità sociale senza perdere l’umanità,  non riescono e non vogliono capire che non si può vendere il proprio corpo “per scopi profittevoli” e mantenere illesa la propria realtà umana più profonda.

     

     «Siete certi che il bacino di simpatizzanti UAAR condivida questo endorsement?» scriveva ieri a commento del post una donna, Federica, sottolineando l’inopportunità di questa adesione dell’associazione laica.  Le donne – anche alcuni uomini, pochi – che hanno risposto a questo post di UAAR in cui si glorifica il  movimento bolognese che vuole istituzionalizzare questo squallore, ovvero la masturbazione a dei non ben definiti “disabili” per liberarli di umori in eccesso, hanno dimostrato come il genere femminile abbia le idee chiare sulla sessualità. Intanto i maschi arrancano postando cazzate e le donne scrivono: «Scusate, ma se la trovate una cosa normalissima, perché non ci mandate le vs. mogli, sorelle o figlie a fare questi corsi e mestieri?»

     

    Per finire mi chiedo e vi chiedo, se quella R posta alla fine della sigla UAAR, che sta per “Razionalisti”, non sia la causa di questo e di altri deragliamenti culturali che non aiutano ad amare questa associazione che ha molto lavorato, e continua a lavorare, per i diritti di tutti noi.

    4 dicembre 2013

     

    La fotografia è tratta dal film La fiamma sul ghiaccio, un film diretto dal regista Umberto Marino che consiglio di vedere perché parla dei temi trattati.

    Leggi qui sotto un estratto dell’articolo di Sara Ventroni, La menzogna della prostituzione libera pubblicato da l’Unità 30.11.13

     

    (…) Il corpo che le donne hanno provato a liberare era quello della consapevolezza, non quello dell’alienazione. Era un corpo su cui si scrivono le memorie, non un codice a barre. Era il corpo desiderante, non il corpo dimenticante. Un corpo consapevole, non un’utility o un’applicazione. Le donne non si sono liberate dal dominio monopolistico del patriarcato per piazzare il loro corpo, a partita Iva, sul libero mercato. Non siamo all’accumulazione selvaggia del capitale.
    La liberazione di cui hanno parlato, e parlano, le donne, è una liberazione reciproca. È l’idea di un corpo come identità, non certo come una proprietà. Un corpo che ha il suo differente, e il suo limite. Un corpo in relazione, insomma. Non certo un corpo reazionario, onnipotente.

    E dunque il tema della libertà che sul corpo delle donne ancora suona e risuona, reclamando una replica dagli uomini è stato posto all’attenzione del mondo non certo bruciando il reggiseno, ma toccando il limite che si scopre sempre dentro la relazione.
    Certo, le narrazioni biotecnologiche alimentano il mito, pret a porter, del corpo come protesi o accessorio. Implementabile. Da manomettere. Da mettere a frutto, con chirurgica libertà. Qualcosa di cui si dispone, come un dispositivo fornito in modo neutro al momento della nascita. Nessuna meraviglia, dunque, se per una parte del pensiero corrente, anche neofemminista, la prostituzione volontaria possa sembrare una rottura di catene. O peggio: un lavoro normale: siamo nell’etica, e nell’estetica, dei tools: ogni cosa trova ragione nell’essere strumento di qualcosa di sconfinato, profitto compreso.
    Per altri però, anche se non per tutti, si tratta, invece, di un’espressione del capitalismo, con altri mezzi.

    Per questo ci resta il sospetto che quando la piccola Mafalda proclamava con orgoglio «Io sono mia» non intendeva rivendicare il possesso dei mezzi di produzione. Non voleva mettersi in proprio. Non aspirava a sfruttarsi meglio, senza versare la percentuale. Voleva dire: la mia libertà ha dei limiti che il mercato non può capire.

     

    • …demolire una “corazza caratteriale” costruita sapientemente in duemila anni di storia è difficile, ma non impossibile!

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